martedì 22 aprile 2014

Perché ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri


Ho capito il perché "i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri." 
Da un versetto del Vangelo secondo Matteo: "Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha."...

by Pierangelo Raffini


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lunedì 21 aprile 2014

Da Obama e Lady Gaga dieci dritte sull'uso dei social media

Barack ObamaOprah Winfrey e Lady Gaga hanno molto da insegnarci su come usare i social media in modo strategico. Sono le conclusioni a cui è giunto il Cdo Club, gruppo che riunisce i Chief Digital Officers a livello mondiale, ovvero i rappresentanti di questa professionalità emergente che è in qualche modo trasversale all’interno di un’azienda e copre vari ambiti, dal marketing alla comunicazione all’Ict. Durante il summit annuale dei Cdo nel 2013 prestigiosi speaker sono intervenuti sul tema della gestione dei social  media: tra questi Teddy Goff, Digital Director delle due campagne presidenziali di Barack ObamaHarriet Seitler, Cmo e Evp di Harpo Studies di Own (il network di proprietà di Oprah Winfrey, celebre personaggio televisivo negli Usa); Laxmi Wordham, Cdo alla Michael J. Fox Foundation per la ricerca sul Parkinson; Rosemary Maggiore, ex President of Digital per Rachael Ray; e Katarina Markov, capo della Global Innovation alla Atom Factory, agenzia che rappresenta Lady GagaJohn Legend e altri artisti. Ecco le dieci dritte che è stato possibile ricavare dai loro insegnamenti in esclusiva per EconomyUp (qui il link all'infografica).
1.     Sii autentico
“Oprah twitta personalmente – dice Seitler – e lo fa in modo onesto e autentico”. Autenticità e trasparenza sono valori chiave nella vita che tendono a risaltare in ambito social. Quando gli è stato chiesto perché Obama sia riuscito a battere non solo gli avversari repubblicani ma anche gli stessi democratici come Hillary Clinton, Teddy Goff ha risposto: “Autenticità”.
2.     Sii semplice
Occorre essere semplice e sintetici il più possibile. Bisogna saper riassumere un argomento che interessa agli utenti in un paio di frasi se si è su Facebook o su Google Plus, o nei 140 caratteri di Twitter o anche attraverso una semplice infografica.
3.     Sii divertente
Goff doveva convincere i potenziali elettori di Obama a leggere un post sulla politica fiscale, argomento di per sé poco attraente. Così il suo team ha creato un gioco sul sito che induceva gli utenti a cliccare un bottone per avere dettagli sull’argomento. Ma, per i primi secondi, ogni volta che il lettore posizionava il mouse sopra il bottone, quello “svolazzava” per tutta la pagina. In 24 ore, sostiene Goff, il blog ha avuto milioni di like e su Facebook è stato twittato 70mila volte.
4.     Stabilisci la fiducia
Va a braccetto con la lezione numero uno: essere autentici. Dal momento che Oprah twitta in prima persona, dice Seitler, la sua audience “sa che si può fidare e che quello che dice è vero. Questo significa che, quando la conduttrice vuole promuovere o condividere qualcosa, il pubblico a sua volta la condivide”.
Se riesci a creare questa “fondamentale piattaforma di fiducia - prosegue Seitler – le tue parole e i tuoi consigli acquisiranno maggior peso”.
5.     Assumi il controllo
