domenica 29 giugno 2014

Al mattino Comincia bene la giornata, alzati abbastanza presto...



Al mattino

Comincia bene la giornata, alzati abbastanza presto per riempire i primi minuti con qualche buona lettura ispiratrice, magari ascoltando musica.

Rifletti sulle cose, al mattino tanti pensieri e idee nascono così come il giorno. Trovi le soluzioni e tutto appare più chiaro e affrontabile.

Esci all’aperto e guarda sorgere il sole, soprattutto in queste stagioni.

È fonte di energia e ispirazione.


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sabato 28 giugno 2014

La propria vita come un’opera d’arte Bisogna fare...


La propria vita come un’opera d’arte

Bisogna fare della propria vita, come si fa di un’opera d’arte. Bisogna che la vita di un uomo d’intelletto sia opera di lui.

La superiorità vera è tutta qui.

Gabriele D’annunzio


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venerdì 20 giugno 2014

Buone regole per la vita professione



Buone regole per la vita professione

Dedicare ogni giorno del tempo all’analisi e alla riflessione.

Ritirarsi ogni tanto “sulla montagna” per periodi di intensa meditazione.

Aprirsi al cambiamento: di se stessi e del mondo che ci circonda.

Sensibilità ed empatia nel cogliere le storie e gli avvenimenti, flessibilità nel presentare i propri temi essenziali.

Profonda dedizione al lavoro e alla causa con modestia a dispetto del ruolo.

Mantenere un coerente understatement al di là delle evoluzioni che la vita, e il benessere, ti possono portare.

Dare sempre importanza al duro lavoro e al senso di responsabilità.

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giovedì 19 giugno 2014

L'invidia - aforisma

Se l'invidia potesse guardare fissamente il sole, non ne vedrebbe che le macchie. (Conte Di Belvèze)

by Pierangelo Raffini


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La via del Samurai



La via del Samurai

Nella cultura occidentale la luce è in guerra con l’oscurità, la vita è in guerra con la morte, il bene è in guerra con il male, il positivo è in guerra con il negativo e così via.

Per il pensiero giapponese tradizionale ciò è incomprensibile. La corrente elettrica non esisterebbe senza entrambi i poli, positivo e negativo, perchè la polarità è il principio nel quale il più e il meno sono differenti aspetti di uno stesso fenomeno che scomparirebbe in assenza di uno dei due.

Così come l’approccio alla vita e alle sue necessità o avversità è differente. Il ramo di pino, essendo rigido, si spezza sotto il peso della neve e del ghiaccio, mentre il ramo di salice si piega sotto il peso della neve che scivola giù; il salice comunque non si affloscia poichè è elastico e non rigido.

Per comprendere il complesso fluire delle energie occorre concentrarsi su sé stessi, ma vigili esternamente, fissando l’attenzione su un solo punto per volta. Risparmiare energie e agire a ragion veduta su un solo punto esterno alla volta e coerentemente con l’obiettivo dato.

Per seguire la via del Samurai si deve mantenere l’attenzione sul momento presente e non vacillare, non avere pensieri mondani, né essere schiavi delle passioni. Vivere ogni momento del presente è importante. Ogni istante. E’ quindi necessario concentrarsi sempre sul momento presente. La concentrazione si ottiene cambiando opportunamente e volontariamente l’oggetto della nostra attenzione, ne momento presente, in modo da favorire sempre la massima probabilità di raggiungere l’obiettivo prioritario.

Per competere con la massima efficacia bisogna quindi essere in forma fisicamente , mentalmente rilassati e sereni. Ma vigili.

Cuore, ente e polmoni sono legati. Controllando il respiro si calmano i battiti e si svuota la mente per mezzo di esercizi prima di concentrazione e quindi di meditazione. La mente deve essere serena, rilassata e concentrata.

Emozioni come ira, avidità, paura e così via sono negative. La vittoria è del Guerriero calmo, riservato, imperturbabile, distaccato, non di una testa calda, di un uomo vendicativo o ambiguo. Il pieno di se stessi sono forza, sicurezza ed equilibrio, il vuoto è debolezza, squilibrio, incertezza.

