mercoledì 31 dicembre 2008

Una storia… come tante

Ripensando oggi alla mia vita, alle mie esperienze e anche ai miei errori, mi rendo conto che le scelte fatte, i pensieri, i sentimenti che provo sono il risultato di una sedimentazione di conoscenze accumulate, che ritornano e riemergono restituendomi consapevolezza nelle decisioni del momento.

Nessuno mi ha mai regalato nulla, tutto quello che ho, quello che possiedo, quello che sono, è frutto unicamente della mia volontà. I nonni avevano origini che non si possono nemmeno definire contadine, in quanto lavoravano la terra di altri – quando era data loro questa possibilità – e hanno continuamente sofferto la fame. Gente dell’Appennino tosco-romagnolo che, durante il fascismo, non prese né la tessera e nemmeno aderì idealmente in qualche modo al regime. Come ad esempio il padre di mia madre che durante la prima guerra mondiale fu un “ardito” più volte decorato e analfabeta. Nonostante avesse sette figli (di cui sei femmine) non prese mai la tessera del PNF.

Sono orgoglioso di queste origini, persone legate alla terra e alle cose veramente importanti, gente che ha lottato per la loro sopravvivenza e dei propri figli. Penso che qualcosa sia stato trasmesso anche a me: nell’anima, nel pensiero, nel sangue. Del pari i miei genitori erano dei semplici, ma di un’onestà e di una voglia di fare incredibile. Grande fede socialista respirata quotidianamente, nell’educazione, negli atteggiamenti, nelle letture. Tutte cose che ti rimangono dentro, non ti abbandonano mai e riemergono, prima o dopo. Quando si viene dal popolo si sviluppa un carattere che ti porta ad avere una tipica esperienza interiore che ritorna sempre.

Ci sono fatti nella mia vita che non dimentico e che sono stati in qualche modo i propulsori motivazionali delle mie azioni e delle mie scelte. Ricordo il periodo delle elementari quando dovetti constatare subito la “differenza di classe” – sociale intendo – con la mia compagna di banco che, essendo allora la figlia di un noto e affermato medico, non era mai dico mai, responsabile di nulla. Naturalmente le colpe erano sempre mie. Oppure alle scuole medie quando praticando nuoto agonistico esattamente come una mia compagna – figlia di una professoressa di liceo – venivo però messo all’indice dall’insegnate di matematica in quanto l'attività fisica non era compatibile, secondo lei, con lo studio. La regola era però valida solo per me…  Ho sempre sofferto queste situazioni.

Nulla mi è piovuto dal cielo o arrivato da altri. Ho sempre lottato per avere qualcosa o per dimostrare quel che valevo. Nella vita privata, in quella professionale e in quella sportiva. Non ho mai mollato, presenza continua, molta fatica, volontà ferrea, lealtà assoluta e grande dedizione. Tutte le scelte compiute nella vita sono fatte perché ci credo e questo mi permette di impegnarmi a fondo per ottenere risultati. Anche l’onestà di mio padre, non solo intellettuale, nel tempo mi è servita per essere come sono.

La volontà è la mia arma più forte. Ci sono persone che non sono disponibili a combattere per sempre, per tutta una vita. Non so cosa la vita mi riserverà nei prossimi anni, ma so certamente in quale modo intendo navigarla.