Essere sui social media non significa perdere il controllo della propria immagine. Tempo fa cominciarono a circolare online rumors sul fatto che Lady Gaga stava ingrassando. Per tutta risposta l’artista postò sul suo profilo nei social network una foto in lingerie, annunciando una “rivoluzione del corpo” e invitando i fan a postare proprie foto e condividere le riflessioni sul peso corporeo. Arrivarono migliaia di immagini e di storie. La lezione? Se il buzzing in Rete sulla tua organizzazione è fuori del tuo diretto controllo, per riprendere le redini occorre una risposta intelligente, autentica e strategica.
6.     Stimola la condivisione
La squadra di Goff scoprì, a un certo punto della campagna di Obama, che i follower erano molto interessati ai contenuti pubblicati, ma solo una piccola parte di essi voleva che “gli amici sapessero che erano interessati”. Ma è proprio da questo snodo che parte la viralità in Rete. Quindi chiunque si occupi di strategie per i social media deve chiedersi: quanti e quali sono gli argomenti che i miei utenti non soltanto individuano come preferiti ma desiderano far conoscere alla loro comunità di riferimento (e quindi sono pronti a condividere)?
7.     Acquisisci la proprietà dei dati, della piattaforma e dell’audience
I dati raccolti su quello che i clienti/utenti fanno, condividono e acquistano sono in grado di potenziare enormemente il marketing, il customer service e altre attività commerciali. Ma per poterlo fare occorre possedere questi dati. “Aziende come Facebook e Twitter – spiega Katarina Markov – sono ancora degli intermediari  perché possiedono i dati”. Così la sua agenzia ha creato un social network personale di Lady Gaga chiamato LittleMonsters.com: adesso tutti i dati generati dalle conversazioni social sono mantenuti in-house. Questo contribuisce ad instaurare una relazione più diretta tra Gaga e i fan ma soprattutto a incentivare il business di vendita di musica, profumi, vestiti, biglietti per spettacoli e altro.
8.     Personalizza le informazioni
Durante la campagna presidenziale di Obama, Goff inviò email a ex donors per informarli con precisione quanti dollari avrebbero dovuto nuovamente donare per ottenere uno speciale benefit. È importante poter contattare le persone con messaggi personalizzati e su misura. E se non è possibile essere così precisi come è stato il team di Goff, è comunque utile citare qualcosa di personale, e di particolare valore, per ogni singolo utente.
9.     Facile e veloce
Le persone ricercano la massima velocità e semplicità: questo,  in ambiente social, significa meno formulari e meno click. Goff ha reso le donazioni per Obama estremamente semplici creando un sito di safe-payment. Dopo che il donatore aveva inserito le sue informazioni, il team inviava email di sollecito con la scritta “Premi qui per donare”. Se l’utente cliccava su quel bottone, la donazione veniva presa in carico in modo automatico e sicuro prelevando il denaro dalla carta di credito dell’utente.
10.    Non essere tiepido
Sul web le persone vogliono leggere contenuti impegnativi, interessanti e certamente anche divertenti. Vogliono “roba buona”. Serve un gran lavoro in termini di impegno e di tempo, ma è essenziale: non si può essere timidi, poco attraenti o banali. Occorre essere efficaci e stimolanti.


