domenica 27 febbraio 2011

Intelligenza e diplomazia

Le persone intelligenti non disprezzano nessuno, perchè sanno che nessuno è tanto debole da non potersi vendicare, se subisce un'offesa.

Esopo

mercoledì 23 febbraio 2011

Artusi, l'uomo che unì l'Italia sui fornelli

Moriva cent'anni fa, mostre e tavolate speciali celebrano il gastronomo romagnolo.

Sappiamo tutti che cosa si festeggia il prossimo 17 marzo, ma anche il 30 è una ricorrenza per l’orgoglio nazionale: cent’anni fa moriva, a 91 anni e dopo una vita saporosamente vissuta, l’uomo che con «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene», pubblicato nel 1881, unificò la gastronomia italiana. Forlimpopoli e Firenze, le sue città, preparano per Pellegrino Artusi celebrazioni speciali, complete di convegno storico, cene a tema, mostre e pubblicazioni (il programma completo è al sito www.casaartusi.it). Ed è il gran ritorno del signore romagnolo coi favoriti, un personaggione bizzarro educato in seminario ma antipapalino, mazziniano e pazzo per i gatti Bianchino e Sibillone, misogino ma devotissimo in modo platonico alla sua cuoca Marietta, alla quale dedicò un panettone (numero 604 nel catalogo delle 790 ricette) «migliore assai del panettone di Milano che si trova in commercio e che richiede poco impazzimento».

Già: Artusi di solito non cucinava in proprio, ma sapeva come si fa. Soprattutto, viaggiava alla ricerca delle specialità di ogni regione, dal presnitz di Trieste (numero 560: «eccovi un altro dolce di tedescheria, e come buono!») ai maccheroni con le sarde alla siciliana (numero 88: «di questa minestra vo debitore a una vedova e spiritosa signora il cui marito, siciliano, si divertiva a manipolare alcuni piatti del suo paese»). Il tutto veniva poi tradotto in un toscano sensuale e preciso insieme, parente della lingua collodiana di «Pinocchio», che visto il successo del libro contribuì a fare l’Italia: 14 edizioni nei primi vent’anni, che per il 1931 erano diventate 32.

Figlio di un mercante di Forlimpopoli, il giovane Pellegrino non fu più lo stesso dopo la «notte del Passatore». Siamo nel 1851. Artusi, trentunenne, ha già bazzicato, oltre al seminario di Bertinoro, l’Università di Bologna, dove non si è laureato ma ha incontrato Felice Orsini, il futuro attentatore alla vita di Napoleone III, che all’Osteria dei Tre Re, tra una discussione politica e l’altra, lo ha ribattezzato con sprezzo «mangiamaccheroni». La notte del 25 gennaio, la banda del brigante Stefano Pelloni, il «Passatore», occupa il teatro di Forlimpopoli e rastrella come riscatto ai terrorizzati spettatori 40 mila scudi. La stessa sera, la banda fa razzia in casa Artusi. Una delle sorelle di Pellegrino, Geltrude, viene aggredita e non si riprenderà più dallo shock. Il futuro gastronomo decide invece di lasciare la città, e da allora risiede a Firenze, dove frequenta i letterati del Gabinetto Viessieux.

Marco Malvaldi, giallista pisano in cima alle classifiche con il suo «Odore di chiuso» edito da Sellerio, in cui Pellegrino contribuisce alla risoluzione di un delitto, è una gran fonte di aneddoti: «Lo sa come si vendicò dell’epiteto di Orsini? Nel suo libro cita l’episodio, e poi, per passare a un altro argomento, usa una frase di raccordo che è tutta un’allusione all’attività terroristica dell’amico-rivale: “e adesso torniamo a bomba”... Ma sono i suoi eufemismi quelli che mi entusiasmano, il modo in cui dribbla le volgarità. Per mettere all’erta i suoi lettori dagli effetti collaterali dei cavoli, per esempio, ricorre alla mitologia e li definisce “figli di Eolo, dio dei venti”». Perché Artusi non si sposò mai? «Era un tipo da servette, da vedove inconsolabili, non un marito. Ma confessò “di non aver mai pagato né picchiato una donna”. Con una certa ritrosia, come se fosse una debolezza d’animo». Solo Marietta scalfì quella corazza. E ne ebbe in cambio, in coppia con l’altro cuoco Francesco Ruffilli, i diritti d’autore in eredità.

EGLE SANTOLINI

domenica 20 febbraio 2011

Sentirsi Italiani


Era ora che venisse restituito l'onore a Goffredo Mameli. Quel ragazzo morto a vent'anni nel 1849 nell'eroica difesa della Villa del Vascello a Roma e svillaneggiato da troppo tempo per quelle parole gonfie d'amore per l'Italia che strappano sorrisetti insulsi a chi è incapace di leggere la storia. Ed è davvero un segno dei tempi che a rendergli l'onore sia stato quel geniale istrione di Roberto Benigni. L'unico che poteva fare il miracolo: fermare il fiato a milioni di italiani in mezzo alle canzonette facendo loro intuire, forse per la prima volta, qual è il senso di quelle parole. Il senso di questa nostra storia. 

