domenica 27 settembre 2009

Il telefono batte il cibo come è cambiata la spesa delle famiglie

DI GIAMPAOLO FABRIS

Vi è una serie storica che ha continuato a svilupparsi con continuità negli ultimi decenni ed a cui non è stata prestata sufficiente attenzione. Un errore perché, a ben guardarla, rileva una delle più inquietanti e meno discusse distorsioni nei consumi. La spesa alimentare va costantemente riducendosi nei bilanci delle famiglie: ancora all’inizio degli anni’70 assorbiva il 36% della spesa, adesso, 2009, il 15,6 %. Più che dimezzata. Si potrebbe obiettare che si tratti di una contrazione largamente prevista e teorizzata. La legge di Engel una delle poche leggi dell’economia che si è dimostrata valida sia per i Paesi sviluppati che in via di sviluppo postula che, aumentando i redditi, l’incidenza della spesa alimentare tende costantemente a decrescere. Ma queste osservazioni risalgono a periodi storici in cui l’alimentazione aveva significati ben diversi da adesso: ad un’epoca in cui il mangiare rispondeva soprattutto ad esigenze di tipo fisiologiche. Quando i prodotti alimentari venivano considerati prodotti di prima necessità e il surplus di reddito destinato quindi "a beni superiori o di lusso". Ebbene poche tipologie di prodotti come gli alimentari hanno, negli anni, così tanto mutato il loro originario statuto arricchendosi costantemente di nuove dimensioni. Pochi beni appaiono tanto "superiori" ed anche lontani dalla mera fisiologia. Le relazioni tra cibo e stato di salute si fanno sempre più strette. Il piacere orale continua, come testimoniano le ricerche, a crescere. Mangiare è anche attività qualificante del tempo libero. L’eating out ormai è pratica diffusa e momento privilegiato di socialità. L’offerta alimentare d’altro canto, in casa e fuori casa, è andata dilatandosi a ritmi quasi esponenziale: cibi con un miglior contenuto nutrizionale, con incorporato un maggior servizio ecc. Più recentemente la ricerca di naturalità dei cibi si è fatta sempre più insistente e selettiva, vi sono molti segnali che la stessa agricoltura – che si avviava ad essere la Cenerentola di tutti i settori produttivi sia in fase di forte ripresa e di crescente attualità. Come si spiega allora questo paradosso di un continuo arricchimento di significati a fronte di una spesa che si contrae? Come è possibile che il budget familiare in comunicazione lato sensu – è solo un esempio stia per superare quello alimentare? Il solo cellulare assorbe 5 % della spesa delle famiglie.

Non starò certo a difendere la filiera troppo lunga, inefficiente e costosa dei prodotti alimentari – agli agricoltori resta circa il 16% del prezzo finale ma come è possibile che un modesto aumento nei prezzi degli alimentari divenga un caso nazionale? Quando il costo di tantissimi beni e servizi – anche essenziali come le tariffe pubbliche della nostra quotidianità è considerato come un dato e i forti incrementi verificatisi rapidamente metabolizzati? Negli ultimi tempi l’aumento nei prezzi della pasta di semola ha suscitato scandalo e l’estate scorsa la sindrome del caro zucchine – estesa ad altri ortaggi – è divenuta un caso nazionale. Un litro di benzina con cui si fanno 7/8 chilometri costa come un chilo di pasta con cui mangia una famiglia numerosa. Un viaggio in tram costa come un chilo di pasta. Un abbonamento a Sky è l’equivalente della spesa annua di una famiglia per questo alimento. Per chi ritiene che, post crisi, si debba perseguire acriticamente lo stesso modello di consumo di quando siamo entrati nel tunnel un motivo in più per riflettere.

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