"Non si è romagnoli per nascita, ma per orgoglio" (Cino Ricci)La Romagna ai tempi dei Romani, non c'era. Di Romània, poi Romandìola, si cominciò a parlare molto più tardi, dopo che Roma aveva perso il suo primato e l'Italia era piombata nel lungo "intermezzo" barbarico. Il tema della definizione della Romagna in termini territoriali si pone solo con lo Stato pontificio, quando un potere esterno, quello di Roma, sente il bisogno di costruire unità amministrative facilmente controllabili. La legazione di Romagna, con capoluogo Ravenna, formata dalle attuali provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini (con Lugo e l'Appennino tosco-romagnolo in meno e Imola in più), è un prodotto tutto sommato artificiale dello Stato della Chiesa. E sempre al periodo in cui il papa-re ha dominato l'Emilia orientale, risale l'ambiguità del termine Romegne al plurale, col quale s'intendevano le quattro legazioni di Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì, in omaggio alla definizione dantesca.
Ma chi erano i romagnoli ? La definizione più corretta, fra Settecento e Ottocento, è forse questa: chi sentiva di esserlo. Comunità, famiglie, individui uniti da pratiche sociali, da rituali, da dialetti simili. Accomunati dalle stesse tradizioni alimentari (come la piadina) e dalle stesse favole. L'essere romagnoli era un'espressione sociale, non (come sarebbe divenuto poi) un'elaborazione culturale. Non l'idea astratta di un confine, ma la familiarità con un universo di simboli e di valori che rassicuravano e che interpretavano, senza bisogno di mappa, il senso del "noi".
Sarà poi la cultura napoleonica ad "insegnare" ad una schiera sottile, ma influente di romagnoli come guardare il territorio (sotto il profilo dell'approvvigionamento idrico, delle strade, del rapporto fra centri minori e maggiori, ecc.): l'astrazione cartografica entra in contatto col vissuto della gente comune, si umanizza, si fa carne e sangue. E nello stesso tempo si fanno conoscenza le abitudini, gli usi, le pratiche.
Il problema dei confini della Romagna è antico e, in apparenza insolubile. Solo nel 1894 l'ingegnere forlimpopolese Emilio Rosetti stabilizza il quadro della Romagna propriamente detta nelle attuali provincie di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, più il circondario di Imola e il Montefeltro.
La radice della Romagna è Roma, ma Roma, quella Roma è lontana, sia nel tempo che nello spazio. Dunque la Romagna come terra che conserva lultimo lembo di romanità, anche quando la Roma "vera" è già precipitata nel buio barbarico. Sapere dove comincia e dove finisce la Romagan è un tema interessante perchè, in questo modo, si può riuscire a reperire un nucleo di territori e di popolazioni contaminate più delle altre dallo "spirito" romano.
Romagna, che a dispetto del tentativo dello Stato pontificio, continuò ad essere l'enclaves della presenza repubblicana e socialista con una vasta proliferazione fra Ravenna, Imola, Forlì e Rimini, tanto è vero che l'equazione romagnolo=repubblicano o socilista finì per essere assunta fra le stereotipie locali, come dimostrava, ancora nel 1888, il viaggio di Umberto I fra i turbolenti "pellirosse" di Romagna.