Per purificare la mente e predisporla alla miglior comprensione occorre mettere in pratica qualche tecnica per svuotarla dai pensieri e dalle preoccupazioni, che possono disturbare la riflessione. In Giappone un esempio è offerto dalla cerimonia del tè, ma tutto contribuisce. Gli utensili per la cerimonia, l’ambiente, le cose, tutto deve essere adeguato al proprio stato. L’armonia è essenziale.

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martedì 17 giugno 2014

McKinsey, sette best practice per imprese digitali di successo

Non è più tempo di sperimentazioni, per il passaggio al digitale le imprese devono fare sul serio. È quanto affermano Tunde Olanrewaju e Kate Smaje, responsabili della sede McKinsey di Londra, e il direttore Paul Willmott, in un articolo redatto in collaborazione con Tomas Jones. L’e-commerce sta crescendo a tassi a due cifre negli Stati Uniti e in molti Paesi Europei, ed è in piena espansione in tutta l’Asia, scrivono i ricercatori, perciò le imprese dovrebbero approfittare di questo slancio impegnandosi seriamente ad applicare modelli digitali alle loro strutture aziendali. La competizione internazionale non consente più di poter adottare soluzioni parziali e “fai-da-te”, occorre sviluppare modelli di business e competenze diverse da quelle adottate finora. Per questo motivo, McKinsey indica sette buone abitudini che sono state riscontrate in imprese digitali di successo che possono fare da guida a chi decide di accogliere la sfida.
La prima è avere aspirazioni che possono sembrare irrazionali: bisogna puntare in alto per ottenere grandi risultati. A questo proposito, citano il caso di Angela Ahrendts che, come ceo di Burberry, ha trasformato un brand di moda in un marchio digitale, osando quello che molti avrebbero giudicato impensabile e triplicando il fatturato dell’azienda.
Il secondo consiglio è di acquisire le abilità specifiche e cambiare tutta la cultura del gruppo. Spesso non è sufficiente riconvertire il personale interno, perciò i manager devono guardarsi intorno e individuare, magari in altre aziende, team che possono essere utili. Come ha fatto Tesco, il grande supermarket inglese, acquisendo Blinkbox (video-streaming), We7 (musica online), e Mobcast (e-book).
Il terzo punto è stanziare nuovi fondi e far crescere i propri talenti. Come case history l’articolo cita Walmart, il più grande rivenditore al dettaglio del mondo, che, dopo un paio di false partenze, ha capito che investire sul talento digitale era l’unico modo per recuperare il ritardo accumulato nell’e-commerce. Così, nel 2011, ha creato @WalmartLabs, un incubatore di idee, e ha avviato la vera svolta digitale, aumentando il fatturato dello shop online del 30 per cento nel 2013.
Il quarto consiglio degli esperti McKinsey è sfidare ogni cosa, non rimanere intrappolati nelle vecchie regole aziendali e nei mercati già conosciuti. I manager devono scandagliare tutto, dai sistemi operativi a quelli distributivi e persino i prodotti offerti, e chiedersi se vadano ancora bene nell’era della trasformazione tecnologica. Si pensi a come Apple sia passato da produttore di computer a – tra le altre cose – essere uno dei più grandi rivenditori di musica online.
Altro elemento importante è la velocità nelle decisioni-soluzioni, facilitata da un rapido accesso alle informazioni. P&G, ad esempio, ha creato un unico portale di dati, definito “Cabina di comando”, dal quale circa 50 mila dipendenti in tutto il mondo possono controllare informazioni sui brand, i mercati, le regioni, identificare rapidamente i problemi e adottare immediate soluzioni.
Nell’articolo, inoltre, si sottolinea l’importanza di inseguire il profitto: molto spesso le aziende concentrano i loro investimenti per la digitalizzazione in funzioni rivolte ai clienti. Invece, si può ottenere valore aggiunto cercando di migliorare l’efficienza operativa e le funzioni di back-office.
Infine, McKinsey suggerisce che una “sana ossessione” per il cliente aiuta ogni impresa nella sua trasformazione digitale. I manager devono essere capaci di correggere ogni errore e limitare le cattive esperienze, cercando di prestare molta attenzione ai feedback dei clienti. Le imprese di successo hanno sperimentato che non è sufficiente concentrarsi soltanto su uno dei consigli riportati, ma bisogna svilupparli tutti e sette, adottando una mentalità nuova e un diverso approccio operativo.