Startup, che cosa dice il rapporto Guidi

Il ministro delle Sviluppo economico, Federica GuidiIl ministro delle Sviluppo economico, Federica GuidiPer la prima volta un ministro presenta una Relazione sulle startup innovative e  introduce il concetto di valutazione delle policy pubbliche di sostegno all’economia. La responsabile dello Sviluppo economicoFederica Guidi ha disposto la pubblicazione online sul sito del Mise della prima Relazione annuale sullo stato d'attuazione della politica del governo a sostegno dell'ecosistema delle startup innovative. La relazione fotografa la situazione come era meno di due mesi fa, quando queste realtà imprenditoriali iscritte alla sezione speciale del registro delle imprese risultavano essere 1.719: il 30% nel Nord-Ovest, il 28% nel Nord-Est, il 23% al Centro e il 19% nell'Italia meridionale e insulare. I dati risalgono a febbraio perché la Relazione, che è datata 1 marzo 2014, è stata consegnata il mese scorso al presidente della Camera, a quello del Senato, ai presidenti delle Commissioni Industria di entrambe le Camere e al presidente della Repubblica. In assenza di osservazioni, è stata pubblicata. I dati nel frattempo sono cambiati: dalRegistro delle startup innovative di Infocamereaggiornato al 14 aprile, è emerso che siamo arivati a quota 1.941. Quindi, in meno di due mesi, ne sono state iscritte 222 in più: un trend decisamente positivo.
Ma al di là dei numeri il documento è significativo perché introduce per la prima volta il concetto di valutazione delle politiche pubbliche, ovvero prevede che, dopo l’emanazione di una norma, venga elaborata e diffusa pubblicamente una valutazione dei suoi risultati. Nella Relazione, per esempio, sono state “riversate” le osservazioni del Comitato di valutazione e monitoraggio istituito a gennaio. Ovviamente, essendo la normativa sulle startup relativamente recente, il dossier della Guidi scatta una fotografia dell’esistente. È previsto comunque che una volta all’anno, a marzo, il ministro dello Sviluppo economico consegni un rapporto annuale sulle startup innovative. Quello del prossimo anno potrà essere giocoforza più circostanziato e dare maggiore spazio alla valutazione degli effetti della legge sull’economia del Paese.
"Le startup innovative sono al centro della strategia di rilancio del sistema produttivo nazionale cui stiamo lavorando - spiega nel documento il ministro Guidi – perciò sostenendo la nascita e lo sviluppo di nuove imprese innovative vogliamo favorire un approccio di politica industriale premiante per quelle aziende capaci di incidere profondamente sulla competitività e sulla produttività del nostro tessuto economico, generando effetti positivi sull'occupazione, in particolare giovanile. Sotto la mia direzione, l'impegno del ministero dello Sviluppo economico su questo fronte viene, se possibile, ulteriormente rafforzato: diverse sono infatti le nuove misure attualmente in fase di studio, tra queste è ormai  prossimo al lancio il programma Italia Startup Visa, il cui obiettivo è la semplificazione del meccanismo di concessione di visti per i cittadini extra-Ue che intendono avviare una startup innovativa in Italia".
Quanto ai dati contenuti della Relazione, uno degli elementi presi in esame è la distribuzione settoriale delle 1.719 startup innovative censite a febbraio, il 78% delle startup innovative opera nei servizi (in particolare nella produzione di software e nelle attività di ricerca e sviluppo), il 18% nell'industria e nell'artigianato, il 4% nel commercio, ma non mancano esempi di startup attive nel campo del turismo e dell'agricoltura. Sono inoltre 19 (sempre secondo i dati di febbraio) gli incubatori certificati: strutture con esperienza consolidata nell’attività di sostegno alle startup innovative.
Tra le Regioni vince la Lombardia per numero di startup (341), seguita da Emilia-Romagna (192) e  Lazio (177). In coda Calabria (20), Molise (10) e Basilicata (9).
Per quanto riguarda la tipologia prevalgono nettamente le attività connesse con il mondo del digitale sia fra i servizi che nella trasformazione industriale. In particolare, esaminando le 4 cifre della classificazione Ateco 2007, tra le attività dei servizi sono in evidenza le attività di produzione di software (354 imprese), le altre attività di ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle scienze naturali e dell'ingegneria (215), la produzione di portali web (95), consulenza nel settore delle tecnologie dell'informatica (88), altre attività dei servizi connessi alle tecnologie dell'informatica (85).
Tra le attività industriali spicca la fabbricazione di computer e unità periferiche (19 imprese), la fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici (18), la fabbricazionedi altre macchine di impiego generale (15), la fabbricazione di macchine per impieghi speciali – incluse parti e accessori (15), la fabbricazione di strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione – esclusi quelli ottici (14).

domenica 20 aprile 2014

"Viaggiare è molto utile, fa lavorare l’immaginazione..."

“Viaggiare è molto utile, fa lavorare l’immaginazione, il resto è solo delusione e pene. Il nostro viaggio è interamente immaginario, è la sua forza.”

- Céline (Viaggio al termine della notte)

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lunedì 14 aprile 2014

Conosci te stesso

“Conosci te stesso mai attraverso la contemplazione, bensì attraverso l’agire.

