venerdì 24 settembre 2010

SIMBOLI Dal tricolore al sole padano quando la battaglia è sulle icone

Una scuola - uno spazio pubblico d e s t i n a t o a l l a f o r m a z i o n e aperta, libera, imparziale, dei più giovani - è stata riempita, fino alla saturazione, di una quantità smisurata di simboli di un partito: il Sole delle Alpi, che la Lega ha trovato nel deposito iconologico del Nord Italia, e che ha fatto proprio. È successo ad Adro, piccolo borgo del bresciano; e molto se ne è parlato, e quasi sempre in toni aspramente critici, come di un' occupazione partitica di uno spazio comune, come di un' intrusione potenzialmente totalitaria nella dimensione della fanciullezza, come di una negazione dell' universalità dell' appartenenza a favore di un localismo identitario regressivo. A quel simbolo ne è stato contrapposto - correttamente - un altro: il tricolore (accompagnato, semmai, dalla bandiera europea), che esprime un afflato ben più ampio, una comunità ben più ariosa. La polemica intorno ai simboli non è nuova; anzi, di essa è costituita gran parte della storia politica. La dimensione della ragione, della parola, della convinzione - a cui in Occidente si dà tanto rilievo - non è che una parte della complessità di relazioni e di emozioni, che è veicolata dalla politica. Ben prima e ben più intensamente che con la parola, l' appartenenza e la conflittualità, l' identità e la comunità, la vita e la morte, hanno trovato espressione potentissima nei simboli. Sono, questi - oggetti, animali, piante, fiori, astri, parti del corpo - che hanno in sé la forza di rinviare a significati ulteriori, evidenti per chi (con l' immaginazione, non necessariamente con la ragione) sa decifrare il simbolo all' interno del sistema simbolico di cui esso fa parte. Il simbolo - l' infinita varietà dei simboli, la loro aggrovigliatae ambivalente pluralità - è il mondo come è visto, sentito, vissuto in via pre-logica, dal soggetto, che sopperisce la propria naturale manchevolezza animale costruendo un universo culturale che gli consente di adattarsi al mondo. Il simbolo non è una spiegazione del mondo, ma è la capacità di cogliere emozionalmente, in un oggetto, i molteplici piani del cosmo e i diversi livelli della coscienza. Tutte le culture producono universi simbolici particolari; ma esistono anche - lo ha insegnato Jung - funzioni simboliche universalie archetipiche che strutturano la psiche dell' umanità in generale, e anche di ogni uomo; che viene inserito, fin dal suo concepimento, in un sistema di relazioni con se stesso e col mondo, che lo accompagnerà tutta la vita, trasformandosi continuamente. Nulla di strano, dunque, se i segni, gli emblemi, le forme, le figurazioni, attraverso cui passa la politica, per quanto convenzionali, cioè nati storicamente per decisione umana, non sfuggono alla potenza evocatrice del simbolo, e anzi traggono di lì molta della loro forza di attrazione e di suggestione. I simboli governano i grandi scontri di civiltà che hanno fatto la storia occidentale: ad Azio Ottaviano e Cleopatra si sono confrontati anche attraverso l' aquila romana, simbolo solare, e Anubi, il dio canino egiziano, simbolo della morte. La croce sulle bandiere dell' impero cristianizzato è uno dei simboli più complessi e potenti: rinvia al Centro che struttura lo spazio mettendo in collegamento l' alto e il basso, il cielo e la terra. E il drago, che spesso era effigiato sui vessilli pagani, simboleggia a sua volta una potenza non umana, di potenza nemica da sconfiggere per ottenere la salvezza (ma in altri universi simbolici il drago ha significati positivi). Lo stesso Stato moderno - macchina razionale costruita dall' uomo a scopi umani - nasce, con Thomas Hobbes, sotto il simbolo inquietante del Leviatano, mostro marino capace di inghiottire il sole. E anche la svastica non era originariamente che il simbolo, diffusissimo in ogni tempo e in ogni luogo, dell' asse del mondo, o del sole, attorno alla cui energia ruota, in cerchio o a spirale, l' universo. Per non parlare della grande quantità di alberi (ricordiamo, in Italia, la quercia), che sono stati assunti a emblema dalle forze politiche, e che simboleggiano la vita, la sua espansione, la sua capacità di mettere in comunicazione il sottosuolo, la terra e il cielo. Ambigui, sfuggenti e allusivi, i simboli servono sanno anche istituire modalità di riconoscimento collettivo, danno stabilità agli ordini politici, attraverso la lealtà emotiva che sanno generare nei cittadini. Centri di forze psichiche individuali e collettive, i simboli si prestano tanto a essere utilizzati in chiave ipnotica e pubblicitaria, bassamente propagandistica, quantoa risvegliare nei singoli le emozioni e le pulsioni attive senza le quali la politica perde gran parte del suo significato e della sua potenza. La politica, quindi, esigei simboli, come le parole della ragione. Tanto negli uni quanto nelle altre si esprime - per vie divergenti, e con mezzi forse opposti - la medesima tensione, delicatissima e costitutiva dell' umanità dell' uomo, tra il farsi del Sé e il farsi della Comunità, tra l' individuazione e l' identificazione, tra Parte e Tutto. Che ai nostri tempi la politica abbia ridotto la parola a slogan, e il simbolo a marchio, a brand, o a feticcio, ha certamente qualcosa a che fare con la sua incapacità di appassionare uomini e donne, di mobilitare emozioni, di promuovere il formarsi di individui liberi e coscienti.

CARLO GALLI

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