McKinsey, sette best practice per imprese digitali di successo di Annalisa Lospinuso

sabato 14 giugno 2014

Agire. Magica parola. Muoversi.



Agire. Magica parola.

Muoversi.

Le azioni sono l’unico modo per coniugare con successo piani e obiettivi.

Agire anche quando si sbaglia.

Un fallimento è il più grande maestro. Dal più brusco dei risvegli troviamo il terreno fertile per agire concretamente.

Rischiare dovrebbe essere la prima voce per importanza nella propria vita. Cruciale.

Molti non rischiano perchè temono l’ignoto, ma il rischio è di solito la base del successo.

Se si vuol riuscire occorre aver voglia di rischiare. Molto, forse tutto.

Poi è importante tenere lo sguardo sull’obiettivo che ci siamo posti. Mai perdere di vista gli obiettivi, pensateci: sono i nostri sogni con una scadenza.

Il segreto è non farsi distrarre e non aumentare gli impegni, ma toglierne. E’ difficile, ma occorre farlo. Normalmente si è portati ad aggiungere, soprattutto quando si è più giovani e impetuosi.

“Less is more” Dicono gli anglosassoni. Con metodo, con cura. Togliere è il segreto, non aggiungere. Così è possibile affrontare e riuscire nel proprio percorso.

Parallelamente è importante altresì mantenere un equilibrio tra salute fisica, spirituale ed emotiva. Sono di grande supporto per raggiungere le nostre mete.

Così come riflettere e trovare il tempo di creare una sinergia tra i propri obiettivi personali e quelli lavorativi.

Fondamentale è non mollare mai, fino alla vittoria.

Chi fallisce è perchè si arrende troppo presto, un attimo prima degli altri.

Dato l’obiettivo tutto il resto non conta. Determinante è sviluppare e mantenere un atteggiamento sempre positivo, mai diventare cinici, mai vedere il mondo con occhi negativi. Tutto risulta più divertente e stimolante.

Quando si è positivi, preparati, disciplinati e fiduciosi in se stessi, responsabili, si è pronti per raggiungere le mete ambite. E ci si riesce.


"…non è mai tardi per tentar l’ignoto, non è mai tardi per andar più oltre…" (G. D’Annunzio)

venerdì 13 giugno 2014

Per ottenere risultati

P

Per ottenere risultati

Concentrarsi sull’obiettivo a lungo termine, che sia ancorato alla realtà, ma che sia ambizioso.

Non preoccuparsi troppo della prossima battaglia, ma avere sempre lo sguardo sul risultato finale che si vuole ottenere.

Per fare questo occorre elevarsi, allargare la prospettiva e avere una visione d’insieme. Mai dimenticare di vedere il mondo anche con gli occhi degli altri.

Andare sempre alla radice del problema. Alcuni conflitti si trascinano troppo a lungo perché nessuno è in grado di farlo. Fondamentale è scoprire il problema ed eliminarlo.

Raggiungere l’obiettivo non sempre passa per la via più breve.

La chiave di volta è pianificare in anticipo e allo stesso impedire ai concorrenti di comprendere subito il motivo delle tue azioni e dove hai intenzione di arrivare.

Non dimenticare mai: mantenere sempre un comportamento comunque etico, aperto, “viso allegro e cuor leggero” come si dice.

Accettare le sconfitte momentanee e non abbattersi né mollare mai.

"Nessun vincitore crede ala caso" (F. Nietzsche)




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mercoledì 11 giugno 2014

Non stancatevi mai di apprendere



Non stancatevi mai di apprendere

Nella vita mi sono convinto che è basilare non stancarsi mai di apprendere.

Imparare da tutti: dai clienti, dai fornitori, dalla concorrenza, dagli amici, dalle testimonianze che puoi leggere o apprendere in prima persona. Dall’esperienza che cresce, e fa crescere, giorno dopo giorno.