Non conta cosa cerchi, ma come lo fai, come ti comporti, come lo vivi. Il cosa e perché vengono dopo.”

- Riflessione ispirata da una frase di Goethe

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domenica 13 aprile 2014

Il capitalismo distrutto dalla finanza


Un Armageddon socioculturale: è lo scontro in corso tra finanza e società. Letteralmente, Armageddon è il luogo del conflitto finale fra bene e male, spesso evocato nella storia a fronte di guerre epocali. Oggi la storia ci mette di fronte a un contesto del genere. Il modello culturale che ha caratterizzato gli ultimi 30 anni, con una finanza egemone, genera ormai soltanto problemi crescenti. La disuguaglianza, la povertà, il degrado morale, la conflittualità, l’individualismo e un livello di esasperazione sociale che sta pericolosamente salendo anche nel nostro Paese sono i frutti velenosi dell’albero di questo modello culturale. "Guardatevi dai falsi profeti, li riconoscerete dai loro frutti" si legge nel Vangelo.
Ebbene, i dati sulla disuguaglianza e le conseguenze sulla tenuta delle società sono la drammatica rappresentazione di questi frutti.
Le 85 persone più ricche al mondo detengono un patrimonio pari a quello di 3,5 miliardi di persone, ovvero la metà della popolazione del pianeta. Nei paesi di cultura anglosassone, considerati i più rappresentativi della democrazia, le disuguaglianze hanno spaccato la società. Negli Usa il reddito dell’1 per cento dei più ricchi è equivalente al 40 per cento del reddito nazionale e il trend sta crescendo: un americano su sei ha bisogno di un buono pasto, la povertà è tornata ai livelli del 1963.
Del resto, la crescita del Pil ha un’utilità negativa perché a parità di tassazione aumentano le disuguaglianze dando risorse superflue ai ricchi, sottraendole alla classe media che tiene in piedi il sistema. Nella Silicon Valley, punta di diamante degli Stati Uniti, si trova "The Jungle", il più grande accampamento dei senzatetto del paese. In questi giorni Barack Obama è stato a Roma per confrontarsi con Papa Francesco che si è fatto testimone della lotta alla povertà e alla disuguaglianza. Un incontro epocale il cui scopo doveva essere quello di stimolare anche negli Stati Uniti politiche di sostegno ai ceti meno abbienti.
Ma il divario fra ricchi e poveri è notevole anche in Gran Bretagna. Le cinque famiglie più abbienti hanno un patrimonio equivalente a quello del 20 per cento più povero del paese, eppure là si propongono meno tasse ai più ricchi e tagli al welfare. Anche noi, in Italia, siamo della stessa partita. La società si sta indebolendo e vive le stesse profonde contraddizioni. Secondo gli ultimi dati disponibili (relativi al 2012, forniti dal dipartimento delle Finanze), il 5 per cento dei redditi più alti dichiarati è pari al 22,7 per cento dei complessivi, e il 10 per cento delle famiglie possiede il 46,6 per cento della ricchezza.
Come non vedere nella supremazia della finanza la causa di questi squilibri sociali? L’affermarsi della finanza come verità accademicamente incontrovertibile e come scienza esatta si fonda su un’ipotesi falsa ma perseguita con lucida determinazione: ha accelerato i processi di concentrazione della ricchezza diventando uno strumento egemonico nelle politiche globali dei governi.
Così è diventata un sistema parassitario, una sorta di locusta dell’economia reale, la quale viene spolpata fino al collasso perché la moneta non genera moneta. Si è erosa la tenuta dei sistemi sociali e compromessa la realizzazione del bene comune, diventato secondario rispetto a quello individuale: chi decide, in finanza, non si pone il problema delle conseguenze delle sue scelte che possono distruggere aziende sane e mettere in difficoltà la tenuta di interi paesi.
La dinamica finanziaria ha continuato a dettare legge ma ha indebolito socialmente i paesi dove si è manifestata dominante (Usa e Gran Bretagna). In queste condizioni è difficile ergersi a paladini della giustizia. L’esito delle tensioni in Siria in modo non bellico ha dato evidenza di questa debolezza contrattuale e ha riportato la Russia di Vladimir Putin a un ruolo di protagonista nei giochi globali. Inoltre, il naturale avvicinamento tra Russia e Germania è nella storia (la grande Caterina era tedesca) e ha contribuito a evidenziare le difficoltà degli Usa nel mantenere una posizione di forza come la vicenda della Crimea ha dimostrato. La finanza dominante comincia dunque a scontrarsi con un modello culturale fondato sull’economia reale, a mettere in discussione il suo potere egemonico oltre che il modello sociale da essa generato.
Anche i recenti investimenti della finanza americana nel nostro Paese (fondo Blackrock), fatti con inusuale rapidità, non sembrano destinati a creare occupazione ma anzi ad avere un ruolo importante nelle politiche finanziarie del Paese. Ma occorre ricordare che la nostra storia si regge su una tradizione di economia reale e di capitale sociale, non di finanza. Quest’ultima non è nel nostro dna, su quel piano saremo sempre perdenti e dominati.
Il vero scontro si giocherà, insomma, nei prossimi anni, nella messa in discussione di un modello socioculturale incardinato su un capitalismo finanziario fine a se stesso che ha generato una crisi sociale e di valori conflittuali. Può essere sostenibile un modello sociale con disuguaglianze e disgregazioni sociali? Può l’economia essere sovraordinata alla società? Può l’economia reale essere un’ancella della finanza? La storia ci dice che non è possibile, ma ancora una volta siamo qui a riprovarci e a rischiare di trovarci davanti al caos, in una sorta di Armageddon, appunto. Saremo capaci di capirlo e di sostituire al "bellum omnium contra omnes" la collaborazione e il senso antico di "societas"? Questa è la vera sfida che ci aspetta.


