martedì 30 settembre 2014

Creatività. Cambiare le regole ha le sue regole

LA CAPACITA' DI INVENTARE RICHIEDE METODO. LASCIATEVI INVESTIRE DAL MONDO E DAL SUO DISORDINE MA CHIEDETE A VOI STESSI SERIETA' E RIGORE. EVITANDO CERTI ERRORI.
Le idee arrivano quando vogliono. Ma occorre trattarle bene, nel momento in cui si presentano alla porta della mente. Occorre metodo nell'immaginazione. Ecco dieci cose da non fare, quando si tratta d’inventare.
1. Non improvvisare
Inventare non vuol dire improvvisare. Vuol dire scegliere tra le idee. Alcune vengono invitate con incontri, studi, letture, viaggi; altre arrivano inattese, sotto forma di illuminazione. Le illuminazioni — i momenti d’improvvisa, sorprendente chiarezza — vanno prese sul serio, come accade nei fumetti (lampadina!). Molte non porteranno a niente, in qualche caso saranno imbarazzanti («Come ho potuto pensare una cosa del genere?»). Altre, dopo aver provocato un iniziale entusiasmo, si riveleranno deboli (sapervi rinunciare è una virtù). Ma alcune daranno frutti. Ogni grande avventura umana è cominciata da una buona idea, che qualcuno ha saputo riconoscere.
2. Non escludere
Occorre favorire associazioni mentali e contaminazioni emotive. Cercare stimoli, aggiungere esperienze e correre qualche rischio. Senza emozioni si esegue, non s’inventa. Molti processi avvengono a nostra insaputa. «È come se la mente mettesse il pilota automatico », spiega Malcom Gladwell nel libro che spiega il funzionamento del pensiero intuitivo (Blink, 2005). Non escludere vuol dire, talvolta, includere. Oggi le nostre intuizioni professionali possono venir messe alla prova, rapidamente e gratuitamente. Da un tweet o un post molto condiviso può nascere un articolo, da un articolo un viaggio, da un viaggio un’inchiesta, da un’inchiesta una rubrica, da una rubrica un libro, da un libro un programma televisivo o uno spettacolo teatrale. Il pubblico è un ottimo coautore, e non imbroglia.
3. Non illudersi
Evitare velleità e superbia. Esaminare le nuove idee con realismo, e scongiurare le interferenze della passione: non tutto ciò che ci piace è opportuno né alla nostra portata. La creatività — come la seduzione e l’arte moderna, a differenza del tango, del nuoto e del biliardo — consente di bluffare, anche con noi stessi. La scrittura, in particolare, spinge verso pericolose illusioni, che altre attività non consentono. Ecco, di nuovo, l’importanza dei social media. Sono un test importante, un freezer per bollori ingiustificati. Se nessuno su Facebook mostra d’essere colpito dalla vostra scrittura, non vi viene il sospetto di non saper scrivere? Per affrontare sfide nuove, poi, è bene convincersi: bisogna imparare, e richiede tempo. Essere avventurosi è ammirevole; essere presuntuosi è irritante.
4. Non sbracare
Evitare sciatteria, pressapochismo e precipitazione. Occorre lavorare con gradualità e precisione ai propri progetti (c’è una differenza tra precisione e pignoleria: i pignoli sono pedanti, i precisi sono romantici). Annotare le proprie idee, correggerle e migliorarle. Curare i dettagli. Molte opere dell’ingegno, prima d’essere completate, appaiono confuse. Invece sono ottime: manca soltanto un po’ di lavoro. L’immaginazione paziente sembra, a qualcuno, una contraddizione in termini. Invece è una virtù che porta risultati. L’illuminazione iniziale viene definita, raffinata, ripulita. Leggete le minute delle poesie di Leopardi o di Ungaretti: non sono impeccabili come il prodotto finale.
5. Non temere
Molti di noi, facendo cose diverse, temono di disperdere le energie e l’attenzione. Prendiamo la professione giornalistica. Quotidiani, libri, televisione, radio, teatro, viaggi, conversazioni, incontri, lingue diverse: provare tante cose aiuta o distrae? Aiuta, a patto di essere disciplinati (vedi punto 4). Ogni esperienza è fonte di conoscenza. La realtà è creativa per definizione. Giovanni Arpino, da tempo autore affermato, frequentava «il Giornale» di Montanelli all’inizio negli anni Ottanta. A chi si stupiva di trovarlo in redazione, rispondeva: «Vengo perché qui scorre la vita ». Continua a scorrere oggi — negli uffici, nelle aziende, in viaggio, sulla Rete — ma qualcuno di noi, al fiume, preferisce lo stagno (e poi si lamenta dei rospi).
6. Non copiare