Ho capito che si impara facendo, si impara da ciò che funziona, ma molto anche da ciò che non funziona. E imparando capisci. I tuoi punti deboli, le tue mancanze, ma anche le tue virtù, la tua forza, ciò che ti viene meglio. Questo è utile per te stesso, per essere soddisfatto e sentirti sempre a tuo agio nelle diverse situazioni.

Lessi tempo fa che Pascal disse “E’ molto più bello sapere qualcosa di tutto, che tutto di una cosa”.

Ho fatto mio questo aforisma, perchè mi rappresenta totalmente.

Fin da ragazzo è stata passione nell’apprendere tutto quel che si poteva. Non sono ancora stanco. Percorro ancora oggi questa via infinita della conoscenza che ti leviga dentro l’anima.

Non smettete mai di essere desiderosi di apprendere e di leggere, il giorno che lo farete, non importa l’età anagrafica, sarete diventati vecchi.P

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Accettarsi. Anche quando si commettono errori. La vera partita...





Accettarsi. Anche quando si commettono errori.

La vera partita nella vita è sapere che noi non siamo i nostri pensieri. Quando, ad esempio, arriva un fallimento nel lavoro o negli affari, spesso non accettiamo che le cose siano andate in questo modo. Pensiamo che ciò che è accaduto non è il nostro vero destino, che dovevamo certamente vincere.

Invece non dovremmo pensare a questo, ma accettare ciò che accade. Accettare e accettarsi quando si sbaglia, senza rimproveri, meditando si, ma senza punirsi, è il primo passo verso la propria autoguarigione e verso la gioia di vivere.

E sia quel che sia. Accettare che le cose vadano come vanno aiuta a vivere più sereno. Non occorre accusarsi di tutte le cose che accadono perchè c’è una legge universale che guida il “tutto”, e mentre lo fa compie una grande opera.

Normalmente a ciascuno viene pagato quanto gli è stato promesso. Il Destino fa la sua strada e non aggiunge e non toglie nulla di quanto ha promesso.


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lunedì 9 giugno 2014

Se il web ora scopre la lettura lunga

NEW YORK


Nei «Racconti di Canterbury», classico inglese del XIV secolo, Geoffrey Chaucer racconta i disastri del quinto marito dello Donna di Bath, che lei vorrebbe sempre sedurre a letto e che invece si rintana nella protettiva lettura di un libro.  
Anche lo scrittore Italo Calvino, ne «Gli amori difficili» scrive de «L’avventura di un Lettore», sempre distratto dalla sua amata lettura. E nell’affascinante serie tv «Ai confini della realtà» (Twilight Zone), come dimenticare la storia del povero impiegato che non riesce mai a trovare il tempo per leggere e che la fine del mondo illude finalmente di riuscirci? 
La lotta per leggere in pace sembra una costante nella nostra vita e oggi spesso, invece, i critici del web, e ce ne sono di seri, imputano alla Rete l’eccesso di rapidità, l’illusione che a volo d’uccello si possa leggere e informarsi, magari con i 140 caratteri contenuti in un tweet o nel flash delle poche parole e immagini consentite in un Vine, senza l’impegno dei lettori di Chaucer e Calvino. L’accusa ha del vero, quando calcoliamo il tempo che gli utenti trascorrono in Rete su una singola voce, un giornale online, una photo gallery, siamo spesso sorpresi dalla velocità del consumo e dalla rapidità effimera con cui si passa da un tema all’altro.  

I giornali quotidiani riservano ancora alla homepage del loro sito la stessa cura amorosa che in chiusura dei quotidiani, nelle vecchie tipografie odorose di inchiostri e piombo fuso, si dedicava all’ultima edizione della prima pagina. Purtroppo i lettori arrivano quasi sempre non dalla homepage, ma dai motori di ricerca e dai social media, tanti click (ne scriverà in una prossima inchiesta il Wall Street Journal) sono ignari, - leggo un articolo de L’Eco di Peretola online, ma non so neppure cosa sia la testata, sono arrivato solo grazie a una search su Google -, oppure comprati alle grandi aste semiclandestine dei contatti (tema caldo, occhio!). 
Ma davvero il web incoraggia la superficialità? Davvero costringe la nostra mente a spasmi frenetici nella banalità? Il tema non è frivolo e va discusso a fondo. La prima obiezione che potrebbe avanzarsi è che «breve» non è mai sinonimo di «sciocco». I dieci Comandamenti della Bibbia occupano a stento tre tweet e sono riproducibili in tre Vines, eppure la saggezza e il diritto della civiltà occidentale poggia su quei due tweet e mezzo.  
Anche la tradizione orientale usa haiku e aforismi, il poeta greco Callimaco, lavorando alla Biblioteca di Alessandria, ci ammoniva «I libri lunghi sono lagne», Cicerone elogiava la «concinnitas», armonia del discorso senza dilungarsi. 