domenica 28 dicembre 2008

Scegliere il ristorante in periodo di crisi

Mai come durante le feste, in un momento difficile come questo per tante famiglie, la questione dei prezzi al ristorante torna all’ordine del giorno. Facendo parte dell’Accademia Italiana della Cucina, un Istituto Culturale che ha rapporti con ben quattro Ministeri – Politiche Agricole, Esteri, Attività Produttive e Cultura - abbiamo tra i nostri compiti anche quello di valutare l’aspetto «prezzi» da un punto d’osservazione altamente privilegiato. Infatti il continuo, attento e del tutto indipendente monitoraggio della tavola pubblica ci consente di avere in ogni momento il polso della situazione fino al singolo territorio. L’Accademia, e personalmente condivido pienamente, è preoccupata perché i prezzi in ascesa dei ristoranti, oltre che di una naturale rarefazione della clientela, sono la causa prima della disaffezione dei giovani, attratti sempre più da quelle forme alternative e surrettizie di ristorazione pubblica: offerte senza dubbio più economiche, ma spesso di scarsa qualità. Con un grave pregiudizio in aggiunta: non permettono ai giovani di affinare il loro senso del gusto, di apprezzare i sapori tradizionali, di godere di una tranquilla convivialità. Anche in questo modo si disgrega quel senso di buona cucina familiare legata alla tradizione che è alla base del gusto e del piacere della convivialità, demitizzando la cucina come atto d’amore. Certamente anche la ristorazione locale si trova a dover far fronte al momento di crisi – alcune mie fonti segnalano qualche difficoltà perfino per alcune pizzerie – aggravati da un aumento dei costi delle materie prime, da una più accentuata fiscalizzazione e da maggiori oneri sociali. Tutto questo non è comunque sufficiente a giustificare l’ascesa continua dei prezzi. Invito a riflettere su tre evidenti aspetti. Il primo sta nell’errore compiuto dai ristoratori nel cercare di compensare il calo delle presenze aumentando i prezzi, così il rapporto qualità-prezzo, che già in molti casi non era ottimo, è peggiorato. Il risultato evidente è che gli operatori hanno semplicemente “sostituito” i prezzi in lire con quelli in euro. Il secondo punto è questo: in un ristorante è soprattutto il costo del servizio – leggi soprattutto personale - che incide, non tanto la materia prima anche se è aumentata. Frequentando moltissimi ristoranti purtroppo non riscontro sempre tutta questa eccellenza nel servizio, nella cura dell’ambiente e della tavola, nello stile e nell’empatia dei camerieri. Naturalmente non intendo generalizzare, ma la tendenza è questa e trovo ancora più grave che la maggior parte dei clienti ormai non ci faccia più caso e accetti questo stato delle cose. Bisognerebbe invece diventare più attenti, esigere ciò che è corretto per certe cifre che si pagano (oltre alla qualità del cibo proposto, ovviamente). Paradossalmente oggi si è ridotta molto la forbice tra i ristoranti di alto livello - che non possono aumentare i prezzi più di tanto per non rischiare di avere il locale vuoto - e che offrono qualità sia nei prodotti sia nel servizio e quelli di livello inferiore che non sono paragonabili ai primi. Così come se confrontiamo esercizi di ristorazione di medio livello, è evidente in molti casi come passi pochissima differenza - nel conto - tra un ristorante e una pizzeria/ristorante (pongo l’accento ancora la diversità di servizio). Il terzo e ultimo punto, volendo essere sintetici, è il “ricarico” sui vini che sta raggiungendo spesso vette incredibili anche per etichette modeste. Questa politica sta portando a un calo dei consumi di vino nei ristoranti - mentre sta aumentando la vendita nei supermercati - e oggi molti esercizi stanno correndo ai ripari proponendo anche il singolo calice. Tornando all’attuale periodo di feste e volendo dare qualche indicazione generica sul come scegliere una proposta di menù per un pranzo - o una cena – completa, suggerirei di valutare innanzi tutto i piatti proposti - concentratevi sulla qualità non sul numero, oggi non si mangia più per necessità - se vi sono proposti piatti della tradizione, magari un po’ innovati, controllate se i prezzi comprendono le bevande (diversamente possono esserci sorprese sul conto), infine giudicate il locale e l’ambiente. Se non parliamo di ristoranti con stelle o con voti di massima eccellenza secondo le varie guide, ritengo che un prezzo onesto dovrebbe variare dai 30 ai 40/45 euro (bevande incluse naturalmente).
Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Il Domani di domenica 28 dicembre 2008

Io, società a responsabilità illimitata. Strumenti per fare la grande differenza

Rimango sempre stupito dalla perfetta sovrapposizione del mio pensiero e interpretazione della vita, con quello di Sebastiano. Ho letto tutti i suoi libri, ma ho trovato questa ultima sua fatica particolarmente interessante.

Il volume è una vera e propria "cassetta degli attrezzi" utile per il proprio percorso professionale - di qualunque tipo sia - da riconsultare spesso, grazie anche allo stile di scrittura veloce e sintetico.