Esistono idee originali? Albert Einstein diceva ironicamente: «Il segreto della creatività è saper nascondere le proprie fonti». In fondo è vero: noi siamo la conseguenza di chi ci ha preceduti. La vita è in prestito e il mondo è un prestito. Non un furto, però. Imitazione e ispirazione conducono all’invenzione attraverso la sintonia. Uno scrittore legge anche per trovare la giusta frequenza. Una frase suggerisce altre frasi; un’immagine, altre immagini; un luogo, altri luoghi. È normale. Chi scrive deve leggere, chi canta o suona deve ascoltare, chi dipinge deve guardare. Diffidate dei cuochi inappetenti.
7. Non forzare
Le idee originali, l’abbiamo detto, non vengono a comando. E non arrivano se il nostro cervello è perennemente occupato, come i bagni degli autogrill sulle autostrade estive. Bain & Company, una società di consulenza, ha calcolato il numero di comunicazioni in arrivo per ognuno di noi: mille all’anno nel 1970, circa 30 mila oggi. Le idee devono trovare un varco in questa foresta di informazioni. I momenti migliori? Dormiveglia e riunioni (spesso le cose coincidono). Docce, spiagge e palestre. Treni, aerei e automobili (un motivo in più per evitare messaggi, foto e selfie al volante). Le idee arrivano quando non telefoniamo,non rispondiamo, non postiamo, non chattiamo. L’adrenalina è l’additivo delle persone sane; ma calma, pause e riposo sono indispensabili. L’invenzione è come il sesso: se sei preoccupato, non funziona.
8. Non distrarsi
Da Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig: «Alcune cose ci sfuggono perché sono quasi impercettibili e le trascuriamo. Altre non le vediamo proprio perché sono enormi». Le persone creative non si distraggono: hanno antenne sempre in funzione. Sono capaci di trarre spunti da ogni cosa. In ogni campo, oggi, conta l’angolo, il taglio, la confezione delle proposte. Noi giornalisti spesso ce ne dimentichiamo. Credevamo che una testata fosse una garanzia sufficiente. Quando internet, il grande sconquassatore, ha reso accessibili e gratuiti molti contenuti, alcuni prodotti hanno rivelato i propri limiti. Se non saremo capaci d’adattarci, non è la fine del mondo: sarà solo la fine di un’industria. Ormai dovrebbe essere chiaro: chi non fornisce valore non vale. E chi non vale non sopravvive.
9. Non isolarsi
Per creare serve mescolare: talenti e personalità, competenze e generazioni. Alcune combinazioni — esperienza ed entusiasmo, prudenza e incoscienza, cautela e spontaneità — permettono di arrivare lontano. Steve Jobs credeva nella varietà. Nei gruppi di lavoro di Apple chiamava biologi, matematici, letterati e un giurista (non più di uno!). Laszlo Bock, direttore del personale di Google, ha spiegato le caratteristiche che cerca nei nuovi assunti: «Primo: capacità cognitiva, che non è quoziente di intelligenza (Iq). È capacità di imparare e risolvere problemi. Abilità di trattare informazioni al volo, e combinarle. Secondo: capacità di leadership. Quando sei parte di un gruppo, sai farti avanti e condurre? E, quand’è necessario, sei capace di tirarti indietro e lasciar condurre altri?». In California come dovunque: le aziende, oggi, non sono interessate a sapere dove, come e che cosa avete studiato. Vogliono sapere che cosa avete imparato.
10. Non irrigidirsi
La creatività costretta è un ossimoro, ma le organizzazioni non sono convinte. Peter Drucker — guru della gestione aziendale, nato a Vienna nel 1909, naturalizzato americano — disse un giorno: «Molto di quello che chiamiamo management consiste nel rendere la vita difficile a chi lavora». Paradosso ancora attuale: la divisione rigida tra inventori ed esecutori è grottesca. Soprattutto in un luogo come l’Italia, dove in tanti sanno pensare con le mani. In La chiave a stella Primo Levi descrive, con intelligenza e amore, un fenomeno che molti di noi osservano quotidianamente: la genialità del lavoro manuale. Se noi giornalisti avessimo lagname o di un agricoltore, i giornali andrebbero meglio. Per concludere. Invenzione e organizzazione non sono incompatibili. Sono, invece, complementari. «La potenza è nulla senza il controllo», recita una pubblicità di pneumatici. Vale anche nel mondo delle idee: l’immaginazione senza metodo porta fuori strada. Ma il metodo senza immaginazione conduce alla noia. La coazione a ripetere è il marchio della mia generazione, nata negli anni Cinquanta e Sessanta: riproporre invece di proporre, rifare invece di fare, ridire invece di dire. «Una risata vi seppellirà!» minacciavano anarchici e contestatori. E se fosse uno sbadiglio, invece?

