La realizzazione individuale e comunitaria di un imprecisato ordine cavalleresco, a metà tra la cultura e la testimonianza vivente, il pensiero e l'azione eroica. Quanto mi ha attratto da giovane la sua figura. Sole e Acciaio: il suo testamento civile ed esistenziale fu per me una sorta di breviario spirituale, insieme all'Hagakure, negli anni '70. Significò assumere una grande forza e disciplina interiore. Mishima fu testimone coraggioso di una vita, di una protesta e di scritti di una certa rilevanza contro il suo tempo. Un uomo gracile che non aveva fatto in tempo a perdere la guerra e si era forgiato con il sole e l'acciaio, fino a diventare un'atleta nella mente e nel corpo. Era un antagonista, un esteta armato, un dannunziano dei nostri tempi in qualche modo dove il pensiero coincideva con l'azione. Ma fu anche l'ultimo dei Samurai, un soldato che aveva combattuto la sua battaglia con la penna e con la spada. In quegli anni mi aveva colpito la sua passione spirituale per il suo paese e per la tradizione, quel messaggio che si portava dietro della morte eroica, dell'atto estremo. Quel suicidio con l'antico rito del seppuku sul tetto della caserma, dopo un discorso fiero e disperato allo stesso tempo, dopo aver preso atto che tutto ormai era inutile.

Mi è ricapitato per caso in mano il libro questa mattina. Oggi però mi appare tutto molto lontano e anche un poco anacronistico alla luce di questo tempo...
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