Tutti i capitoli, ma cito in particolare quelli sul "Personal Branding" e sulla Leadership, sono un concentrato di valutazioni e riflessioni preziose per chi "ha orecchie per ascoltare" e voglia di rifelettere su se stesso.

Ho notato con piacere una ulteriore maturità nella scrittura e consiglio il libro sia per la lettura, sia come oggetto di regalo. Sarebbe particolarmente inidcato, il condizionale è d'obbligo in questo caso, per conoscenti o amici un poco presuntuosi e/o pieni di sè. Potrebbe essere d'aiuto... ma io sono un'inguaribile ottimista...

lunedì 22 dicembre 2008

La Politica come Professione


Tre qualità possono dirsi sommamente decisive per l'uomo politico: passione, senso di responsabilità, lungimiranza. Passione nel senso di Sachlichkeit: dedizione appassionata a una "causa" (Sache), al dio o al diavolo che la dirige. [...] Essa non crea l'uomo politico se non mettendolo al servizio di una "causa" e quindi facendo della responsabilità, nei confronti appunto di questa causa, la guida determinante dell'azione. Donde la necessità della lungimiranza - attitudine psichica decisiva per l'uomo politico - ossia della capacità di lasciare che la realtà operi su di noi con calma e raccoglimento interiore: come dire, cioè, la distanza tra le cose e gli uomini.
La "mancanza di distacco" (Distanzlosigkeit), semplicemente come tale, è uno dei peccati mortali di qualsiasi uomo politico e una di quelle qualità che, coltivate nella giovane generazione dei nostri intellettuali, li condannerà all'inettitudine politica. E il problema è appunto questo: come possono coabitare in un medesimo animo l'ardente passione e la fredda lungimiranza? La politica si fa col cervello e non con altre parti del corpo o con altre facoltà dell'animo. E tuttavia la dedizione alla politica, se questa non dev'essere un frivolo gioco intellettuale ma azione schiettamente umana, può nascere ed essere alimentata soltanto dalla passione. Ma quel fermo controllo del proprio animo che caratterizza il politico appassionato e lo distingue dai dilettanti della politica che semplicemente "si agitano a vuoto", è solo possibile attraverso l'abitudine alla distanza in tutti i sensi della parola.
La "forza" di una "personalità" politica dipende in primissimo luogo dal possesso di doti siffatte. L'uomo politico deve perciò soverchiare dentro di sé, giorno per giorno e ora per ora, un nemico assai frequente e ben troppo umano: la vanità comune a tutti, nemica mortale di ogni effettiva dedizione e di ogni "distanza", e, in questo caso, del distacco rispetto a se medesimi. La vanità è un difetto assai diffuso, e forse nessuno ne va del tutto esente. Negli ambienti accademici e universitari è una specie di malattia professionale. [...] Giacché si danno in definitiva due sole specie di peccati mortali sul terreno della politica: mancanza di una "causa" giustificatrice (Unsachlichkeit) e mancanza di responsabilità (spesso, ma non sempre, coincidente con la prima). La vanità, ossia il bisogno di porre in primo piano con la massima evidenza la propria persona, induce l'uomo politico nella fortissima tentazione di commettere uno di quei peccati o anche tutti e due. Tanto più, in quanto il demagogo è costretto a contare "sull'efficacia", ed è perciò continuamente in pericolo di divenire un istrione, come pure di prendere alla leggera la propria responsabilità per le conseguenze del suo agire e di preoccuparsi soltanto "dell'impressione" che egli riesce a fare. Egli rischia, per mancanza di una causa, di scambiare nelle sue aspirazioni la prestigiosa apparenza del potere per il potere reale e, per mancanza di responsabilità, di godere del potere semplicemente per amor della potenza, senza dargli uno scopo per contenuto. [...]
Il mero "politico della potenza" (Machtpolitiker), quale cerca di glorificarlo un culto ardentemente professato anche da noi, può esercitare una forte influenza, ma opera di fatto nel vuoto e nell'assurdo. In ciò i critici della "politica di potenza" hanno pienamente ragione. Dall'improvviso intimo disfacimento di alcuni tipici rappresentanti di quell'indirizzo, abbiamo potuto apprendere per esperienza quale intrinseca debolezza e impotenza si nasconda dietro questo atteggiamento borioso ma del tutto vuoto. [...] E' perfettamente vero, ed è uno degli elementi fondamentali di tutta la storia, che il risultato finale dell'azione politica è spesso, dico meglio, è di regola in un rapporto assolutamente inadeguato è sovente addirittura paradossale col suo significato originario. Ma appunto perciò non deve mancare all'azione politica questo suo significato di servire a una causa, ove essa debba avere una sua intima consistenza. Quale debba essere la causa per i cui fini l'uomo politico aspira al potere e si serve del potere, è una questione di fede. Egli può servire la nazione o l'umanità, può dar la sua opera per fini sociali, etici o culturali, mondani o religiosi, può essere sostenuto da una ferma fede nel "progresso" non importa in qual senso - oppure può freddamente respingere questa forma di fede, può inoltre pretendere di mettersi al servizio di una "idea", oppure, rifiutando in linea di principio siffatta pretesa, può voler servire i fini esteriori della vita quotidiana - sempre però deve avere una fede. Altrimenti la maledizione della nullità delle creature incombe effettivamente - ciò è assolutamente esatto - anche sui successi politici esteriormente più solidi.

