LA CAPACITA' DI INVENTARE RICHIEDE METODO. LASCIATEVI INVESTIRE DAL MONDO E DAL SUO DISORDINE MA CHIEDETE A VOI STESSI SERIETA' E RIGORE. EVITANDO CERTI ERRORI.
Le idee arrivano quando vogliono. Ma occorre trattarle bene, nel momento in cui si presentano alla porta della mente. Occorre metodo nell'immaginazione. Ecco dieci cose da non fare, quando si tratta d’inventare.
1. Non improvvisare
Inventare non vuol dire improvvisare. Vuol dire scegliere tra le idee. Alcune vengono invitate con incontri, studi, letture, viaggi; altre arrivano inattese, sotto forma di illuminazione. Le illuminazioni — i momenti d’improvvisa, sorprendente chiarezza — vanno prese sul serio, come accade nei fumetti (lampadina!). Molte non porteranno a niente, in qualche caso saranno imbarazzanti («Come ho potuto pensare una cosa del genere?»). Altre, dopo aver provocato un iniziale entusiasmo, si riveleranno deboli (sapervi rinunciare è una virtù). Ma alcune daranno frutti. Ogni grande avventura umana è cominciata da una buona idea, che qualcuno ha saputo riconoscere.
2. Non escludere
Occorre favorire associazioni mentali e contaminazioni emotive. Cercare stimoli, aggiungere esperienze e correre qualche rischio. Senza emozioni si esegue, non s’inventa. Molti processi avvengono a nostra insaputa. «È come se la mente mettesse il pilota automatico », spiega Malcom Gladwell nel libro che spiega il funzionamento del pensiero intuitivo (Blink, 2005). Non escludere vuol dire, talvolta, includere. Oggi le nostre intuizioni professionali possono venir messe alla prova, rapidamente e gratuitamente. Da un tweet o un post molto condiviso può nascere un articolo, da un articolo un viaggio, da un viaggio un’inchiesta, da un’inchiesta una rubrica, da una rubrica un libro, da un libro un programma televisivo o uno spettacolo teatrale. Il pubblico è un ottimo coautore, e non imbroglia.
3. Non illudersi
Evitare velleità e superbia. Esaminare le nuove idee con realismo, e scongiurare le interferenze della passione: non tutto ciò che ci piace è opportuno né alla nostra portata. La creatività — come la seduzione e l’arte moderna, a differenza del tango, del nuoto e del biliardo — consente di bluffare, anche con noi stessi. La scrittura, in particolare, spinge verso pericolose illusioni, che altre attività non consentono. Ecco, di nuovo, l’importanza dei social media. Sono un test importante, un freezer per bollori ingiustificati. Se nessuno su Facebook mostra d’essere colpito dalla vostra scrittura, non vi viene il sospetto di non saper scrivere? Per affrontare sfide nuove, poi, è bene convincersi: bisogna imparare, e richiede tempo. Essere avventurosi è ammirevole; essere presuntuosi è irritante.
4. Non sbracare
Evitare sciatteria, pressapochismo e precipitazione. Occorre lavorare con gradualità e precisione ai propri progetti (c’è una differenza tra precisione e pignoleria: i pignoli sono pedanti, i precisi sono romantici). Annotare le proprie idee, correggerle e migliorarle. Curare i dettagli. Molte opere dell’ingegno, prima d’essere completate, appaiono confuse. Invece sono ottime: manca soltanto un po’ di lavoro. L’immaginazione paziente sembra, a qualcuno, una contraddizione in termini. Invece è una virtù che porta risultati. L’illuminazione iniziale viene definita, raffinata, ripulita. Leggete le minute delle poesie di Leopardi o di Ungaretti: non sono impeccabili come il prodotto finale.
5. Non temere
Molti di noi, facendo cose diverse, temono di disperdere le energie e l’attenzione. Prendiamo la professione giornalistica. Quotidiani, libri, televisione, radio, teatro, viaggi, conversazioni, incontri, lingue diverse: provare tante cose aiuta o distrae? Aiuta, a patto di essere disciplinati (vedi punto 4). Ogni esperienza è fonte di conoscenza. La realtà è creativa per definizione. Giovanni Arpino, da tempo autore affermato, frequentava «il Giornale» di Montanelli all’inizio negli anni Ottanta. A chi si stupiva di trovarlo in redazione, rispondeva: «Vengo perché qui scorre la vita ». Continua a scorrere oggi — negli uffici, nelle aziende, in viaggio, sulla Rete — ma qualcuno di noi, al fiume, preferisce lo stagno (e poi si lamenta dei rospi).