Twitter@beppesevergnini
Illustrazione di Luca Dalisi

venerdì 26 settembre 2014

Non ci sono successi a cui non contribuiscano spiriti esuberanti (F.Nietzsche)

Non ci sono successi a cui non contribuiscano spiriti esuberanti (F.Nietzsche)

by Pierangelo Raffini



September 26, 2014 at 06:16AM

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giovedì 25 settembre 2014

LE TENDENZE DELL'ECONOMIA GLOBALE - RELATORE: ALBERTO FORCHIELLI

Le tendenze dell'economia globale - 1 ottobre 2014

Asia, Africa, Americhe, Europa, chi avanza e chi arretra, e l'Italia?
Renzi ed il suo governo: ce la possono fare?
…e come sono considerati nel mondo?

Relatore
Alberto Forchielli
CEO di Mandarin Capital e Presidente di Osservatorio Asia

Presiede
Pierangelo Raffini
Centro Studi Luigi Einaudi

segue dibattito e replica
Alberto Forchielli
Pier Giacomo Rinaldi Ceroni
Bruno Solaroli


ORGANIZZATO DA:
- CENTRO STUDI "L. EINAUDI"
- CENTRO STUDI “A. DE GASPERI”
- OSSERVATORIO ASIA
- IMPRESE E PROFESSIONI




giovedì 11 settembre 2014

#Eccletismi http://ift.tt/1xO5VLO 3 ottobre Imola

#Eccletismi http://ift.tt/1xO5VLO 3 ottobre Imola

Immagini per pensieri - 3\12 ottobre 2014
Il Centro Studi Luigi Einaudi presenta Eclettismi, una mostra di immagini e racconti. Si tratta di una combinazione di elementi diversi: fotografie e pensieri che hanno l'obiettivo di generare reazioni positive, riflessioni, ricordi. Gli scatti fotografici sono attimi di memoria privata, ma se condivisi, diventano suggestioni pubbliche: occasioni di confronto.
Prossime tappe: Milano e Roma

by Pierangelo Raffini




September 11, 2014 at 04:09PM

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sabato 6 settembre 2014

L'azionista cinese

Come cambia la finanza anche in Italia: Fiat, Generali, Telecom, Eni, Enel, Prysmian, ma anche Snam e Terna I fondi, guidati dalla banca centrale cinese hanno puntato su Piazza Affari circa 5 miliardi. Alleati ingombranti o salvatori? Di certo promettono di rimanere a lungo. 


IL SIGNOR Zhou Xiaochuan, figlio di un vice ministro dello Sviluppo degli anni di Mao, ha sposato Li Ling, funzionaria del ministero del Commercio di Pechino, personaggio chiave nelle trattative con Washington
al Wto. Cinque anni fa Forbes aveva definito Zhou e Li «la coppia che l’amministrazione Obama dovrà tenere d’occhio quando gli Stati Uniti dovranno difendere il loro ruolo negli scambi mondiali». Quel momento è arrivato. Non solo per gli Stati Uniti.

