sabato 5 settembre 2009

Destra e sinistra ai tempi della xenofobia

Torna il fortunato testo del ’94:così Bobbio aveva intravistoi sintomi dei mali d’oggi
NADIA URBINATI - La Stampa 4/9/2009 - QUINDICI ANNI DOPO


Storicamente, i nemici dell’eguaglianza sono anche stati i nemici della democrazia. Prendiamo per esempio il dialogo platonico Gorgia: in esso, Platone fa dire a Callicle, uno degli interlocutori di Socrate, che l’eguaglianza politica è la vendetta della legge contro la natura. «Sì, perché in natura tutto quel che è più brutto è, ad un tempo, più malvagio, ossia il subire ingiustizia; per la legge, invece, commetterla». La legge degli uomini rovescia la logica della legge di natura e cambia la nozione del bene e del male. La legge civile ordina di non sopraffare l’altro e punisce non chi è sopraffatto o più debole, come fa la natura, ma chi prevale o usa la forza. L’eguaglianza, continuava Callicle offrendo a Nietzsche il più formidabile argomento contro la democrazia, è il valore inculcato in ognuno di noi fin dalla nascita affinché ci abituiamo a pensare che occorra correggere, non assecondare la natura. L’eguaglianza è la legge dei deboli, che sono anche i più numerosi, escogitata per rendere deboli i forti imponendo loro di ubbidire a una legge fatta per proteggere i deboli. Questa è stata ed è ancora oggi la filosofia che denota la destra politica. E anche qualora la destra accetti la costituzione democratica e i diritti, l’idea guida che la ispira è che devono essere egualmente liberi solo coloro che sono identici nelle caratteristiche (le quali possono essere fisiche o spirituali). Nell’Italia del presente, l’ideologia di destra parla di eguali ma all’interno di un ordine gerarchico che ha al primo posto la «mono-etnia» (i membri della nazione) prima degli esseri umani, e poi via via, gli «uomini» prima delle «donne», gli «eterosessuali» prima degli «omosessuali», i fisicamente normali prima dei disabili; infine, «noi italiani» prima e contro gli «altri», immigrati o non italiani. È in ragione di questa visione sostanziale di eguaglianza degli eguali che la democrazia viene interpretata da destra, così da coniugarsi a concezioni identitarie forti e chiuse all’universalismo, spesso razziste e violente. È su questo fronte che si misura oggi la differenza tra destra e sinistra. Anche per la sinistra la cittadinanza democratica è un’identità che non include né può includere tutti; però, la sua filosofia ha ben chiaro che le distinzioni politiche all’interno della famiglia umana sono frutto di convenzioni, benché importanti e non rinunciabili; per questo, alla distinzione politica, la sinistra non fa corrispondere una diseguaglianza sostanziale. Ciò comporta ritenere che tutte le persone meritino rispetto, e che essere minoranza culturale o religiosa non debba mai diventare ragione di discriminazione e offesa perché è la legge, il rispetto della legge soltanto che stabilisce il discrimine tra giusto e sbagliato, non l’opinione della maggioranza (le costituzioni servono proprio a sancire la differenza fra legge e decreto di una maggioranza, a stabilire ciò che la maggioranza può e non può fare). A quindici anni di distanza, destra e sinistra sono ancora ben riconoscibili, anzi forse lo sono di più, perché ai tradizionali argomenti se n’è nel frattempo aggiunto uno molto controverso, quello relativo all’immigrazione, un tema che nel volgere di pochi anni è diventato una «questione» sociale e di ordine pubblico che mentre può aprire nuovi fronti di discriminazione, rischia anche di oscurare i basilari valori democratici e liberali. Non è azzardato dire che nei paesi europei la rinascita della cultura politica di destra abbia proceduto parallelamente all’incremento dei flussi migratori; l’acutizzarsi della crisi finanziaria globale ha funto da acceleratore della diffusione di concezioni inegualitarie e razziste tra larghe fasce di popolazione, con evidenti rischi per le libertà costituzionali di tutti, anche dei cittadini della stessa nazione. Bobbio aveva con grande acume intravisto i sintomi di questa rinascita antidemocratica, mostrando come le diseguaglianze sociali ed economiche tra le aree del pianeta avrebbero raggiunto proporzioni tali da coinvolgere drammaticamente e direttamente l’Occidente, perché i disperati del mondo avrebbero necessariamente cercato la sopravvivenza laddove c’era più benessere. «Il comunismo è fallito. Ma la sfida che esso aveva lanciato è rimasta» irrisolta: il «pianeta dei naufraghi» è la nuova realtà di destituzione che nessuna frontiera riuscirà a contenere. «Di fronte a questa realtà, la distinzione fra la destra e la sinistra, per la quale l’ideale dell’eguaglianza è sempre stato la stella polare cui ha guardato e continua a guardare, è nettissima». La conclusione di Bobbio era pessimista e molto lucida (pessimista perché lucida). Dopo alcuni decenni di crescita economica e di consolidamento della democrazia, i paesi del primo mondo – l’Italia in modo emblematico – assistono a un arretramento sia sul piano del benessere che su quello delle promesse democratiche. Non soltanto perché aumentano le diseguaglianze tra ricchi e poveri all’interno della stessa nazione di cittadini, con il decurtamento dei servizi sociali, delle opportunità culturali e soprattutto dei diritti associati al lavoro, ma anche a causa di un evidente restringimento delle libertà civili primarie, esito fatale della recrudescenza dell’ideologia razzista e xenofoba. \ Bobbio parlava a ragione di un «grandioso movimento storico» di destra, un fenomeno che poteva essere valutato nelle sue conseguenze solo qualora lo si fosse confrontato con altri periodi storici del passato e giudicato alla luce dei principi democratici dell’eguale libertà contenuti nelle costituzioni democratiche. Rispetto a questo fenomeno egemonico, due sono i rischi di fronte ai quali si trova la sinistra: quello di abbracciare un fastidioso moralismo ovvero di radicalizzare le proprie posizioni; e quello di imboccare la strada compromissoria o dell’accomodamento con la cultura dominante della destra abbandonando la propria specificità ideale. Averne consapevolezza è un punto di partenza imprescindibile. Dopodiché, uno spiraglio di ottimismo ci viene dalla certezza che «l’umanità non è giunta affatto alla “fine della storia”, ma è forse soltanto al principio». A titolo «provocatorio» lo aveva detto il pessimista Bobbio nel 1998. Dopo oltre dieci anni quella provocazione suona come la più ragionevole certezza della persistenza della diade destra e sinistra.

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