E certo non poteva scegliere giorno peggiore, ieri, il governo, per spaccarsi sulla decisione di consacrare il prossimo 17 marzo, una tantum, in occasione del Centocinquantenario, all'Unità d'Italia. «Solo una differenza di opinioni», ha detto Ignazio La Russa. Ve l'immaginate se un ministro francese o tedesco, argentino o coreano, osasse liquidare così una frattura sulla celebrazione della più solenne festa nazionale? Verrebbe fatto a pezzi. 

Cosa c'è di più importante per una comunità del riconoscersi insieme in una epopea? Non c'è Stato al mondo che ignori il proprio atto di nascita. Solo noi. Rosario Romeo, davanti all'indecoroso tormentone di questi mesi, sarebbe basito: «Il Risorgimento rimane il processo politico più importante e positivo che il nostro Paese abbia conosciuto nei mille anni di vita della nazione italiana». Fu segnato anche da errori come le fucilazioni di Bronte o il massacro di Pontelandolfo? Certo. E come ha scritto Giuseppe Galasso «non era neppure terminato che già si iniziò a processarlo». Anche la Rivoluzione francese e il colonialismo inglese ebbero pagine nere: francesi e inglesi non buttano via, però, tutta la loro storia. Anche la bandiera americana è macchiata dalla tratta degli schiavi, dal genocidio dei pellirosse, dalla guerra civile: ma il 4 luglio gli americani la sventolano tutti, dall'Oregon all'Alabama. E se per caso la festa cade di domenica chiudono anche il lunedì. Perdono un po' di ore di lavoro? Amen: l'orgoglio vale di più. 

Dice Roberto Calderoli che in un Paese in crisi come il nostro «che ha il primo debito pubblico europeo e il terzo a livello mondiale» celebrare l'Unità «è pura follia». Si sarà confuso col «progetto di federalismo municipale», ironizza lavoce.info. Stando ai dati Eurydice la nostra scuola, che Mariastella Gelmini avrebbe voluto tenere aperta, fa più giorni di lezione di tutti tranne il Lussemburgo: non per questo svetta. Secondo l'Eiro in Olanda, Germania e Danimarca i contratti riconoscono più ferie che da noi: nella classifica della competitività del Wef però loro sono davanti e noi al 48° posto. Il rapporto Mercer certifica che i meno assenteisti d'Europa sono i turchi (4,6 giorni di malattia l'anno) ma ciò non li colloca ai vertici della produttività. Non bastasse, in un anno senza «ponti» come questo, potrebbe venirne addirittura ossigeno al turismo.

A farla corta: se sono questi i motivi per scartare la festa del Centocinquantenario, sono un po' pelosi. Un Paese scivolato al 70° posto nel mondo dietro la Giamaica per velocità media in Internet e sempre più tagliato fuori dalle rotte delle immense porta-container perché da anni non si occupa di porti, ha davanti sfide più serie. Che può affrontare solo se crede di più in se stesso. E da dove potrebbe mai ripartire, se non da uno scatto di orgoglio patriottico?

venerdì 18 febbraio 2011

Senza etica non c'e' impresa

Da "IL SOLE 24 ORE" di giovedì 17 febbraio 2011

L`obiettivo di fare utili e produrre crescita con regole condivise di Emma Marcegaglia.