6. Non copiare
Esistono idee originali? Albert Einstein diceva ironicamente: «Il segreto della creatività è saper nascondere le proprie fonti». In fondo è vero: noi siamo la conseguenza di chi ci ha preceduti. La vita è in prestito e il mondo è un prestito. Non un furto, però. Imitazione e ispirazione conducono all’invenzione attraverso la sintonia. Uno scrittore legge anche per trovare la giusta frequenza. Una frase suggerisce altre frasi; un’immagine, altre immagini; un luogo, altri luoghi. È normale. Chi scrive deve leggere, chi canta o suona deve ascoltare, chi dipinge deve guardare. Diffidate dei cuochi inappetenti.
7. Non forzare
Le idee originali, l’abbiamo detto, non vengono a comando. E non arrivano se il nostro cervello è perennemente occupato, come i bagni degli autogrill sulle autostrade estive. Bain & Company, una società di consulenza, ha calcolato il numero di comunicazioni in arrivo per ognuno di noi: mille all’anno nel 1970, circa 30 mila oggi. Le idee devono trovare un varco in questa foresta di informazioni. I momenti migliori? Dormiveglia e riunioni (spesso le cose coincidono). Docce, spiagge e palestre. Treni, aerei e automobili (un motivo in più per evitare messaggi, foto e selfie al volante). Le idee arrivano quando non telefoniamo,non rispondiamo, non postiamo, non chattiamo. L’adrenalina è l’additivo delle persone sane; ma calma, pause e riposo sono indispensabili. L’invenzione è come il sesso: se sei preoccupato, non funziona.
8. Non distrarsi
Da Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta di Robert M. Pirsig: «Alcune cose ci sfuggono perché sono quasi impercettibili e le trascuriamo. Altre non le vediamo proprio perché sono enormi». Le persone creative non si distraggono: hanno antenne sempre in funzione. Sono capaci di trarre spunti da ogni cosa. In ogni campo, oggi, conta l’angolo, il taglio, la confezione delle proposte. Noi giornalisti spesso ce ne dimentichiamo. Credevamo che una testata fosse una garanzia sufficiente. Quando internet, il grande sconquassatore, ha reso accessibili e gratuiti molti contenuti, alcuni prodotti hanno rivelato i propri limiti. Se non saremo capaci d’adattarci, non è la fine del mondo: sarà solo la fine di un’industria. Ormai dovrebbe essere chiaro: chi non fornisce valore non vale. E chi non vale non sopravvive.
9. Non isolarsi
Per creare serve mescolare: talenti e personalità, competenze e generazioni. Alcune combinazioni — esperienza ed entusiasmo, prudenza e incoscienza, cautela e spontaneità — permettono di arrivare lontano. Steve Jobs credeva nella varietà. Nei gruppi di lavoro di Apple chiamava biologi, matematici, letterati e un giurista (non più di uno!). Laszlo Bock, direttore del personale di Google, ha spiegato le caratteristiche che cerca nei nuovi assunti: «Primo: capacità cognitiva, che non è quoziente di intelligenza (Iq). È capacità di imparare e risolvere problemi. Abilità di trattare informazioni al volo, e combinarle. Secondo: capacità di leadership. Quando sei parte di un gruppo, sai farti avanti e condurre? E, quand’è necessario, sei capace di tirarti indietro e lasciar condurre altri?». In California come dovunque: le aziende, oggi, non sono interessate a sapere dove, come e che cosa avete studiato. Vogliono sapere che cosa avete imparato.
10. Non irrigidirsi
La creatività costretta è un ossimoro, ma le organizzazioni non sono convinte. Peter Drucker — guru della gestione aziendale, nato a Vienna nel 1909, naturalizzato americano — disse un giorno: «Molto di quello che chiamiamo management consiste nel rendere la vita difficile a chi lavora». Paradosso ancora attuale: la divisione rigida tra inventori ed esecutori è grottesca. Soprattutto in un luogo come l’Italia, dove in tanti sanno pensare con le mani. In La chiave a stella Primo Levi descrive, con intelligenza e amore, un fenomeno che molti di noi osservano quotidianamente: la genialità del lavoro manuale. Se noi giornalisti avessimo lagname o di un agricoltore, i giornali andrebbero meglio. Per concludere. Invenzione e organizzazione non sono incompatibili. Sono, invece, complementari. «La potenza è nulla senza il controllo», recita una pubblicità di pneumatici. Vale anche nel mondo delle idee: l’immaginazione senza metodo porta fuori strada. Ma il metodo senza immaginazione conduce alla noia. La coazione a ripetere è il marchio della mia generazione, nata negli anni Cinquanta e Sessanta: riproporre invece di proporre, rifare invece di fare, ridire invece di dire. «Una risata vi seppellirà!» minacciavano anarchici e contestatori. E se fosse uno sbadiglio, invece?
Twitter@beppesevergnini
Illustrazione di Luca Dalisi