Negli ultimi giorni di luglio gli uomini di Zhou hanno delegato la filiale torinese di State Street Bank and trust a presentarsi all’assemblea straordinaria Fiat del primo agosto con due distinti pacchetti di azioni: il più piccolo ha votato sì alla fusione con Chrysler. Il pacchetto più grande ha votato no. Soprattutto, la stragrande maggioranza delle azioni Fiat possedute dal signor Zhou non è intervenuta in assemblea. Perché Zhou è un uomo al di sopra delle beghe dell’alta finanza, è una istituzione: è il governatore della People’s Bank of China, la banca più grande del mondo. Da solo possiede il 2% di Fiat. Non solo di Fiat. In Italia l’istituto del governatore è azionista di Telecom, Prysmian, Eni, Enel e Generali. Negli ultimi mesi ha speso circa 3 miliardi di euro e si sta insinuando nei gangli vitali dell’economia della Penisola raccogliendo partecipazioni in quello che un tempo era il salotto buono della finanza nazionale. Non per caso l’istituto guidato dal signor Zhou è entrato nella top ten dei paperoni della Borsa italiana: è all’ottavo posto con 3,116 miliardi di euro investiti, poco sotto la famiglia Agnelli che ha proprietà per 3,456 miliardi.

People’s Bank of China è il principale ma non l’unico grande investitore che si è mosso negli ultimi mesi in Italia. Il 31 luglio scorso State Grid Corporation of China, la più grande compagnia di servizi pubblici del mondo, ha acquistato il 35 per cento di Cdp Reti, la holding della Cassa Depositi e prestiti che controlla il 30% di Snam, la società che distribuisce il gas in Italia e il 29,8% di Terna, l’ente gestore della rete elettrica italiana. I cinesi nomineranno un consigliere di amministrazione nelle due società e due consiglieri su cinque in Cdp Reti. Per l’operazione il colosso di Pechino (un gruppo da 1,5 milioni di dipendenti che gestisce l’88% della rete elettrica cinese) ha speso 2,1 miliardi di euro. Tra pochi mesi la distribuzione di energia in Italia parlerà cinese per un terzo.

Qual è l’interesse cinese ad investire in un Paese tanto vituperato, almeno a parole, dagli investitori e i guru delle borse occidentali? «Il rapporto qualità/prezzo», è la prima risposta di Cesare Romiti. L’ex presidente di Fiat è oggi alla guida della Fondazione Italia-Cina: «Il made in Italy è molto apprezzato a Pechino — spiega Romiti — e non stupisce che gli investitori cinesi trovino conveniente investire da noi. Dirò che le operazioni viste in questa estate saranno seguite a breve da altri investimenti molto importanti». Certo, il fascino
commerciale del made in Italy può spiegare interventi in campi come la moda o i vini doc. Da maggio la presidente del consiglio di amministrazione di Krizia non è più la fondatrice, Mariuccia Mandelli, ma la signora Zhu Chon Un di Shenzen Marisfrolg Fashion che ha rilevato la casa milanese in aprile. E nel Chianti la cascina Casanova- La Ripintura è stata venduta con 5 ettari di vigneto a una casa farmaceutica di Hong Kong. «Le classi benestanti cinesi — spiega Romiti — cominciano ad apprezzare le bellezze italiane».

Ma che cosa spinge invece i fondi cinesi ad acquistare quote di Eni, Enel, Generali, Telecom? Non si può certo sostenere che si tratti di brand identificati con il fascino del Made in Italy. Giuseppe Berta, professore alla Bocconi e storico dell’industria, invita a non lanciarsi in dietrologie: «Non ci vedrei dietro nessuna strategia particolare. In questo periodo il mercato internazionale offre agli investitori di Pechino occasioni di acquisto migliori di quanto non possa proporre il mercato interno cinese». Insomma, anche se si tratta di investimenti in settori certamente strategici, sono il frutto di scelte finanziare e non i carrarmatini di un risiko.

Tra gli «importanti annunci» a breve di cui parla Cesare Romiti, potrebbe esserci un rilevante investimento nel settore dell’automobile. Il 16 ottobre sarà in Italia il premier cinese, Li Keqiang, che insieme a Matteo Renzi firmerà una serie di accordi commerciali. Sarà l’occasione per discutere dell’offerta della Brilliance, la casa automobilistica che in Cina produce su licenza Bmw. Brilliance ha annunciato di voler produrre auto in Italia. Nella sua recente visita a Termini Imerese Renzi ha ipotizzato che Brilliance possa subentrare a Fiat per far tornare a funzionare le linee di montaggio nello stabilimento siciliano. Altre ipotesi parlano di un interesse del costruttore per rilevare la ex De Tomaso di Torino sfruttando la presenza nell’area piemontese
di un vasto indotto dell’automotive che già da tempo lavora per i costruttori di Pechino. In ogni caso potrebbe essere cinese il primo costruttore di automobili a rompere il decennale monopolio della Fiat nella Penisola.