L'enciclica di Benedetto XVI è stata ed è ancora per noi tutti, àj per credenti e non credenti, una straordinaria occasione di riflessione in questi annidi aspra crisi.
Come Confindustria, e io personalmente come suo presidente, abbiamo espresso un giudizio molto positivo sulla Caritas in Veritate. Ovviamente, non tocca a noi entrare nel merito teologico dell`analisi interpretativa ed evolutiva del magistero sociale della Chiesa, al quale l`enciclica ha aggiunto un nuovo importante mattone, sulla scia che dalla Rerum Novarum di Leone XIII passaperlaPopulorumProgressio di Paolo VI, laLaboremExercens, laSollicitudo Rei Socialis, e la Centesimus Annus di Giovanni Paolo II.
Come imprenditori, ci tocca riflettere sulle parti dell`enciclica che più direttamente riguardano il mercato, lo Stato e il ruolo centrale dell`uomo. (...) L`impresa non è mai l`unica protagonista dei propri successi, né l`unica colpevole dei propri insuccessi. Ma oggi si sente impegnata come mai, per i colpi della crisi e per i gap storici del nostro paese, nella realizzazione comune di quella nuova "responsabilità sociale" indicata anche dalla Chiesa.
L`enciclica mostra anche quanto sia ormai superata la vecchia idea tradizionalmente associata a Max Weber, quella secondo la quale l`avversione della Chiesa cattolica per i beni terreni spiegasse un suo pregiudizio anticapitalista.
Benedetto XVI e Giovanni Paolo II prima di lui sostengono la crescita, rafforzandola con indicatori dello sviluppo umano come propongono tanti liberali come Amartya Sen. E riprendono la Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith, chiedendo un mercato in cui regole e principi pongano un limite alla finanza per la finanza. E semmai il mondo calvinista, quello che aveva dimenticato le buone regole di Adam Smith sulla fiducia e le regole dapreservare, che ci ha regalato gli eccessi della finanza strutturata.
È per tutto questo che voglio e posso affermare che per la Confindustria, che ho l`onore di guidare, l`etica come fondamento dell`impresa non è una scelta che discenda dal solo fatto che sia giusta. Non serve solo a preservare meglio la comunità d`interessi che vive all`interno delle aziende. L`etica è un fondamento dell`impresa anche perché contribuisce a produrre migliori utili. Essa rafforza il presupposto basi= lare senza del quale non c`è libero mercato.
Il libero mercato non è la lotta di tutti contro tutti in cui vince il più forte.
E una gara entro un solido quadro di regole, nella quale deve primeggiare non ilpiùforte ma ilpiùbravo. Ed è un monito che deve valere in tutti gli ambiti del mercato. A cominciare dalla finanza da cui questa crisi è partita.
La finanza etica non è solo quella dell`economia del dono, quella di chi divide il mantello per darne una parte al povero come fa san Martino. L`economia del dono haun ruolo determinante nel volontariato e nel terzo settore, essenziali per la sussidiarietà e la miglior soddisfazione di domande sociali alle quali lo Stato.non può rispondere, primo perché nonne ha le risorse, e secondo perché lo sa fare peggio di chi dal basso conosce e soddisfa meglio la domanda che viene da una società in cui aumentano anziani, immigrati e giovani a basso reddito. Ma, ripeto, la finanza etica non è solo quella del dono.
La finanza etica, nel mondo colpito ancor oggi da una crisi così dura, ha due declinazioni essenziali. Nel campo pubblico, chiede innanzitutto alla politica una svolta decisa, rispetto all`eccesso di debito pubblico, di spesa pubblica in deficit e di tasse. La lezione della Grecia non vale solo per quel paese, in un mondo in cui i debiti pubblici di paesi fino a due anni fa in apparenza virtuosi stanno rapidamente salendo verso proporzioni italiane. Ma nel campo privato, finanza etica vuol dire essere capaci di dare credito a soggetti ai quali, con teorie dello sconto basate esclusivamente sui criteri patrimoniali - di Basilea 2 e domani Basilea 3 per intenderci -, invece lo si negherebbe. Soggetti che hanno serietà e capacità dipagare non solo gli interessi sugli impie ghi loro concessi, ma che attraverso di essi estendono ulteriormente la capacità di creare reddito e produzione, consumi e investimenti. Creando nuove imprese, estendendo le frontiere del mercato, rafforzando i presupposti della crescita e accrescendone il dividendo sociale.
La lezione del Nobel Yunus, che attraverso questa fmanza etica ha fatto di migliaia e migliaia di donne e poveri dei veri microimprenditori in Pakistan e India, è una svolta che deve e può valere anche da noi.
Dalla terribile crisi che ci ha colpito, usciremo più forti se torneremo a crescere come da molti anni in Italia non avveniva più. Ma è per fare questo che abbiamo bisogno di etica nella finanza ed etica nell`impresa: perché così facendo si estenderà il numero e la forza dei protagonisti della crescita. Ed è allora che scopriremo che l`etica è un moltiplicatore economico, non solo un comandamento morale. Se poi lo riscoprirà anche la vita pubblica, oltre che quella economica, saràun doppio, se nontriplo e quadruplo vantaggio per tutti.

Emma Marcegaglia è presidente di Confindustria L`articolo è uno stralcio dell`intervento tenuto all`incontro «Cattedrale aperta» di ieri a Genova

I cambiamenti

Sta a noi stessi stabilire delle priorità e scegliersi l'equilibrio che ci sembra più giusto, in sintonia con i nostri bisogni, con le nostre necessita', con la nostra anima. Questo prevede un confronto empatico anche con se stessi, imparare a comprendersi senza pero' mai smettere di impegnarsi nel difficile cammino del cambiamento. Le trappole mentali, le abitudini, sono difficili da cambiare, ci vuole tempo e perseveranza.
Fiducia, tenacia, pazienza e ancora perseveranza sono gli elementi fondamentali per realizzare la vostra visione personale. Si e' sempre in cammino nel cambiamento. Si leviga la pietra della nostra anima continuamente. Alle volte pero' i cambiamenti non possono essere fatti a piccoli passi, occorre una rottura radicale, l'assunzione di un riccio elevato. Ne saremo capaci ? Il cambiamento genera sempre paura. Paura dell'ignoto, cio' che non si conosce e' sempre difficile da affrontare. In ultimo spesso e' difficile cambiare da soli. Si può chiedere aiuto alle persone che ci vogliono bene o coinvolgere i veri amici, descrivendo loro cio' che stai cercando e chiedendo il loro appoggio. Da essi può sempre venire un consiglio o una fonte di ispirazione.

domenica 13 febbraio 2011

Cosa pensano di me: alcune valutazioni da parte delle persone con cui sono in rapporti di lavoro e collaborazione

