domenica 5 gennaio 2014

Indietro tutta: si torna alle buone maniere

È boom di manuali di galateo


Buona educazione. Basterebbe chiamarlo così, il galateo, per rendersi conto che non è un residuato d’altri tempi, riservato a nobili o fanatici. Certo molto è cambiato dal cinquecentesco testo di Della Casa o dai rigidi cerimoniali portati in tv da «Downton Abbey», ma conoscere le regole base, spesso molto vicine al comune buon senso, mette al riparo da brutte figure e aiuta nel lavoro.  

 

Con questo spirito, oltreoceano, Dorothea Johnson, fondatrice della Protocol School of Washington, ha scritto con la nipote Liv Tyler «Modern Manners» (ed. Potter Style). Una detta regole, l’altra racconta aneddoti e citano, un po’ a sorpresa, Cesare Pavese: «Le lezioni non si danno, si prendono». L’attrice, figlia del cantante degli Aerosmith e di una «groupie» modella di Playboy, attribuisce molto del suo successo proprio all’esempio datole dalla nonna, con cui ha vissuto da bambina. Insieme ricordano che è opportuno presentare le persone con un commento sulla loro attività e sul grado di parentela o di relazione, non scendendo in dettagli troppo personali.  

 

Sempre apprezzata, l’indicazione di introdurre l’uomo alla donna, il più giovane al più anziano, con la mano da porgere non «moscia» e tantomeno «a tenaglia». Mai fissare insistentemente, ma prestare attenzione al proprio interlocutore. Non a tutte potrà andare bene come all’allora adolescente protagonista di «Io ballo da sola» e «Il Signore degli anelli», di fronte all’idolo Johnny Depp: «Mi tese le mano e, occhi negli occhi mentre parlavamo – racconta -, mi fece sentire per qualche istante l’unica al mondo».  

 

Anche in Francia un nuovo volume giudica gli atteggiamenti più comuni del vivere in società: Juliette Dumas, animatrice del blog «Briller-en-ville», e Soledad Bravi, illustratrice della rivista «Elle», ripercorrono in 100 vignette buone e cattive abitudini in «Shine ou not Shine?» (ed. Marabout). Alle due parigine spetta il decalogo delle regole più sorprendenti, «trasgressive» per la loro semplicità, da cui ripartire: tenere la porta a chi entra dopo di noi; arrivare puntuali a un appuntamento e scusarsi in caso di ritardo; non fare scenate ai figli in pubblico; evitare di lamentarsi Liv Tyler: in continuazione; reintegrare il «grazie» nel proprio vocabolario, e soprattutto usarlo.  

 

«In tutto il mondo il recupero delle buone maniere è un must e la quotidianità è il banco di prova», sostiene l’esperta Barbara Ronchi della Rocca che con il suo ultimo «Si fa non si fa» (ed. Vallardi) 

ha dato una spolverata al codice di comportamento nell’era 2.0. Primo capitolo dedicato all’abbigliamento, che va adeguato all’età e alle circostanze: meglio evitare di partecipare a una cerimonia se si vuole essere alternativi a oltranza. Lo stile «shabby chic» non è per tutti, sconfina spesso in trascuratezza. «Da americani e francesi dovremmo imparare il vezzo di vestirsi eleganti in certe occasioni, come a teatro - sottolinea -. Un errore tutto italiano è quello di confondere il costo di un capo con la sua formalità». Intramontabile una classica apparecchiatura della tavola, senza eccessi, armonica.  

 

Il lifting? Consentito, con moderazione, così come il profumo. Le norme sono sempre più contaminate dalla «netiquette», codice del web. Il tramonto di lettere e cartoline non vuol dire sciatteria: vanno controllate punteggiatura e ortografia di sms ed e mail, ammessi quasi per tutto, ma carta e penna restano obbligatori per porgere le condoglianze. Anche lasciare il partner con un messaggino è una questione di cattivo gusto, ma in altre epoche lo hanno fatto Greta Garbo, via telegramma, e Daniel Day Lewis, con un fax. «I maleducati? Banali e prevedibili – conclude -, chic è conoscere le regole, e sapere quando si possono infrangere».  


ELENA MASUELLI (AGB) - La Stampa (http://www.lastampa.it/2014/01/05/societa/indietro-tutta-si-torna-alle-buone-maniere-9j0y2iGlSVIsPljXhTVcyI/pagina.html)


Alcuni manuali sulle buone maniere (Pierangelo Raffini)



  

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