«Breve» non è dunque «sciocco», ma la vera, finale, obiezione è che online un tweet, un post di poche righe su Google o un blog, è solo la chiave che apre una biblioteca, e così il saggio cardinale Carlo Maria Martini considerava Internet, biblioteca del sapere a tutti aperta, che occorre imparare a compulsare con lo studio.  

Qui si afferma la fortuna del genere che il gergo web definisce «longform», «longread», articoli e saggi lunghi, un tempo soprannominati ironicamente «articolesse». Guardate il sito Arts and Letters Daily, www.aldaily.com, forse uno dei più interessanti online, un’attenta selezione dei migliori saggi dalle autorevoli riviste di cultura in lingua inglese. Seguendo giorno per giorno Aldaily avete accesso alla conversazione degli intellettuali, con i suoi tic e tabù, come sedendo in un salotto illuminista dei XVIII secolo: ne apprezzate la ricerca colta, ridete agli eccessi di narcisismo. 

La rivista The Atlantic svolge la stessa funzione con il sito longreads.com , antologizzando i testi impegnativi per i propri utenti, mentre il quotidiano inglese The Guardian mobilita insieme i giornalisti, i lettori e robot guidati da algoritmi per l’esperimento (dall’alterna fortuna, a mio avviso) che segnala quali articoli lunghi siano i più seguiti online. Il genere dilaga, Daily Beast ha i suoi «long read», ogni testata raccoglie il meglio – vero o presunto - della propria produzione. 
Se dunque online la lettura di testi non sincopati è di moda, se un tweet può solo essere la chiave che apre la Biblioteca di Babele del sapere universale l’ultima domanda da farsi prima di registrare il successo del longread è: dove mai, nella frenetica sarabanda delle nostre giornate, lavoro, famiglia, trasporti, burocrazie, troviamo il tempo per leggere pagine e pagine di testo?  


La risposta sta nei tablet, da Samsung a iPad e nei nuovi smartphone a schermo grande, che permetto
no di leggere con comodità e senza aguzzare la vista sui tram, in auto, in aereo, nella pausa pasto, non appena ci tocchi un momento di quiete. Quante volte vi capitava di ritrovarvi nella sala d’attesa di un ambulatorio, fuori dal colloquio con i professori dei figli, bloccati in coda a uno sportello alle Poste o alle Ferrovie? Senza un libro, senza una rivista a portata di mano sfogliavate annoiati i fascicoli vecchi di un anno abbandonati da chissà chi, o passavate il tempo leggendo frusti annunci pubblicitari.
Adesso queste pause inaspettate son benvenute, salta fuori di tasca il Samsung 8.0, il Kobo, il Kindle, il vostro supporto preferito e come d’incanto siete trasportati nella vostra lettura come gli eroi medievali, moderni o postmoderni di Chaucer, Calvino e Confini della Realtà. 

Segui la tua strada





Segui la tua strada


Il tempo che hai a disposizione è limitato, dunque non sprecarlo vivendo la vita di qualcun altro.

Non lasciare che il rumore delle opinioni altrui copra la tua voce interiore.

E, soprattutto, abbi il coraggio di seguire il tuo cuore il tuo intuito.


Steve Jobs




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domenica 8 giugno 2014

Con questo caldo...

Ogni anno si ripete l'avvilente rito, quasi collettivo.