“Positivo ed umile verso i nuovi colleghi, maestro nel creare clima ed ambiente lavorativo favorevole al raggiungimento degli obiettivi personali e di team. La sua abilità nei rapporti interpesonali ed il suo impeccabile stile nell'approcciarsi rendono Pierangelo una persona estremanente credibile, fondamentale per avere la certezza e garanzia del lavoro di qualità.
Piernagelo oltre ad essere un amico è sicuramente una persona che si vorrebbe sempre al proprio fianco per affrontare qualsiasi sfida che abbia lo scopo del successo certo.”
ALESSANDRO BATTAGLIA, Sales Manager, Alfadistribuzione Srl

“Ho collaborato con Pierangelo su diversi importanti progetti basati sulla piattaforma Lotus Domino. E' una persona veramente molto competente, e il suo team sempre creativo e professionale. E' stato un piacere lavorare con lui.”
Principali qualità: Gradevole, Esperto, Conveniente
Davide De Cecco, ICT Manager at Unindustria Bologna
“Si può sempre contare su Pierangelo per idee, proposte, stimoli ed una collaborazione totale e professionale. Un vero vulcano sempre in attività per nuove occasioni di business.”
Carlo Moretti, Sales Channel Development, Il Sole 24 Ore

“Pierangelo is a very knowledgeable and professional in his work and has a great attention to details. His best quality is to achieve - no matter how - his objectives. Franco”
Franco Bizzi, Director at Tisettanta Ltd - London

We had to tackle crucial relationships with top managers of large companies, and he has always been able do drive the relationship. He is also very good in design and implementation of communication activities in the industry environment.”
Bruno Mussini, Operations Director, Joinet S.p.A.- E-Faber Unicredit Group

“I have worked with Pierangelo for the past 6 years. I feel that Pierangelo is highly qualified like IT Consultant, Marketing Manager, Event Organization Chief, PR and Brand Building Manager. He has a long and qualified experience on Information Technology's projects and High level Customer's Relations. He is a very good Chief and assists his co-workers at every opportunity.”
Simone Serni, Marketing & Communication, Capecod

“Pierangelo is definitevly an excellent sales leader that combines his interpersonal skills with a deep understanding of the market and with outstanding team builder capabilities. His abilities and competences have been more and more demonstrated during the years in which we worked as business partners in the "start up".”
Matteo Mille, Chief Technical Officer, Syntek/SpeedEgg - now: Chairman of Italian Committee at Business Software Alliance and Director of Original SW Division at Microsoft Italy


“Pierangelo è molto abile a intrattenere rapporti di tipo relazionale con i clienti. Inoltre è in grado di sviluppare relazioni di tipo industriale conoscendo i processi interaziendali. In sostanza è raccomandabile!”
Principali qualità: Gradevole, Esperto, Grande integrità
Angelo Neri, Presidente Commissione Industriale - Ordine degli Ingegneri dell'Emilia Romagna

I have been working more than 10 years with Pierangelo Raffini at Sinergia Emilia Romagna SRL/Capecod SRL, where he was one of the owners and also head of the Business & Relationship area. We worked together in many projects with different customers, especially in the analysis phase. I always found him accurate and reliable to work with, and has always managed to get a good relationship with clients and partners. I definitely recommend him.”
Andrea Nardi, Project Manager, Capecod

“Pierangelo Raffini is an expert at cultivating and developing professional personal relations. I have learned from him many aspects of business development and software development. He has an entrepreneur approach but can work within a team contributing to a bigger project and he has a very deep knowledge of the Italian corporate world. If you are looking for someone who can open doors for you on some major project, he is the right person.
Pierangelo Raffini è un esperto nel coltivare relazioni personali e professionali. Da lui ho appreso molti aspetti di business e software development. Ha un approccio da imprenditore, ma sa lavorare in squadra e sa come contribuire a grandi progetti in modo efficace e diretto. Ha una profonda conoscenza del mondo delle grandi aziende italiano e se cercate qualcuno che vi possa aprire porte per un progetto importante, Pierangelo è la persona giusta.”
Roberto Mazzoni, Publisher and Direttore Responsabile, Mondadori Informatica

“Pierangelo è una splendida persona. Un uomo affidabile ed integro, moderato, lucido e attento. Un professionista "di altri tempi": preciso, meticoloso, con una visione a 360° dei modelli di business, molto attento alle nuove tecnologie. Ottimo Business Developer ha nella capacità di tessere reti di relazioni a tutti i livelli uno dei maggiori punti di forza. Interagisce costantemente col mondo del business, col mercato reale e con la società civile, con disinvoltura ed efficacia. Un piacere ed una grande esperienza aver lavorato con lui.”
Christian Gironi, Data & Convergence Engineer Enterprise - Funzionario Commerciale - Vodafone

“Pierangelo is a very serious, effective, business oriented, sales and PR manager/consultant. He has a large network of knowledge and of customers/partners built in over 30 years of working in IT area. I know Pierangelo since 1995, we've done business together and I've always appreciated his correct and seriuos way to operate in the market. I look forward to have the chance to work together again in the near future and i'd like to reccommend Pierangelo's work to others interested in consultancy, either in sales and PR.” Emanuele Mangione, Company Executive, Alekso Consulting Spa

