domenica 31 luglio 2011

Gelatine e salse: l’ultima cena firmata Adrià

Ufficialmente si chiude stasera, ma l’avventura di «El Bulli» come locale aperto al pubblico è già finita ieri. Questa notte Ferran Adrià, lo chef più influente al mondo, saluta il ristorante con una festa tra amici, una serata a sorpresa stile «Bulli» - dicono i suoi collaboratori - in cui ha voluto attorno le persone che gli sono state vicine fin dalla fine degli Anni Ottanta, quando è arrivato nelle cucine di Roses.

In questa claudicante estate 2011 alla fine «El Bulli» dice addio per sempre. Perché nelle sale dove si camminava trattenendo il fiato fino al tavolo, sentendosi quasi su un palcoscenico, non si potrà più prenotare e neanche mangiare da clienti normali. Adrià non vuol sentir parlare di chiusura, solo di viaggio verso un nuovo progetto, ma su questo punto è stato chiaro: «Non si potrà più chiamare né prenotare. Non escludo che la Fondazione che nascerà organizzi cene o eventi, ma mangiare qui non sarà la cosa più importante».A partire dal 2014 il cuore del progetto sarà la grande cucina, dove architettura «bauhaus», marmi neri e forni a induzione creano una scenografia indimenticabile. E fino al 2014 la compagnia del «Bulli» si scioglie, si dedica a pensare, a progettare, a trovare nuove energie.La chiusura del più importante ristorante del mondo non passa inosservata e senza una motivazione ufficiale, fioriscono le illazioni e i retroscena. Il più diffuso parla di un buco da 500 mila euro l’anno, frutto di una brigata di 80 persone quotidianamente al lavoro per servire 50 coperti e ospitate in una mensa aziendale che ha più clienti del ristorante che la mantiene.Lo staff di Adrià respinge le voci con una secca smentita: «Tutta l’organizzazione, dal ristorante al centro studi “El taller”, all’albergo, agli uffici ci costa più o meno quella cifra». Adrià ha più volte raccontato la sua versione sull’addio, sottolineando la necessità di fare altro per un po’, ricordando il fastidio maturato nei confronti della tensione che si viveva intorno alla forsennata caccia alla prenotazione e il fatto che il mondo non sopportava i suoi successi e circondava il suo «Bulli» di invidia: «E’ una squadra di calcio che ha vinto 15 campionati di fila».Restano comunque parole a cui solo il tempo darà una risposta. I fatti sono che il ristorante più discusso chiude sicuramente fino al 2014. Adrià continuerà a imperversare nel mondo della ristorazione, dove lascia impronte un po’ ovunque a cominciare dal caffè dove è al fianco di Lavazza. L’influenza del cuoco catalano sull’alta cucina contemporanea è paragonabileall’eredità lasciata dalla «nouvelle cuisine». E molti degli chef passati davanti ai suoi forni a induzione sono diventati punti di riferimento nel panorama mondiale, a cominciare dall’italiano Massimo Bottura. Personaggi che dividono, e che fanno partire il lavoro ai fornelli dalla ricerca.

«El Bulli» resterà indimenticabile come una rockstar che sceglie di morire prima del tempo per diventare mito. Incallabile come l’emozione di assaggiare le creazioni di Ferran, di scoprire ancora una volta come forma, consistenza e temperatura avevano trasformato la natura fino a farla diventar, ade sempio, granita di pomodoro con mandorle.Ferran Adrià, il signore oscuro della cucina mondiale, l’uomo che non mangia peperoni, che berrebbe solo champagne (la sua «bevanda» preferita), che non ha un’auto o un appartamento e che fino a pochi anni fa non possedeva neanche il cellulare, continuerà a cucinare, e i suoi piatti si troveranno ad esempio ad «Hacienda Benazuza», il «Bulli hotel» nelle vicinanze di Siviglia, un vero outlet della cucina che da sempre propone con un anno di ritardo il menu del «Bulli» di Roses e c’è da scommettere che da domani verrà preso d’assalto da chi ha mancato l’appuntamento con la storia del gusto.

Luca Ferrua

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