A Vicenza, una donna distrutta dalla dipendenza si toglie la vita. A Torino salvano un uomo "sull'orlo del suicidio". Tra finti derubati (denunciati) per coprire i soldi svaniti e neo-rapinatori (arrestati) per rientrare del denarn buttato, è allarme sociale.
Una malia che t'invade piano ma poi si impossessa di ogni pensiero. di ogni intenzione, di ogni attimo della giornata, ormai vuota a perdere. A perdere tutto. Al punto di perdersi. Una febbre che sale, linea dopo linea, tasto dopo tasto: fino a bruciarti, dentro e fuori, qualsiasi altro desiderio e pure il capitale. Un'influenza che non c'è verso di debellare, di scacciare: schiacciare il pulsante, nella solitudine chiassosa di un bar, come la sola maniera di sentir pulsare la vita. Giocare e giocare (e pendere, perdere) in modo che non sia mai finita. Lei aveva quarant'anni, un lavoro, una famiglia serena. Viveva dalle parti di Vicenza e faceva l'impiegata: una tranquillità schermata però da una dipendenza malata, con lei sempre più prigioniera dei videopoker del quartiere. Le era sempre piaciuto giocare, infilare una monetina per hobby e guardare il punto entrare. Ma il lieve passatempo s'era fatto lentamente il senso di tutto e l'ossessione di ogni minuto: sicché, invece del punto, entravano a rotta di collo in quella fessura, predisposta all'usura della propria serenità, sempre più monetine. Fino a costruire una pila infinita, fatta prima del proprio stipendio e degli averi personali. poi del risparmio di famiglia. Una pila alta, in pochi mesi, più di 80mila euro. t familiari hanno provato a farla desistere ottenendo promesse non mantenute. Hanno allentato i baristi della zona perché l'aiutassero a non buttarsi via in quel modo, ma lei cambiava esercizi, ripetendo la sua mano quello abituale: infilare la moneta, premere il tasto, infilare di nuovo. Disperati, hanno schierato pure psicologo e comunità di recupero, ma a quel punto lei ha detto "basta" e l'ha fatta finita con il gioco e con la vita, che ormai tendevano ad assomigliarsi fino a confondersi. «Chiedo scusa a tutti. Non ha più senso per me vivere», ha lasciato scritto, prima di infilare la testa dentro un cappio.
Storia tragica ed estrema, ma da noi la dipendenza da videopoker, anche per via della crisi che si mangia le sicurezze e incita alle scorciatoie, sta facendo ogni giorno più guasti. Se tentare la fortuna è sempre stato, nei momenti di difficoltà economica, l'unico miraggio consentito, la pozzanghera dove tuffarsi pensando di poter fare il bagno, be', nessun gioco come il videopoker&simili oggi possiede tanta forza di distrazione di cassa e di volontà personali. Potendo garantire, a differenza di "grattini' e lotterie varie, l'assenza di una mediazione psicologica alla spesa: davanti a te solo una fessura, mentre dai le spalle al mondo, che ti fa sentire meno in colpa e unico padrone (ma è solo pia illusione) del tuo gesto iterato. Mica è un caso se le mafie - l'inchiesta sulla 'ndrangheta nel Ponente ligure è nata dalla richiesta di installare video-poker - stanno giocando anch'esse la partita. Qualche storia di ordinaria dipendenza di questi tempi? A Torino, Roberto P., 40 anni, operaio specializzato, tre figli, è finito al reparto psichiatrico delle Molinette dopo che s'è presentato al Pronto soccorso piangendo: «Aiutatemi, il videopoker mi ha fatto impazzire*. E i medici han spiegato che s'è salvato con l'ultima «briciola di energia e volontà: la dipendenza dal videopoker lo aveva condannato, era a un passo dal suicidio». E ancora, un infermiere romano lo scorso 9 settembre e un impiegato umbro lo scorso 27 settembre, hanno finto entrambi di aver subito una rapina, dopo aver perso tutto al videopoker, mentre un infermiere spezzino. dopo aver infilato l'ultima moneta, s'è fatto lui stesso rapinatore, alleggerendo una banca del Carrarese, per rientrare del denaro svanito. Poi, c'è la donna di Prato, denunciata per danneggiamento, che ha scagliato uno sgabello sul videopoker davanti al quale giocava il marito; c'è l'uomo che di macchinette ne ha distrutte sette in un bar di Trieste dopo aver perduto, senza riuscire più a smettere. migliaia di euro: e c'è la coppia denunciata in ottobre a Torino per aver lasciato la bimba di 3 anni in auto: papà e mamma nel bar a giocare e lei, aperta la portiera, in strada piangente, soccorsa da una passante. Dipendenze rovinose e fallimenti economici di tanti che già faticano a guardare avanti, mentre la Corte dei Conti - quasi un beffardo contrappasso - quantificherà di nuovo alla politica, entro sessanta giorni, a quanto ammonta (tre anni fa lo valutò in 98 miliardi di euro: bruscolini, giusto l'importo di due Finanziarie!) "il contenzioso che i concessionari dei giochi hanno con lo Stato creditore", senza che nessuno, neppure in questi giorni magri, si decida a mettere mano al settore.
Cesare Fiumi (Sette - Corriere della Sera)