
In breve è un romanzo - "spaccato di vita" - che descrive la situazione senza regole negli anni '90, nel settore finanziario nella "grande mela". Spiega ad esempio come un broker di Wall Street che non guadagnasse almeno 900 mila dollari al terzo anno di attività era considerato poco più di un fallito. I migliori triplicavano questa cifra. Ma nessuno riusciva a raggiungere i livelli del «Lupo»: 25 milioni ogni sei mesi. Ecco quanto intascava Jordan Belfort, grazie alla sua società di brokeraggio Stratton Oakmont, una delle più spericolate nella storia americana.Belfort trattava azioni a microcapitalizzazione da 5 dollari, un prodotto finanziario di solito ceduto a investitori poco esperti, in grado di speculare al massimo con qualche migliaio di dollari. L'idea del Lupo era la vendita organizzata di queste azioni a investitori ricchi, muovendo cifre a sei zeri. L'affare ha funzionato e, a 26 anni, lo ha fatto decollare nell'olimpo dei «padroni dell'universo», tra droghe di ogni genere, orge ed eccessi. Almeno fino a quando l'Fbi non ha interrotto la festa.Frode, riciclaggio di denaro, evasione fiscale, insider trading... Belfort ha collaborato con le autorità e se l'è cavata con 22 mesi di detenzione. Oggi, a 45 anni, ha pubblicato la sua autobiografia: Il lupo di Wall Street (Rizzoli), l'ascesa e la caduta di un avventuriero geniale e corrotto.
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