“Pierangelo è un professionista serio e preparato e nell'ambito della nostra relazione professionale ho apprezzato le notevoli caratteristiche umane e professionali.”
Dante Laudisa, Vice President Financial Services, SEMPLA SPA

“I had the pleasure to work closely with Pierangelo and he is a highly experienced and skilled expert in PR and BTB communications.”
Eleonora Scilanga, Marketing Communications Manager, Psion Teklogix

“Castellano: Pierangelo me proporcionó las primeras herramientas informáticas, entregándome productos de la máxima calidad, cuidando todos los detalles. Siempre ha demostrado una especial atención para las relaciones humanas y profesionales, también en los años siguientes a nuestra primera relación. En la actualidad sigo contando con su apoyo a pesar de la distancia que ahora nos separa, manteniendo una estrecha y constante colaboración en el ámbito profesional como en las relaciones interpersonales. En resumen lo definiría como una persona ejemplar, competente en su profesión y muy entregado como ser humano.

English: Pierangelo gave me the first informatic tools, delivering me the highest quality products, with great attention to all details. He has always shown particular attention to human and profesioal relations and, also in the years following our first relationship. Today I continue to count on his support despite the distance that now separates us, to maintain close and constant collaboration in professional and interpersonal relationships. In summary I would define him as an excepcional person, competent in his profession and very devoted as a human being.

Italiano: Pierangelo mi fornì i primi strumenti informatici, consegnandomi prodotti della massima qualità, preoccupandosi di tutti i dettagli. Ha sempre dimostrato una particolare attenzione per le relazioni umane e professionali, anche negli anni seguenti alla nostra prima relazione. Attualmente continuo godendo del suo appoggio nonostante la distanza che ora ci separa, mantenendo una stretta e costante collaborazione sia in ambito professionale che nelle relazioni interpersonali. In definitiva lo descriverei come una persona esemplare, competente nella sua professione e molto disponibile come essere umano.” 23 novembre, 2009
Principali qualità: Ottimi risultati, Gradevole, Grande integrità
Umberto Cammarata - Owner

“A Pierangelo riconosco grandi doti di relazione, gestione del rapporto e grandi capacità comunicative.”
Marco Gasparri, Chief of Board, AEPI Group

“Ho avuto modo di lavorare con Pierangelo per alcuni anni e conseguentemente di apprezzarne le capacità. Pierangelo non è solo un uomo di business capace e accorto, ma è anche una persona con cui risulta facile relazionarsi e collaborare”
Fabio Poli, Project Manager, Capecod

"Pierangelo, con la sua competenza e la sua passione, è il partner d'eccelenza per tutte le aziende ed i professionisti che intendono sviluppare il proprio profilo e la propria visibilità verso un mercato sempre più esigente. I suoi interventi mirati, uniti alla capacità di cogliere e supportare le necessità della realtà nella qule viene coinvolto, hanno come risultato un'accelerazione nella direzione dell'immagine e della visibilità rispetto al mercato, con evidenti ritorni in termini di business per il cliente.”
Alessandra Riva, Business Coach & Team Trainer, ACCOMPLI

“Very clear man. A gentleman, believe me. It's a pleasure to have a business with him.”
Massimo Calvi, Owner, Rizomedia

“Pierangelo is a very emphatic guy and it'always a pleasure to work with him and his staff. During these years we were involved in many projects concerning e-commerce, corporate intranet and document management. If you are looking for a quick, effective, reliable partner Pierangelo can surely assist you, but he can do his best when fantasy, dining and talking about books are "soft components" of the project..........” 8 luglio, 2008
Principali qualità: Ottimi risultati, Gradevole, Grande integrità
Ferruccio Maccarini (LION), Responsabile Processi Interni - UBI Sistemi & Servizi

“Pierangelo is a highly skilled professional, thanks to his competence, his long experience in the field, as well as to the passion and dedication to his work.”
Max Formisano, Owner, Max Formisano Training Coaching & Consulting s.r.l.

“Ho collaborato con Pierangelo nella mia attività all'Università e ho sempre trovato in lui grande preparazione, disponibilità e concretezza”
Carlo Boschetti, prof., Bologna University

Eticità, correttezza, professionalità e competenza. Questo è Pierangelo Raffini.”
Principali qualità: Gradevole, Conveniente, Grande integrità
Fabio Monti, Direttore Fondazione RUI

“I have had the pleasure to work with Pierangelo, and found him to be honest, hardworking, very approachable and successful in his career. If you are looking for someone to work with who you can trust – he’s your man. I would highly recommend him.”
Sebastiano Zanolli, General Manager, Diesel Italia S.p.a. - Scrittore

sabato 12 febbraio 2011

Quando vince il manager "garbato"