Con la scusa del caldo, in citta', e' tutto un fiorire di pantaloncini corti, canottiere e infradito. 
Senza nessuna remora, ne' riflessione se il luogo o la decenza lo consentano. 
Così possiamo "ammirare" persone di tutte le eta' in luoghi Pubblici o negli Ospedali, tranquillamente svestiti e sciabattanti. Si, perché il caldo toglie anche la forza di camminare con un po' di compostezza, alzando un poco la gamba ad ogni passo. 
Di conseguenza possiamo sentire quelle note offerte dai piedi a strascico. 

E' un caldo tale che signori attempati con un bello stomaco, frutto della iper-alimentazione (nonostante il caldo...), si mettono la camicia ma solo per lasciarla poi tutta slacciata.
E' la decadenza che avanza ed e' sempre peggio. Maleducazione nostrana e anche d'importazione. Sembra che questo caldo proprio non si sopporti.

Almeno il dubbio della decenza si formasse ogni tanto prima di uscire, pensando al luogo in cui si sta andando. Tutto inutile. La sciatteria e' il destino che ci aspetta. Anche se sono un inguaribile ottimista, so che non migliorerà.

Pensare ad un pantalone leggero di cotone o di Lino, nei colori chiari, con una bella camicia fresca anch'essa negli stessi materiali oppure una dignitosa polo e' uno sforzo troppo faticoso... con questo caldo.

sabato 7 giugno 2014

Di fronte ai problemi

Di fronte ai problemi è molto importante pensare a se stessi come risolutori, non come vittime della vita o sfortunati. 
Quando troviamo un ostacolo, indietreggiamo un attimo, studiamo una soluzione per superare la difficoltà o aggirarla. Ci sono sempre più opzioni, riflettere e cercarle è quello che fa la differenza. 

Imparare a prevedere, per quanto possibile, i problemi, le situazioni negative è un altro elemento che porta sulla strada di un vita felice e piena. Quante volte le nostre azioni ci fanno intuire o ci rendono consapevoli che potranno potranno portarci dei problemi, ma speriamo che ciò non avvenga aggrappandoci a una mera speranza che si rivela tale. 
Prendere consapevolezza che le cose possono andare male è essenziale. 

Questa è la vita. 
Fatta di momenti felici e di tristezza. 
Anche la tristezza è uno stato d'animo salutare se non "coltivata" nel tempo a giustificazione o cronicizzata fino a divenire depressione. Impariamo a parlare dei sentimenti negativi e dei nostri problemi, condividere un dolore lo dimezza nel nostro spirito, così come condividere una gioia la raddoppia in noi. 
Anche le lacrime non devono spaventare. Sono anch'esse un dono di Dio e esprimono in  inequivocabile il nostro sentimento.