Sei un capo o un leader ?

“Un capo da la colpa, un leader corregge gli errori” scrive uno scrittore americano, R.H. Ewing. Quali sono i dieci fattori che distinguono un capo da un leader? Scopriamolo insieme con l’aiuto del sito americano di business Inc.com.

1. Un capo pensa di conoscere tutto. Un leader ha sempre voglia di imparare.

2. Un capo fa domande. Un leader cerca le soluzioni.

3. Un capo parla per primo e poi ascolta. Un leader ascolta prima e poi parla.

4. Un capo dirige. Un leader insegna.

5. Un capo critica. Un leader incoraggia.

6. Un capo individua le debolezze dei suoi dipendenti. Un leader ne scopre le qualità.

7. Un capo dice “io”. Un leader dice “noi”.

8. Un capo attribuisce le colpe. Un leader distribuisce le responsabilità.

9. Un capo nasconde le sue debolezze. Un leader le mostra.

10. Un capo pretende risultati. Un leader chiede impegno.

Insomma, ogni team ha un capo, ma poche hanno un leader. Che sa fare la differenza.

Redazione Millionaire.it (http://millionaire.it/sei-un-capo-o-un-leader/)


venerdì 11 aprile 2014

5 riflessioni sulla Leadership

1. Le persone con carisma trasudano di positività. È la prima cosa che noti, avverti la scintilla della vita che c'è in loro. Stare con queste persone scatena forti emozioni. Entusiasmo, felicità, rabbia, piacere per le esperienze che si stanno vivendo. Invitano gli altri a condividere le proprie passioni e li aiutano a far fiorire le loro. 

2. Le persone con carisma ispirano fiducia. Pare che abbiano il mondo sotto controllo. Possiedono grande autostima e appaiono forti e calmi anche quando non lo sono. Hanno fede nelle proprie capacità le loro conoscenze e il loro valore. Non screditano chi hanno attorno, chi collabora con loro. Non le respingono. Se condividi la tua fiducia con altri, essi si sentiranno più forti e saranno con te nella lotta.

