Rimini, estate del 1953, la guerra è ancora un ricordo vicino. Dal forno Drei in Piazza Tripoli escono, di buon mattino, un signore e un bimbo. Scesi alcuni gradini sul lungomare, sono in spiaggia. Un po’ curvi sotto il peso delle cinghie a cui hanno appeso dei contenitori di legno. All’interno, oltre i “classici” bomboloni fritti ci sono le “ricciole”, quelle belle piadine intrecciate che in superficie hanno sale grosso e rosmarino. Una novità. Appena sfornate e proposte direttamente alla gente, che torna ad affollare i lidi romagnoli e ha voglia di dimenticare le privazioni e i dolori causati da un conflitto che ha segnato profondamente il Paese. Il venditore è il creatore di questa piada e si chiama Angelo Ricci, imolese, che “fa la stagione al mare”, accompagnato dal figlio di sette anni Ermes (per tutti a Imola noto come “Pasticcio”). Angelo iniziò la professione presso la pasticceria Flamini a Forlì subito dopo la guerra, trasferendosi nei mesi estivi al mare, in quel forno di Rimini che gli lasciava panificare i suoi prodotti. All’inizio degli anni ’50, dopo diverse prove, trovò la formula giusta per la “ricciola”: una piada semi sfogliata molto croccante. Purtroppo oggi non si trova più la “ricciola” con le sue caratteristiche originarie, come si riusciva a gustare ancora dieci, quindici anni fa. L’impasto, la consistenza, il sapore non sono più gli stessi. Sono cambiate molte cose, dalle tecniche di lavorazione ai tempi di lievitazione, fino ai prodotti utilizzati che di fatto controllano e unificano il risultato. Mi sono già espresso sull’omogeneizzazione dei prodotti presenti nella maggioranza dei bar e forni, con semi-lavorati congelati, industriali, che perdono fragranza, un po’ molli, senza sapori da ricordare. Anche la “ricciola” ha subito questo manipolazione: il sale grosso è proprio sparito, rimane il rosmarino un po’ triste, con quelle trecce morbide che si spezzettano in modo uniforme. Molti forse rammentano come, prendendo in mano “quella ricciola” e spezzandola seguendo le curve rigonfie, si frantumasse in sfoglie di vario spessore, da quelle più consistenti a quelle dal velo quasi trasparente. Una sfoglia che risultava piacevolmente profumata e ricca, una vera soddisfazione per il palato. In fondo il segreto della ricetta è semplice: pasta di pane più condita del normale da “sfogliare” come si usa con la pasta sfoglia, utilizzo di margarina o burro, trecce arrotolate a mano, nessuna ulteriore aggiunta se non lievito di birra, olio di oliva, rosmarino e sale grosso, seguendo dal vivo la lievitazione.
Il papà di Ermes decise poi di aprire un’attività a Imola a metà degli anni ’50, diventando il primo gestore del bar Giardini sfornando dolci e salati solo per il proprio esercizio (il Geometra Gaddoni aveva da poco costruito il locale, oggi tornato alla famiglia anche nella gestione con Giovanni Corrado che l’ha riportato a nuova vita). Nel 1958 venne attrezzata la sala sottostante, dove sono ancora visibili i resti di una ghiacciaia di epoca romana, per ingrandire il laboratorio essendosi creata una certa richiesta di prodotto anche da altri esercizi. Il “piccolo” Ermes cresce seguendo il padre nell’attività e col tempo ne rileva la maestria e porta avanti la tradizione, anche se ha ammesso che la sua passione è sempre stata la fotografia. Appena si presentò l’opportunità, inizio a tenere chiuso il laboratorio la domenica per poter fare i servizi fotografici per il Guerin Sportivo. Da alcuni anni ha coronato il sogno aprendo, con la moglie Aurea, un negozio vicino al teatro e ha trovato soddisfazione nelle varie mostre che ha tenuto in giro per l’Europa, l’ultima poco tempo fa a Barcellona. Nella sua carriera “Pasticcio” è stato a suo modo un diffusore dell’arte, collaborando ad esempio all’apertura di attività oggi molto avviate, come la pasticceria Berti a Toscanella, oppure formando nel suo laboratorio un certo Valentino Marcatilii, lo Chef dello stellato San Domenico, anche lui un fan della “ricciola”. E’ incredibile che in tutti questi anni nessuno abbia mai pensato di valorizzare questa eccellenza del territorio. Rimane solo il ricordo dell’originale, a qualcuno.
Scritto e proprietà di Pierangelo Raffini
1 commento:
Sai che non lo sapevo?
E dire che con Aurea ho passato tanto ma tanto tempo, quando lavorava da Foto Gasparri...
Mi piacerebbe da morire avere la ricetta...
Grazie Pierangelo per questa chicca.
Buon Natale
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