lunedì 2 giugno 2014

Startup e territorio: il video @Italia_Startup @FedeBarilli @luigiorsi

Cambiare tutto o scomparire: ecco 2 (+ 5) consigli per innovare nelle aziende

Innovare o scomparire. Altre opzioni, oggi, non ce ne sono. Ma la vera domanda è: soltanto le nuove aziende che nascono da zero, le startup, o anche le vecchie imprese, siano esse multinazionali o PMI, possono percorrere la strada dell’innovazione di prodotto o di servizio?
Se pensiamo al termine innovazione, lo colleghiamo ad aziende come Google, YouTube, Facebook, Apple, AirBnb. Potremmo anche aggiungere Booking, Expedia e gli altri operatori delle prenotazioni online oggi sotto osservazione delle autorità, il contestatissimo Uber, le aziende che si occupano di tecnologia e telecomunicazione e molte altre imprese in settori meno noti al grande pubblico.
Rispondere alla domanda posta sopra leggendo questi nomi farebbe dire che l’innovazione è delle startup, punto e basta. Ma personalmente non credo a una risposta di questo tipo, piuttosto ritengo fondamentale analizzare cos’è accaduto e cosa sta ancora accadendo in queste aziende, nelle quali individuo alcune caratteristiche comuni alla maggior parte di loro:
1 – l’età dei fondatori, quasi tutti under 30;
2 – la costante ricerca di nuove soluzioni innovative, ricerca e sviluppo quindi;
3 – il coinvolgimento di tutti i dipendenti nel fare innovazione;
4 – processi decisionali rapidi;
5 – processi organizzativi volti a semplificare, velocizzare, premiare chi si impegna e merita.
Ora, chi di voi lavora in una media o grande azienda, magari con una certa storia alle spalle, si domandi se all’interno della propria organizzazione queste cinque caratteristiche sono tutte rispettate. E, se così non fosse, si chieda se la strada del declino è inesorabilmente tracciata o se esistono invece possibilità di invertire la rotta. Credo che la maggior parte di voi converranno con me: cambiare è possibile. Anzi, devo dire che è #facilecambiare per rispettare lo spirito che mi contraddistingue.
Come si fa a innovare: giovane, ovunque, chiunque, ora, semplice
Quali, allora, i principi fondamentali per innovare?
Proviamo a trasformare le cinque caratteristiche delle startup in cinque metodi da applicare all’interno delle old companies.
1 – Innovazione è giovane.
Non significa giovanilismo fine a se stesso, ma è fondamentale eliminare quelle sacche di resistenza che impediscono a chi è giovane di non poter dire la sua solo perché… è giovane, appunto. È una questione di cavatappi: va stappata quella bottiglia, anzi addirittura rotto quel collo di bottiglia, che impedisce a chi è portatore di creatività, determinazione e innovazione di esprimersi. Vanno fatti scorrere, all’interno delle aziende, fiumi di bollicine.
2 – Innovazione è ovunque.
Risulta prioritario innovare continuamente e su più fronti: se, per fare un esempio, un’azienda produce sedie, non dovrà innovare solo nei materiali e nelle forme, ma anche nella comunicazione, nella vendita, nella distribuzione. Non basta cioè innovare il proprio core business, ma, in proprio o con partner, è necessario innovare l’intero ciclo legato al proprio prodotto o servizio.
3 – Innovazione è chiunque.
No ai team di ricerca e sviluppo chiusi in se stessi. Sì all’innovazione diffusa, somma delle idee di qualsiasi persona che lavora in azienda. Basta insomma con la divisione tra chi si occupa dell’esistente e chi del futuro, l’innovazione non può essere confinata a tempo indeterminato in un ufficio o affidata soltanto e sempre alle stesse persone.
4 – Innovare è ora.
Non si può attendere, per colpa di risposte non date, processi lunghi o paura di decidere, perché l’innovazione va di corsa, ciò che è tale oggi non lo sarà più domani, altri arriveranno prima e in un mercato così liquido come quello di oggi essere i primi è fondamentale per diventare leader.
5 – Innovare è semplice.
Pensate al sistema burocratico italiano e misurate il livello di burocrazia all’interno delle vostre aziende: scoprirete che quando ce la prendiamo con lo Stato lo facciamo giustamente, ma le nostre imprese non sono poi così diverse. Tante, anzi troppe aziende, hanno una burocrazia interna pesantissima: serve quindi inserire procedure aziendali che sblocchino le decisioni e permettano di agire, non di compilare infiniti moduli e attendere risposte che spesso rimangono bloccate chissà dove.