Quando vince il manager "garbato" Come uscire dalla crisi senza mostrare i muscoli alla Marchionne C'è chi ha eliminato il tesserino per l'accesso al lavoro e chi ha istituito la cassa sanitaria per lavoratori e familiari. C'è chi si fa valutare periodicamente dai propri dipendenti e chi ha puntato sull'equità nelle promozioni. Per alcuni manager la crisi si combatte anche cost: dalla Brunello Cucinelli alla Luxottica, ma anche le meno note Termomeccanica e Robur. Una leadership che punta sulla qualità delle condizioni di lavoro e su un'impresa più umana e accogliente (la Nice Company, secondo l'espressione coniata nel libro "Wellness organizzativo" di Marco Rotondi, presidente dell'Istituto Europeo di Neurosistemica, e Walter Passerini). E ora a dar loro ragione c'è anche Harvard: gli impiegati più intraprendenti, dice un recente studio, lavorano e rendono meglio se guidati da un leader meno assertivo ed egocentrico. .La parola chiave è il fatto che l'azienda è più simpatica, più garbata e più dolce e il nuovo manager è meno uomo forte e autocrate ma quasi più coach di una squadra di lavoro., spiega Severino Salvemini, docente di Organizzazione aziendale alla Bocconi. Nella pratica cosa significa? •Dieci anni fa lei entrava nelle aziende e trovava le persone con patumie e occhi bassi. Ora in alcune aziende c'è un grado di disponibilità, di simpatia e cortesia che prima non si trovava. Hanno abbandonato (o stile stressato che caratterizzava il periodo prima della recessione: clima aziendale adrenalinico, dove non si stacca mai e che ha prodotto un sovrautilizzo delle persone, che tappavano i buchi di un'organizzazione incapace di risolvere tutti i problemi. E te aziende ora si interrogano sul migliore bilanciamento del momento lavorativo e personale, sulla gradevolezza degli ambienti e sulla contemporaneità dei valori simbolici dei propri prodotti e servizi. Uno stile potremmo dire à la Olivetti di un tempo.. Un modello ben lontano dallo stile Marchiare* che ultimamente ha tetto la parte del leone. .La crisi ha recuperato un orientamento di leadership motto determinato e autoritario: ventre a terra, breve termine, compressione dei costi, taglio delle risorse in eccesso e recupero dei margini senza se e senza ma. Anche il mostrare i muscoli di Marchiarne viene accettato come un atteggiamento naturale di una logica lavorativa dove i comportamenti che "non rendono" vengono abbandonati. Ma in uno scenario dove uomini granitici e caratteri spigolosi sembrano essere il modello inequivocabile da emulare, ora che si comincia a vedere la luce in fondo al tunnel emergono gli esempi che escono dal coro.. Numeri alla mano, funziona? .Le aziende che stanno facendo bene hanno questa caratteristica. E la differenza emergerà man mano che si va avanti, quando, con la ripresa dell'economia, al capitale umano viene chiesto di dare una spinta innovativa. Non solo. Il risultato di questo nuovo stile è una maggiore attrattiva per i giovani e un'atta fedeltà di dipendenti.. Ma è applicabile in tutti i settori? .È più adatto ai business del made in Italy, a quelle attività ad atta creatività. La Brunel Cucinelli, per esempio, ha inserito produzione e quartier generale in un borgo medioevale sulle colline umbre senza trasformarlo e ha messo l'accento sul benessere dei lavoratori. La Ceretto di Alba ha sviluppato strategicamente un'impresa partendo dal vino e incorporando nel prodotto elementi di arte ed estetica originali. Il Gruppo Gasparotto del vicentino si distingue per un clima manageriale particolarmente collaborativo che veicola ai dipendenti i valori della solidarietà.. Detta così sembra un lusso per piccole élite .Si ritrova certamente più spesso nella provincia e nei contesti locali, soprattutto dove il dipendente si sente particolarmente identificato con l'impresa. Ma sta capitando anche nelle grandi organizzazioni metropolitane e globali: la Kraft Foods ltalii chiude il 2010 con i migliori risultati degli ultimi anni grazie anche a un'organizzazione che si fa notare buona convivenza e consapevolezza dei momenti ricreativi dei dipenderti.

Bonanni Elena

lunedì 7 febbraio 2011

Cari Accademici... Celebriamo i 150 anni dell’Unità d’Italia

Cari Accademici, oltre mezzo secolo fa Giovanni Papini lanciava l’idea di una provocatoria storia scritta alla rovescia. Come si può, infatti, in una storia consuetudinaria, ricordare che circa 2011 anni fa in Palestina nacque un bambino dal nome di Gesù se non sapendo che divenne un grandissimo profeta di una nuova religione mondiale, o che nel 622 un piccolo gruppetto di fedeli guidato da un ancor sconosciuto Maometto, fuggendo verso l’Etiopia dalla penisola araba per sottrarsi alle ritorsioni dei propri parenti, diede avvio a un movimento religioso che poi coinvolse folle enormi? Soltanto guardando indietro si possono riconoscere le radici del proprio presente e quindi progettare e costruire un futuro. Su questa linea cogliere l’occasione degli anniversari diviene importante, anche nella prospettiva secondo la quale ogni generazione deve ricostruire la propria storia, quale elemento di un’ineliminabile ed essenziale identità. Mai come oggi, in un periodo d’intensa se non selvaggia mondializzazione, abbiamo necessità di realizzare una nostra storia identitaria e di cercarne le radici in occasione d’eventi quali sono gli anniversari.