3. Le persone carismatiche condividono le loro convinzioni con altre. Credono in qualcosa di potente e per questo lo condividono. Le loro convinzioni e le conseguenti azioni coerenti influenzano gli altri, che li seguono. Ispirano. Non sono mai apatici, sempre in azione, pronti a motivare.

4. Le persone carismatiche sono grandi e potenti narratori. Le persone seguono il coraggio e la passione. Attraverso il racconto sono in grado di influenzare e motivare le persone. Utilizzano la narrazione per farsi comprendere velocemente da tutti, arrivando direttamente alla parte emotiva di ognuno. Pongono attenzione al tono della voce, all'inflessione, alle pause, alla modalità con cui raccontano. Sanno esprimersi chiaramente entrando immediatamente in sintonia con chi li circonda. Usano l'umorismo, la metafora e il simbolismo per informare e coinvolgere.

5. Le persone carismatiche sono empatiche. Sanno metterti al centro dell'attenzione, ti fanno sentire unico. Si concentrano totalmente su di voi. Anche con il corpo. Ti fanno sentire speciale e unico in qualche modo. Concentrano la loro energia su chi gli sta di fronte. Si isolano interiormente e si pongono in ascolto per cogliere, a loro volta, l'energia di chi gli sta di fronte.



martedì 8 aprile 2014

“@LucaSghedoni: Orgoglio,umiltà',autostima e crederci sempre: 4 regole fondamentali del Team vincente”

@LucaSghedoni: Orgoglio,umiltà',autostima e crederci sempre: 4 regole fondamentali del Team vincente

by Pierangelo Raffini

April 08, 2014 at 11:01PM 
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sabato 5 aprile 2014

Sapete cos’è (e come si fa) “Personal Branding”?

Il più grande e più importante compromesso a cui tutti devono essere disposti a scendere è quello di raccontarsi ogni giorno con sincerità e con dettagli personali

Twitter, Facebook, LinkedIn non possono essere, e non lo sono per natura, delle piattaforme su cui sistemare delle informazioni che poi non si vanno più a controllare e ad aggiornare. Piuttosto devono essere il racconto quotidiano del vostro passato e del vostro presente, per avvicinarvi agli obiettivi che volete raggiungere nei prossimi mesi, come farvi invitare come relatori ad un appuntamento pubblico; o nei prossimi anni, come ad esempio cambiare lavoro. Per questo dovete essere disposti a parlare dei vostri piaceri, dare le vostre opinioni, taggare le vostre foto anche, di lavoro e private. Se volete fare “Personal Branding”, quindi, apritevi e mettete sotto ai riflettori il vostro lavoro, le vostre passioni, i vostri desideri, le vostre attività e poi mantenete una comunicazione costante con chi ha deciso di seguirvi: vi permetterà di raggiungere ancora più persone e avvicinarvi ai vostri traguardi.

Per il secondo appuntamento con la nostra “Formazione a Colazione”, all’interno del palinsesto il Tempo delle Donne dedicato ai cambiamenti che stanno caratterizzando le donne e l’Italia, e in collaborazione con ValoreD, il guru indiscusso che ci ha guidato alla scoperta del Personal Branding è stato Marco Massarotto, Co-fondatore e partner di Hagakure, una delle più importanti agenzie di comunicazione digitale italiane; ma sono state fondamentali anche le testimonianze di due professioniste come Francesca Parviero, Specialista di Social Media e Coach per il Personal Branding e Sabrina Lucini, E-Commerce Manager di IKEA Retail e consigliera di ValoreD. Marco Massarotto ci ha fatto capire subito l’importanza del tema con una slide significativa: i Social Media sono, senza dubbio, uno “stile di vita” che si svolge quasi tutto il tempo sul nostro cellulare ed è fatto proprio per tutte quelle persone che pensano di non avere tempo per usarli e si disperano perché non sanno come sfruttarli. La verità è che sono molto più accessibili di quanto non si pensi, non impegnano troppo tempo durante la giornata e anche con poco si possono raggiungere dei risultati soddisfacenti. Tutto facile? No, soprattutto se bisogna ancora prendere confidenza e se avete solo un profilo sui Social principali (attenzione: non essere sul web con una propria pagina non viene preso in considerazione). Non è tutto scontato neanche per chi li usa più spesso: il salto di qualità sta nell’imparare a usare i trucchi della rete per fare emergere i contenuti che scegliete voi.