Oltre la consulenza: lean startup e sharing innovation

A questi principi è opportuno aggiungerne un altro: l’innovazione non si compra, la si fa dentro le aziende stesse. Società di consulenza come Bain e McKinsey, attive da anni nel supportare le imprese nella loro opera di innovazione, oggi trovano molte concorrenti che miscelano consulenza e formazione, che applicano i principi del design thinking sul modello delle americane Ideo e Innosight, che attivano le risorse interne alle aziende per co-innovare.
Non è più il tempo, insomma, del dossierone da tre chili e mezzo che dice cosa fare, con i consulenti che a fine lavoro salutano e i dipendenti che si trovano a lavorare su un progetto che non è nato con loro. Piuttosto, si devono attivare nuovi modi di innovare, coinvolgendo chi poi dovrà mettere in atto quei processi e allargando la consulenza alla formazione, per far sì che le risorse aziendali abbiano gli strumenti per innovare. Si può quindi procedere su questa nuova strada, appoggiandosi all’esterno, ma contemporaneamente si devono anche internalizzare alcuni processi, sperimentando metodi nuovi.
Individuo due metodi che partono da presupposti differenti e che possono, anzi devono, viaggiare insieme. Il primo, lean startup, è utile principalmente per la risoluzione di problemi e il miglioramento del business esistente o l’affinamento di nuovi business, il secondo, sharing innovation, serve soprattutto per trovare nuove strada da percorrere.
Lean-StarupIl metodo lean startup, inventato da Eric Ries e ben illustrato nel libro “Partire leggeri. Il metodo Lean Startup: innovazione senza sprechi per nuovi business di successo” (Rizzoli Etas), come suggerisce l’autore stesso non è applicabile solo alle nuove imprese ma anche a quelle esistenti. Si tratta di creare unità interne che siano libere di agire e a diretto riporto dell’amministratore delegato, una specie di “cellula” indipendente dotata di regole proprie e processi decisionali rapidissimi.
Ritengo utile la creazione di organismi temporanei di questo tipo, con persone provenienti da diversi dipartimenti aziendali, obiettivi chiari e concrete autorizzazioni per procedere diretti verso l’obiettivo. Immaginatevi quindi che da domani, nella vostra azienda, potrebbe esserci questa cellula, che alcuni di voi potrebbero farne parte e che sarà autorizzata a non seguire nessuna noiosa procedura ma potrà concretamente e in tempi brevi affrontare un caso e applicare soluzioni pratiche, non fare solo lunghi power point di analisi: quanti vorrebbero farne parte? Quanti, tra gli esclusi, spererebbero di essere chiamati nella successiva cellula?
Le persone capaci sarebbero in grado di agire, cosa che spesso non accade specie nelle grandi aziende, quelle incompetenti verrebbero smascherate. Un meccanismo di questo tipo, attenzione però, non è punitivo, ma premiante: premia le persone che meritano e premia l’azienda che lo applica, perché favorisce la crescita del business e il miglioramento delle performance.
Quanto appena illustrato, però, non coinvolge tutti i dipendenti e, essendo a chiamata, con le persone scelte cioè direttamente dal CEO, rischia di non fare scoprire i talenti nascosti, che spesso sono presenti nelle aziende. Ecco perché è opportuno e utile procedere anche sulla strada della sharing innovation: questo metodo prevede l’utilizzo di tutti quegli strumenti digital che mettono in connessione le persone all’interno dell’azienda e facilitano la trasmissione di conoscenze e la partecipazione ai processi di innovazione. Si deve cioè favorire chi vuole innovare, promuovendo la partecipazione di ogni risorsa aziendale secondo metodi di co-progettazione e co-creazione. Di più, sostenendo in modo libero e premiante l’innovazione: se ogni dipendente avesse alcune ore settimanali, all’interno del proprio orario di lavoro, per sviluppare, da solo o in team, progetti di innovazione, cosa accadrebbe? Che alcuni lo considererebbero tempo libero per non far nulla, molti pensano. Di certo è vero, ma cosa dire di chi invece cercherà di migliorare il proprio processo lavorativo e il business aziendale, o di chi immaginerà nuovi prodotti e servizi?
Le idee, messe in circolo e migliorate grazie a fasi di condivisione, sessioni di gestione della creatività e metodologie partecipative, premieranno chi le avrà e le saprà portare avanti. E il bilancio sarà sempre a favore di chi si impegna e dell’azienda stessa, perché ancora una volta i migliori emergeranno e, grazie alla sharing innovation, potranno farlo anche se fino a quel momento nessuno si era accorto di loro.
Piccola raccomandazione conclusiva. L’innovazione, oggi, è un fiume in piena: possiamo decidere di guardare l’acqua che passa, oppure buttarci dentro e nuotare. Troppe old companies, troppe aziende grandi, medie e piccole, in Italia cercano di non farsi travolgere, costruiscono argini, cedono pezzi di terreno. Finiranno tutte spazzate via. Ma a loro, agli imprenditori e agli amministratori che le guidano, oggi viene offerta una straordinaria opportunità: liberare energie e iniziare a innovare in modo disruptive a partire dai metodi applicati. Davvero c’è chi si ostina a non provarci?
Milano, 30 maggio 2014
ALESSANDRO RIMASSA  - Che Futuro - @Rimassasonoio