Max Weber - "La politica come professione" (1919)

domenica 21 dicembre 2008

L’atmosfera perfetta per il pranzo di Natale

Penso che a Natale il più grande regalo che possiamo farci o fare alla nostra famiglia è il “rispetto della tradizione”. Che sia a casa – preferibile - o al ristorante, il pranzo di Natale è la massima espressione di questa tradizione, il momento culminante, per festeggiare la continuità dei legami familiari. Ciascuno di noi ha alle spalle una storia di tradizioni che sono proprie della famiglia, dei nonni, dei genitori e il desiderio e la ricerca nel riscoprirle devono partire dalla riproposizione di un insieme di dettagli che servono a ricreare l’ambiente di un tempo. Ad esempio il Natale risveglia in me ricordi e profumi di quando ero bambino: l’aroma delle arance, l’odore del brodo e delle spezie, delle carni arrosto – coniglio, pollo o vitello - con le patate, il profumo della pasta fresca e del ripieno mentre “aiutavo” mia nonna nella preparazione dei cappelletti, del caramello nello stampo di metallo. Veri elementi fondamentali per trasmettere e comunicare emozioni, creare atmosfera al fine di condividere con le altre persone il momento del convivio sono: la tavola, la cucina e il cibo. Importante diventa quindi una tavola curata dove il colore fondamentale sia il bianco rappresentato da una candida tovaglia – preferibilmente di lino o di cotone importante – ricamata magari di rosso e verde che, nell’immaginario collettivo, rappresentano i due colori simbolo del Natale affiancati proprio al niveo colore della neve. Su questa tavola non potrà mancare una bella composizione di fiori come centrotavola, le candele e dei sottopiatti importanti, come lo dovrebbero essere posate, piatti e bicchieri per completare il colpo d’occhio e trasmettere suggestione alla vista. Anche l’ambiente è importante, una sala dove ci sia anche il camino acceso e qualche addobbo indubbiamente “fa più Natale”. Grande rilevanza, nella ricerca della tradizione, anche nel menù che deve essere ben equilibrato e bilanciato, abbastanza ricco e importante per enfatizzare il momento solenne – ed una certa tradizione romagnola dell’abbondanza nelle feste comandate – evitando però che diventi eccessivamente pesante, anche nella digestione. Personalmente evito il pesce in quel giorno in quanto era tradizione in Romagna mangiarlo - naturalmente a casa dei “Signori” - solo “in vigilia”. Per darvi un’ispirazione sul menù, posso citarvi quanto descritto nel libro dei Conti Manzoni, su come era normalmente composto il pranzo di Natale: cappelletti in brodo, cotechino e zampone con passato di patate stemperate al burro e con lenticchie (che sono propiziatorie per il benessere economico) pure loro al burro, pollo e cappone arrosto contornati da patate fritte, formaggi di Roma, d’Olanda, di Francia, frutta di stagione, zuppa inglese con savoiardi inzuppati nel liquore dolce e ricoperti di crema e cioccolato, pan speziale e ciambella dorata. Sulla “leggerezza” di tale convivio lascio però a voi giudicare…
Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE il 12 dicembre 2008

