martedì 3 settembre 2013

La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa (F.D.Roosvelt)

Oggi è sufficiente sfogliare le pagine dei giornali, ascoltare i notiziari delle radio o vedere i telegiornali, per essere sommersi da notizie che ci deprimono o ci fanno arrabbiare. Se si cade nella convinzione che il mondo sia principalmente questo, ci si convince di essere circondati da un mondo ostile, in totale decadenza senza più possibilità di miglioramento. Una società verso il declino insomma.

È vero che oggi ci sono evidenti difficoltà per tutti, soprattutto per i giovani, e che abbiamo attraversato un periodo di crisi intenso. Ma se ripercorriamo la storia, grande maestra di vita, potremo scoprire come è stato sempre così in tutti i periodi di transizione dove costumi, valori, mezzi di comunicazione, consumi, istituzioni sono stati messi in discussione per i rapidi mutamenti avvenuti. E anche allora lo sconcerto, il pessimismo e l'allarmismo hanno preso, per un certo periodo, il sopravvento.

Questi sentimenti sono dettati, normalmente, dalla nostra inadeguatezza di giudizio dei problemi che ci stanno di fronte perché limitiamo il nostro orizzonte al breve periodo, incapaci di cogliere la complessità degli avvenimenti e quindi di darci risposte adeguate per costruirne uno nuovo. È inevitabile in queste condizioni che si cada nel pessimismo e nella paura.

Attingendo dalla storia possiamo capire come le comunità hanno sempre attinto l'energia necessaria per contrastare l'incedere che pareva inevitabile. Naturalmente essa non si ripete esattamente nelle diverse ere, ma ci sono forti analogie con epoche diverse. Ma diventa un laboratorio a cui attingere per illuminarsi non solo sul passato. La storia è una forma intellettuale per comprendere il mondo, come ha detto Johan Huizinga.

Se parliamo poi dello scenario italiano possiamo pensare alla sorprendente similarità della crisi dell'economia nel Seicento che colpì le grandi città manifatturiere della Penisola e quella incontrata oggi da molte industrie del nostro Paese a causa della scarsa capacità di competere, generata dalla scarsa propensione al l'innovazione dimostrata negli ultimi anni. Salvo le eccezioni che, infatti, producono utili a tutto spiano. Tanto per ribadire che lo studio della storia offre un prezioso strumento per l'uomo che può così comprendere a fondo il presente.

In tutti i casi anche se qualcuno vedesse l'ottimismo come una distorsione forzata della realtà voglio ricordare l'ammonimento un uomo politico e di alto rango che contribuì negli anni '50 alla costruzione della Comunità Europea, Jean Monet, che diceva "quello che conta non è essere ottimisti o pessimisti, ma essere determinati". 

Rifletteteci su.

Nessun commento: