martedì 28 dicembre 2010

Un mondo che è scomparso: eppure sono solo gli anni ottanta e novanta.

Erano i simboli del progresso tecnologico quotidiano. In dieci anni Internet e il cellulare li hanno rottamati

Hai ancora un videoregistratore, un’enciclopedia in 20 volumi, i tomi cartacei delle Pagine Gialle? Sinceramente: da quanto tempo non li usi? Verrebbe voglia di buttarli giù dalla finestra, si fosse meno civilizzati. Verrebbe anche voglia di cercare i colpevoli, andando subito a parare nei soliti sospetti, in primis Steve Jobs e Mark Zuckerberg. Le celebrazioni per il decennio che si chiude venerdì prossimo comportano anche quest’esercizio di pulizia mentale: la rassegna delle cose che non servono più, oggetti che magari ci sono costati un sacco di soldi, e dei luoghi che non abbiamo più ragione di frequentare. I negozi di dischi, per esempio; e fra un po’, tragedia, pure le librerie, se attaccano i trend in arrivo dagli Stati Uniti.

Ci ha provato con sadica minuzia il sito Business Insider, subito rimbalzato dal collettore di notizie Huffington Post. E ci è riuscito così bene da suscitare, fino al momento in cui scriviamo, 1396 commenti, tra il nostalgico e l’imbestialito. Non è semplice assistere all’uscita di scena dei feticci che ci hanno accompagnato. Tra chi ha voluto dire la sua c’è anche chi rimpiange le cabine del telefono. E chi segnala che, sì, è vero, il fax non servirebbe più a niente. Se non fosse che è l’unico mezzo per trasmettere una firma. Cosa che all’e-mail ancora non riesce. I cd, certo: ammazzati da iTunes. I videoregistratori soppiantati dai servizi on-demand e dallo streaming; e bisogna dire ciao ciao per sempre anche alle ultime, superstiti cassette Vhs.

Volano nei grandi pascoli dei cieli merceologici anche le agende di carta, sempre che non si sia divorati dall’ansia di perdere tutto per un blackout, e sembra ieri quando la filofax ad anelli rigonfia di contatti era lo status symbol più prezioso per il rampante Anni Ottanta (il rolodex da scrivania, feticcio newyorkese, da noi invece non ha mai attecchito granché). Finite le contorsioni in macchina per ripiegare come si deve la cartina stradale, niente più visite al negozio per far sviluppare le foto delle vacanze, silenziato per sempre il «buzzz» del modem che, appena dieci anni fa, ci faceva sognare perché segnalava che stavamo per entrare «in rete». Di lì, non siamo praticamente più usciti: anche se allora dovevamo farlo stando alla scrivania e ora è tutto in uno scatolino che ci portiamo appresso.

A rischio, grave, cose di cui mai avremmo pensato di poter fare a meno, come le conversazioni al telefono, gli orologi da polso, i francobolli, perfino l’odiosa radiosveglia che, già in agonia, si tentò di umanizzare con suoni orientaleggianti, felpatamente New Age. Quanto alle lettere scritte a mano, bisognerà farsene una ragione. È vero che si segnalano, in controtendenza, certi seguitissimi corsi di calligrafia, ma par di capire che i nuovi Abelardo ed Eloisa al massimo twitteranno. Commenta un post dalla Scandinavia: «Mia zia ci ha sempre incoraggiato a scrivere con la penna senza pensare ai futuri sviluppi tecnologici, ma l’altro giorno mi ha confessato di essersi sbagliata.

La posta su carta è morta». E i venditori di enciclopedie porta-a-porta, tipo Carlo Verdone in «Acqua e sapone»? Tutti finiti a lavorare in un call center: oggi basta un’occhiata a Wikipedia e ti togli qualsiasi dubbio. I Quindici, Conoscere, quei volumi colorati da stanza dei ragazzi sono diventati teneramente obsoleti come il Mago Zurlì. Ma è il caso del fax a suscitare un deciso risentimento, per la brevità della sua permanenza tecnologica nella nostra vita. Quando si materializzò negli uffici, primi Anni Ottanta, sembrò un manufatto alla Star Trek connesso al mistero della telecinesi. Oggi è un pezzo di ferraglia ingombrante e polveroso, se ce l’hai lo nascondi, peggio ancora se è incorporato a quell’altro cimelio garibaldino che è il telefono fisso.

Restano infine, nella lista di Business Insider, un paio di concetti astratti che suscitano qualche osservazione vertiginosa. Pare sia finito il senso del ricordare, perché tanto qualsiasi cosa te la ritrovi sul Web, dal numero di telefono del dentista al cognome del compagno di banco in quinta ginnasio: opportunità interessante per i boomers senescenti. Sembra però che si sia dileguata anche ogni differenziazione fra vita privata e vita professionale, perché se sei connesso lo sei indifferentemente, per il capo come per gli amici: e il cellulare intelligente, bombardandoti di mail, non fa distinzioni. È il progresso, bellezza, e non ci puoi fare niente.

EGLE SANTOLINI - La Stampa

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