Nell’anno che ora inizia celebreremo la ricorrenza dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia sotto il profilo della cucina del Bel Paese. Una celebrazione che non deve essere ritenuta superflua e fine a se stessa, ma essenziale, in quanto occasione di un necessario approfondimento identitario del nostro essere italiani e Accademici. Una prospettiva che è confortata, nel momento nel quale sto scrivendo questo editoriale, dalla lettura degli elaborati che stanno affluendo dai Centri Studi territoriali e che formeranno i capitoli del libro accademico del centocinquantenario. Materiali di alto livello culturale e che riguardano in buona parte gli aspetti più tradizionali delle nostre cucine regionali, come si sono evolute nel corso degli ultimi centocinquanta anni e come hanno subito, ma soprattutto contribuito, a un processo di unificazione che non ha diminuito, anzi ha esaltato le differenze soprattutto interpretative. Un cibo o un piatto, portato fuori dalla sua regione d’origine, è stato infatti reinterpretato in quella d’arrivo, contribuendo a una serie quasi infinita di reciproci arricchimenti.

Quando l’Emilia Romagna, patria della pasta fresca all’uovo, ha ricevuto la pasta secca di semola, ha avuto la possibilità di reinterpretarla secondo il suo gusto e le sue passate esperienze cucinarie, e così è avvenuto per ogni altro cibo che nell’Italia unita ha trovato fertile terreno di diffusione.

Sulla stessa linea, nel 2011 avremo anche diversi convegni regionali e nazionali che approfondiranno la cucina e la gastronomia del Bel Paese, senza dimenticare quale punto d’alto riferimento sarà la pubblicazione dedicata ai menu del Quirinale, dove i quattro re e gli undici presidenti, con i loro diversi stili, sono anche un aspetto di un’Italia che cambia e che si rende sempre più autonoma, e al riguardo basta pensare al passaggio dalla lingua e dallo stile francese a quelli italiani degli inizi del XX secolo.

Essere Accademia celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia si concreta come cultura, come autocoscienza e modo di fare significante e non solo come fatto o fenomeno autoreferenziale, in una società che muta e che ci pone nuove sfide, e oggi soprattutto quella della comunicazione. Come ebbi a dire in un passato editoriale, la carta stampata non scomparirà, ma non bisogna perdere le occasioni offerte dalle nuove tecnologie informatiche.

La nostra Guida dei ristoranti era stampata e distribuita in circa diecimila copie e conosciuta quasi esclusivamente dai nostri Accademici, soffrendo anche di un aggiornamento annuale. Da quando è stata messa in rete su iPhone, e viene costantemente aggiornata, in pochi mesi è stata acquisita da trentamila utenti: dando per scontato (e non credo sia vero) che tutti gli ottomila e cinquecento Accademici abbiano un iPhone, più di ventimila italiani e stranieri, che sul loro iPhone hanno l’icona della nostra Accademia, sanno che esiste un’Accademia Italiana della Cucina e ne utilizzano il lavoro, con un successo, anche d’immagine, che nessuna altra guida ha. E il numero di chi accede va continuamente crescendo. Non bisogna inoltre dimenticare che il nuovo sito informatico dell’Accademia sta avendo una grande affermazione e in pochi mesi i contatti si sono decuplicati, con un incremento che non cessa.

In una situazione economica generale non entusiasmante e nella quale la nostra Accademia vede scomparire i contributi ministeriali e ridursi quelli del “cinque per mille”, assieme al forte aumento delle tariffe postali, con la collaborazione di tutti bisogna reagire e saper cogliere la sfida della comunicazione elettronica, utilizzando i nuovi sistemi informativi non solo per abbattere i costi, ma soprattutto per ampliare la nostra presenza culturale in Italia e all’estero. E anche questo è un nuovo modo di essere presenti in un’Italia unita dall’informatica e che si apre al futuro.

Soltanto guardando indietro si possono riconoscere le radici del proprio presente e quindi progettare e costruire un futuro. Su questa linea cogliere l’occasione degli anniversari diviene importante, anche nella prospettiva secondo la quale ogni generazione deve ricostruire la propria storia, quale elemento di un’ineliminabile ed essenziale identità. Mai come oggi, in un periodo d’intensa se non selvaggia mondializzazione, abbiamo necessità di realizzare una nostra storia identitaria e di cercarne le radici in occasione d’eventi quali sono gli anniversari.