Quel che è comunque evidente è il clamoroso salto di qualità seguito dagli investimenti negli ultimi mesi. Non sempre però l’iniziativa parte da Pechino. Nel caso di Brilliance, ad esempio, è stato Renzi, nel recente viaggio in Cina, a sollecitare l’intervento per risolvere la grave crisi di Termini Imerese. Perché, questa è una delle novità, i capitali cinesi cominciano a funzionare come per decenni hanno funzionato quelli arabi: intervengono approfittando delle situazioni di crisi scambiando liquidità con ruolo nei consigli di amministrazioni. Una strada che aveva iniziato proprio la Fiat, nel 1976, quando aveva accettato i capitali di Gheddafi (salvo poi pagare a peso d’oro la loro uscita di scena nel 1986 per le accuse di terrorismo al governo di Tripoli) e che è proseguita con altri interlocutori fino a questi mesi: l’ultimo esempio è l’alleanza- salvataggio di Alitalia da parte degli sceicchi di Ethiad. Gli stessi che negli anni scorsi entrano entrati in Ferrari quando il Lingotto era in grave crisi. I cavalieri bianchi di domani verranno invece da Pechino? Romiti si mostra prudente: «Non li chiamerei cavalieri bianchi. La strategia dei cinesi è quella di investire a lungo termine, anche approfittando di situazioni vantaggiose dovute magari alle difficoltà di qualche società». Insomma, pare di capire che, una volta arrivati, gli investitori cinesi non se ne andranno tanto presto.

Paolo Griseri - R2 - La Repubblica - 5 settembre 2014

MAI VOLTARSI INDIETRO Mai guardarci indietro. Pensare sempre...





MAI VOLTARSI INDIETRO


Mai guardarci indietro.

Pensare sempre che c’è talmente tanto da fare e che ci aspetta, che non ha alcun senso soffermarci su quello che sarebbe potuto essere.


Non è la storia quella, non cambia nulla. Si deve guardare solo avanti una volta presa la decisone o una strada.

Non bisogna concentrarsi mai troppo sui propri errori, non più del necessario per capirli e trarre un utile insegnamento per il futuro che ci attende.


Arricchirci con queste informazioni ci sarà utile per applicare queste lezioni della vita ai problemi che dovremo affrontare giorno per giorno, da quel momento in poi.


In una successione, in una progressione dinamica di crescita che deve stimolare la nostra attenzione per evitare nuovi errori mentre si agisce e individuare - il più possibile - quelli che, inevitabilmente si pareranno davanti alla strada che si sta percorrendo.


Colui che si volge a guardare il suo passato, non merita di avere futuro avanti a sè (Oscar Wilde).




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lunedì 1 settembre 2014

Noi siamo ciò che pensiamo La vera partita nella vita è sapere...





Noi siamo ciò che pensiamo


La vera partita nella vita è sapere che noi non siamo i nostri pensieri.

Quando, ad esempio, arriva un fallimento nel lavoro o negli affari, spesso non accettiamo che le cose siano andate in questo modo.


Pensiamo che ciò che è accaduto non è il nostro vero destino, che dovevamo certamente vincere. Invece non dovremmo pensare a questo, ma accettare ciò che accade. Accettare e accettarsi quando si sbaglia, senza rimproveri, meditando si, ma senza punirsi, è il primo passo verso la propria autoguarigione e verso la gioia di vivere.


E sia quel che sia. Accettare che le cose vadano come vanno aiuta a vivere più sereno.

Non occorre accusarsi di tutte le cose che accadono perchè c’è una legge universale che guida il “tutto”, e mentre lo fa compie una grande opera.


Normalmente a ciascuno viene pagato quanto gli è stato promesso. Il Destino fa la sua strada e non aggiunge e non toglie nulla.


Il fato guida che segue, trascina chi recalcitra. (Seneca)




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