lunedì 2 febbraio 2009

L'importanza di preparare la tavola


La convivialità e la conversazione si dimostrano i grandi “facilitatori” del gusto e, perciò, il centro di questa esperienza tornano a essere il cibo e l’alimentazione, in altre parole la cultura della tavola. Soprattutto in momenti di crisi come questo, dove si torna un po’ intimisti, dove si ricercano le cose un po’ perdute, un po’ trascurate, momenti di piacere solo per se stessi, attimi di felicità e pace in un mondo che pare sconvolgere qualsiasi regola, riapproriamoci del gusto, di questo antico sapere. Non dimentichiamo mai che la cultura della tavola è la cultura di un popolo, che si tramanda anche attraverso la memoria dei cibi e quindi della tradizione. Ricordiamo e riflettiamo che l’arte e la cultura costituiscono la base comune su cui ciascuno, partendo dal proprio grado di istruzione, misura e confronta l’esperienza del gusto. E allora se il cibo è - e deve essere - felicità, apparecchiamo ogni giorno la tavola come se avessimo ospiti, in famiglia ma anche se siamo soli. Provate a farlo – così quasi per gioco - qualche volta tanto per “capirne il sapore”, presumibilmente la sera quando certamente tornate a casa dopo le vostre attività e anche il mondo un poco si ferma, rallentate e degustate il momento. Scegliete con cura l’arredo, non per stupire, ma per godere. Il piacere del palato merita il miglior vetro, il miglior servizio, il miglior tessuto, la migliore apparecchiatura. Il piacere che il cibo può dare deve essere accompagnato da tovaglie e tovaglioli freschi di bucato, le posate sistemate in modo curato. Tutto come in un ottimo ristorante. Soprattutto oggi che andare al ristorante costa, il ristorante possiamo farlo noi, può diventare un motivo di novità e di ricerca che coinvolge il partner, la famiglia e, mi ripeto, noi stessi. E crea un “effetto domino” perché porta ad interessarsi di tutto ciò che concerne la Civiltà della Tavola: storia, regole, usi e costumi. Non dimentichiamo mai che la nostra fortuna, uno dei patrimoni più grandi, è avere una cultura del pasto che tutto il mondo ci invidia e cerca di copiare. Datemi retta, gli spuntini davanti alla televisione lasciamoli agli anglosassoni, oppure se proprio se c’è l’evento maximo imperdibile, e la plastica - assolutamente riciclata mi raccomando – riserviamola ai pic-nic fuori porta, al fiume o in collina, senza esagerare. L’improvvisazione alimentare nei parchi o nelle spiagge segnala un’occasione felice e spensierata, che non voglio certo condannare anzi, ma sulle tavole di casa – o ancora peggio sui divani – si trasforma invece in pressapochismo infelice. Un segnale di una “degenerazione” dei costumi, e personalmente ritengo anche dell’educazione, che si propaga velocemente a tanti aspetti della vita e ad atteggiamenti mentali, di cui si vedono i risultati tutti i giorni. D’altronde un nostro antico e illustre antenato ci ha lasciato a imperitura memoria una frase, e ognuno di noi dovrebbe scolpirsi mentalmente e non dimenticare mai, che recita, più o meno, così “…fatti non foste per viver come bruti… “.
Scritto da Pierangelo Raffini e pubblicato su Sabato Sera DUE il 31 gennaio 2009

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