Nell’anno che ora inizia celebreremo la ricorrenza dei centocinquanta anni dell’Unità d’Italia sotto il profilo della cucina del Bel Paese. Una celebrazione che non deve essere ritenuta superflua e fine a se stessa, ma essenziale, in quanto occasione di un necessario approfondimento identitario del nostro essere italiani e Accademici. Una prospettiva che è confortata, nel momento nel quale sto scrivendo questo editoriale, dalla lettura degli elaborati che stanno affluendo dai Centri Studi territoriali e che formeranno i capitoli del libro accademico del centocinquantenario. Materiali di alto livello culturale e che riguardano in buona parte gli aspetti più tradizionali delle nostre cucine regionali, come si sono evolute nel corso degli ultimi centocinquanta anni e come hanno subito, ma soprattutto contribuito, a un processo di unificazione che non ha diminuito, anzi ha esaltato le differenze soprattutto interpretative. Un cibo o un piatto, portato fuori dalla sua regione d’origine, è stato infatti reinterpretato in quella d’arrivo, contribuendo a una serie quasi infinita di reciproci arricchimenti.

Quando l’Emilia Romagna, patria della pasta fresca all’uovo, ha ricevuto la pasta secca di semola, ha avuto la possibilità di reinterpretarla secondo il suo gusto e le sue passate esperienze cucinarie, e così è avvenuto per ogni altro cibo che nell’Italia unita ha trovato fertile terreno di diffusione.

Sulla stessa linea, nel 2011 avremo anche diversi convegni regionali e nazionali che approfondiranno la cucina e la gastronomia del Bel Paese, senza dimenticare quale punto d’alto riferimento sarà la pubblicazione dedicata ai menu del Quirinale, dove i quattro re e gli undici presidenti, con i loro diversi stili, sono anche un aspetto di un’Italia che cambia e che si rende sempre più autonoma, e al riguardo basta pensare al passaggio dalla lingua e dallo stile francese a quelli italiani degli inizi del XX secolo.

Essere Accademia celebrando i 150 anni dell’Unità d’Italia si concreta come cultura, come autocoscienza e modo di fare significante e non solo come fatto o fenomeno autoreferenziale, in una società che muta e che ci pone nuove sfide, e oggi soprattutto quella della comunicazione. Come ebbi a dire in un passato editoriale, la carta stampata non scomparirà, ma non bisogna perdere le occasioni offerte dalle nuove tecnologie informatiche.

La nostra Guida dei ristoranti era stampata e distribuita in circa diecimila copie e conosciuta quasi esclusivamente dai nostri Accademici, soffrendo anche di un aggiornamento annuale. Da quando è stata messa in rete su iPhone, e viene costantemente aggiornata, in pochi mesi è stata acquisita da trentamila utenti: dando per scontato (e non credo sia vero) che tutti gli ottomila e cinquecento Accademici abbiano un iPhone, più di ventimila italiani e stranieri, che sul loro iPhone hanno l’icona della nostra Accademia, sanno che esiste un’Accademia Italiana della Cucina e ne utilizzano il lavoro, con un successo, anche d’immagine, che nessuna altra guida ha. E il numero di chi accede va continuamente crescendo. Non bisogna inoltre dimenticare che il nuovo sito informatico dell’Accademia sta avendo una grande affermazione e in pochi mesi i contatti si sono decuplicati, con un incremento che non cessa.

In una situazione economica generale non entusiasmante e nella quale la nostra Accademia vede scomparire i contributi ministeriali e ridursi quelli del “cinque per mille”, assieme al forte aumento delle tariffe postali, con la collaborazione di tutti bisogna reagire e saper cogliere la sfida della comunicazione elettronica, utilizzando i nuovi sistemi informativi non solo per abbattere i costi, ma soprattutto per ampliare la nostra presenza culturale in Italia e all’estero. E anche questo è un nuovo modo di essere presenti in un’Italia unita dall’informatica e che si apre al futuro.

Giovanni Ballarini (Presidente dell'Accademia Italiana della Cucina - Istituto Culturale della Repubblica Italiana)

domenica 6 febbraio 2011

Sui soldi... parole attuali su cui meditare

Il problema non è "non avere" o "non fare" i soldi, ma loscopo per cui li usa: questo è il criterio di una moralità autentica, libera e non moralistica.

Don Giussani

Difficoltà

Nelle difficoltà uno sviluppa la capacità di apprezzare la bellezza che esiste negli elementi più semplici della vita.
Quando si fa abbastanza buio, si possono vedere le stelle.
Cercare di trovare occasioni per festeggiare anche quando si è in questi momenti, può apparire difficile, ma aiuta. Anche la musica e le passeggiate servono a meditare e prepararsi alla riscossa.

mercoledì 2 febbraio 2011

La vita e la felicità

La nostra vita non consiste soprattutto e nemmeno in gran parte, in fatti e avvenimenti. La nostra vita consiste soprattutto nella tempesta di pensieri che infuria senza sosta nella nostra mente. Sono i nostri pensieri e non gli eventi, a creare i nostri stati d'animo.
Se diventiamo consapevoli di questo, sapremo gestire i pensieri negativi. Essi vanno ascoltati e poi messi in dubbio, chiedendosi se sono nostri o eredità di qualcun altro. Non facciamoci fagocitare dall'infelicità. 
Tim Hansel diceva: "il dolore è inevitabile, ma l'infelicità è un optional".

La felicità

La felicità umana non nasce tanto da grandi colpi di fortuna, che raramente si verificano, quanto da piccoli vantaggi che si presentano giorno per giorno.

Benjamin Franklin