Una lezione in dieci punti fondamentali che potete rileggere con calma a questo link. Se volete promuovere la vostra storia ma non ve la sentite di mantenere un dominio con il vostro nome e cognome, sappiate che questi, nome e cognome saranno le chiavi più importanti per farvi trovare dai motori di ricerca e farvi associare ai contenuti che preferite. Ogni Social media ha una caratteristica che lo distingue e che può valorizzarvi in modo diverso. La biografia di Twitter, ad esempio, è l’occasione per raccontare, in pochi caratteri e con un tono simpatico, la vostra vita.LinkedIn invece ha bisogno di essere compilato in ogni suo campo con precisione, con più dettagli aggiornati. Le immagini di Facebook, poi, sono da sfruttare per “mostrare” la vostra vita, sia che scegliate di mettere nella vostra copertina la foto del vostro gruppo di lavoro, sia con una breve gallery del vostro ultimo viaggio.

Siate sempre ordinati, archiviate articoli e link che raccogliete sul web e se non li conoscete, imparate il significato di termini come “tag”, “feed” e “bookmarking”: vi saranno molto utili. Se poi avete deciso di aprire un blog, sappiate che la generosità nel condividere la vostra “conoscenza” verrà riconosciuta solo se sarete in grado di offrire un contenuto diverso, originale. Se sarete più bravi degli altri riuscirete a guadagnarci anche soldi veri. Infine misuratevi, sempre: quanti sono i vostri contatti? Quanti di questi si sentono coinvolti da quello che scrivete e potenzialmente lo rilanceranno? Solo in questo modo potrete sapere se state andando nella direzione giusta o se dovete migliorare e ricordate che il web non dimentica perciò attenzione a gaffe ed errori che potrebbero tornare a galla in futuro.

Avete mai fatto “egosurfing”? Cioè avete cercato il vostro nome sui motori di ricerca? Probabilmente sì e avete fatto bene, come ha spiegato Francesca Parviero, anzi fatelo su browser diversi, per verificare quali informazioni vengono esaltate e quali invece rimangono nascoste. E ancora se quelle che volevate mantenere private sono rimaste tali. Controllare tutto è impossibile ma un buon margine per scegliere cosa condividere e con chi lo abbiamo tutti grazie ai filtri, alle liste e alle regole della privacy del vostro Social.«Mantenere dei profili attivi e aggiornati è come prepararsi alla prova costume: pensarci solo quando mancano due settimane alla spiaggia, quindi solo quando cercate lavoro, non vi porterà ad ottenere grandi risultati» ci dice Sabrina Lucini.

Non è un caso se i Social network si chiamano proprio “sociali”. Si basano su connessioni che possono darci la possibilità di avvicinare persone lontane da noi, fisicamente o per importanza, e hanno tutti i vantaggi di una vetrina sul mondo ma poi in cambio chiedono di essere curati e arricchiti con costanza. Se saremo fortunati, e bravi, capiterà anche a noi di trovare un’amica, oltre che collaboratrice, come a Francesca e Sabrina, che concludono confermando quanto Networking, tema del primo incontro di Formazione a Colazione, e Personal Branding siano legati tra loro. Insieme saranno in grado di dare una spinta alle giovani donne di domani? Lo potremo chiedere alla prossima ospite-formatrice Maria Cristina Bombelli, che ci aiuterà a capire come si progetta in modo intelligente il proprio futuro. Vi aspettiamo il 10 aprile.

Kibra Sebhat - La 27 ora - Corriere della Sera (http://27esimaora.corriere.it/articolo/sapete-cose-e-come-si-fapersonal-branding/