venerdì 12 dicembre 2008

Le analogie di oggi con gli scritti di Tocqueville

Quando, presso un popolo, l’amore per i godimenti materiali si sviluppa più rapidamente della percezione e della pratica della libertà, viene un momento in cui gli uomini sono estasiati e come fuori di sé alla vista di questi beni nuovi che sono pronti ad afferrare. Preoccupati e indaffarati soltanto a fare fortuna, non si accorgono dello stretto vincolo che lega la fortuna privata alla prosperità di tutti. A cittadini del genere non c’è bisogno di strappare i diritti che possiedono: essi stessi se li lasciano senza resistenza sfuggire. L’esercizio dei doveri politici appare un contrattempo noioso che li distrae dalla loro attività. …

Queste persone … per meglio sovrintendere a ciò che chiamano i loro affari, trascurano il principale, che è di restare padroni di se stessi. …

Se in questo momento critico un ambizioso di ingegno arriva a impadronirsi del potere, trova via libera per ogni genere di usurpazione.È sufficiente che per qualche tempo abbia cura che prosperino tutti gli interessi materiali, e lo si dispenserà facilmente dal resto. L’essenziale è che garantisca soprattutto l’ordine. Di solito gli uomini che hanno la passione dei godimenti materiali scoprono che le agitazioni della libertà turbano il benessere, prima di capire che la libertà serve anche a procurarselo …
La paura dell’anarchia li tiene a lungo e senza tregua in sospeso, e sempre pronti a precipitare al di fuori della libertà, al solo primo disordine.Riconosco senz’altro che la pace pubblica è un gran bene, ma non intendo dimenticare che è proprio attraverso il buon ordine che i popoli sono arrivati alla tirannide. Non per questo i popoli devono disprezzare la pace pubblica, ma bisogna che non se ne accontentino. Una nazione che al suo governo non chieda nient’altro che il mantenimento dell’ordine, è già schiava nel profondo del cuore. Essa è schiava del suo benessere, e l’uomo destinato a incatenarla ha allora campo libero.
Da "La Democrazia in AMerica" - Alexis de Tocqueville

martedì 9 dicembre 2008

Accade anche ad altri ?


Sono abituato a "riavvolgere il film" degli avvenimenti che mi accadono più volte dopo che sono avvenuti, a volte a distanza di molto tempo, di anni anche. Solitamente questo sviluppa in me delle riflessioni e parecchie volte esce una considerazione mai fatta in precedenza, che trovo logica e pertinente. Altre volte nascono nuove domande oppure certezze di quel tempo non sono più tali.
Applico questo "metodo" anche alla mia vita in generale e, passando naturalmente il tempo, la riflessione porta alla luce situazioni, avvenimenti e dati curiosi ed emblematici.
Ad esempio ho notato che, ciclicamente, ogni 7-8 anni entro in una "crisi personale" - a volte accelerata da fattori esterni - che mi costringe a rimettere in discussione tutte le mie certezze, i miei valori, le mie aspettative, i miei sogni e mi nasce l'enorme necessità di cambiare, anche radicalmente, alcune cose e abitudini della mia vita, per prendere nuova forza e mantenere lo stesso vigore e vitalità che normalmente inietto nelle azioni che intraprendo ogni giorno.
Sono riflessioni e processi interiori normalmente molto dolorosi per me... capiterà anche ad altri ?

giovedì 4 dicembre 2008

Che cos'è la libertà ?

...la libertà, come tutti i beni della vita, come tutti i valori, non è qualcosa che si può conquistare una volta per sempre, ma necessita un lavorio costante di conservazione attraverso lo sforzo di ogni giorno, rendendosene degni, avendo un animo abbastanza forte per affrontare la lotta in questione...
(A.C. Jemolo)