lunedì 31 dicembre 2012

Cucinelli “I nuovi mercati sognano l’Italia. Per questo abbiamo un futuro d’oro”

La sua azienda è stata l’unica a quotarsi alla Borsa di Milano nel 2012. Un record impreziosito dall’andamento del titolo: il 27 aprile le azioni Brunello Cucinelli hanno debuttato a 7,75 euro, oggi viaggiano stabilmente sopra i 13. D’altronde, il fatturato di questa impresa nata da un’intuizione nel 1978 - colorare i pullover in cashmere - è cresciuto costantemente in doppia cifra, anche in questi anni di recessione, passando dai 120 milioni del 2007 ai 280 attesi quest’anno, con utili superiori ai 20 milioni a fine 2011. Al punto che l’imprenditore umbro ha deciso di regalare un premio extra di cinque milioni ai suoi 783 dipendenti, poco più di 6 mila euro a testa distribuiti alla vigilia di Natale.

Un successo imprenditoriale, insomma. Eppure, durante un colloquio di oltre un’ora per preparare questa intervista, Brunello Cucinelli ha raccontato la storia sua e della sua azienda senza pronunciare mai - mai - espressioni come «budget», «Ebitda» o «tassi di interesse». Ha invece parlato di umanesimo e di moralità, del suo sogno di diventare un monaco, di Socrate e della passione per l’imperatore Marco Aurelio («Un genio dell’umanità»), dell’importanza di vivere in un borgo umbro del Trecento - Solomeo - che ha restaurato e in cui ha sede l’azienda o delle regole organizzative che si è dato (alle 18 gli uffici chiudono, anche per il titolare, e si fa altro).

Ancora, ha raccontato l’amore per le camminate in solitudine nei boschi, «da cui ritorno ubriaco di bei pensieri», o il piacere di prendere appunti - «due pagine fitte fitte» - ascoltando Roberto Benigni parlare della Costituzione in televisione.
Ragionamenti e suggestioni che si ancorano però ad alcune certezze. La prima, di non essere un romantico visionario, a dispetto dell’originalità dell’approccio agli affari rispetto a tanti colleghi; e i risultati, rileva, sono lì a dimostrarlo. La seconda, di credere che l’Italia non solo riuscirà a superare questa crisi terribile, ma che avrà davanti a sé uno sviluppo inatteso, un «nuovo Rinascimento» grazie alla fame che i nuovi mercati mondiali hanno dei nostri prodotti.

È una filosofia di vita e di impresa che Cucinelli - 59 anni, sposato, due figlie che lavorano con lui - sviluppa attraverso alcune parole-chiave. Eccole.

Dignità
«Ho investito tutto nella dignità dell’essere umano. Se devo dire un segreto per la mia attività, parto da qui. Ho sempre pensato che l’essere umano che lavora in condizioni migliori è più creativo, geniale, ha un livello di responsabilità altissimo. Io vengo da una famiglia di contadini, ho visto mio padre soffrire quando ha lasciato i campi per lavorare in fabbrica, dove si sentiva umiliato, offeso. Non si lamentava dello stipendio, ma di come veniva trattato. E io mi sono detto - avrò avuto 15 o 16 anni - che quello che avrei fatto nella vita, l’avrei realizzato rispettando l’essere umano. Il premio dato a Natale ai dipendenti è un segno di ringraziamento per questi 34 anni insieme. Ma poiché siamo un’azienda quotata, è giusto spiegare che è stata un’elargizione fatta dalla mia famiglia, privata».

Regole
«Nel costruire la mia impresa mi sono ispirato ad alcune regole. Si entra alle 8 e siamo tutti puntuali, ma nessuno lavora dopo le 18. E non è che io vado a casa e mi metto al computer. Anzi, se non devo uscire, magari resto davanti al fuoco a pensare. Nel mio lavoro ho preso a esempio la cultura di San Benedetto, laddove dice di essere rigoroso e dolce, esigente maestro e amabile padre. Dice anche “cura la mente con lo studio, l’anima con la preghiera e il lavoro”. Ecco, io credo che dobbiamo tornare a fare una vita più umana, in cui lavoro, studio e preghiera siano ben bilanciati».

Fascino
«Stiamo continuando a crescere, sì, siamo un’azienda internazionale, esportiamo quasi l’80% dei nostri prodotti. Io, che sognavo di fare il monaco, oggi vivo quasi tre mesi l’anno all’estero, e vi assicuro che c’è un mondo intero, un nuovo mondo, che è affascinato dall’Italia, dai nostri manufatti, dalla nostra bellezza, cultura, unicità. Non esiste un solo cinese che non abbia il sogno di conoscere noi e i nostri prodotti. È ancora un valore essere un’azienda italiana, e poiché siamo sempre la seconda manifattura d’Europa e abbiamo industrie solide e competenze riconosciute, non ho dubbi che il nostro modello di business abbia un futuro».

Rinascimento
«No, non esagero a dire che ci aspetta un secolo d’oro, una nuova primavera, un secondo Rinascimento. C’è un bel momento, intorno al 1535, quando i mercanti tornano dall’America e portano pomodoro, mais e patate e sconvolgono i sistemi di produzione europea. Mi sembra simile alla fase che viviamo oggi, no? Ci sono nuovi mondi che sono arrivati con i loro prodotti e stanno cambiando l’umanità, ma in questo progetto noi siamo al centro, perché per questi popoli noi siamo un punto di riferimento. Quindi è vero che nel breve periodo avremo ancora difficoltà, ci saranno problemi di disoccupazione, ma se guardo a lungo termine vedo che il meglio per il Paese deve ancora arrivare. Certo, dobbiamo essere rigorosi con noi stessi e capire se un’impresa deve cambiare strada rispetto al passato. Come ha detto il ministro Passera, non bisogna più vedere il fallimento di un’azienda come una vergogna, ma come un passaggio a volte necessario per intraprendere una nuova avventura».

Formula
«Non creda che la formula d’impresa che ho realizzato valga solo perché ho un’azienda d’abbigliamento che lavora con il cashmere. Certo, se la nostra sede sorgesse in una zona industriale, avremmo un po’ meno fascino, perché il borgo medievale, il teatro, l’accademia, la biblioteca, beh..., contribuiscono a creare un ambiente particolare. Ma il modello è replicabile, nel mondo del lusso come nell’industria pesante, perché l’essere umano ha gli stessi sentimenti, dal Bangladesh a Perugia».

Coscienza
«Negli ultimi due-tre mesi vedo emergere i segni di una nuova presa di coscienza umana, civile, morale nel nostro Paese. C’è una diversa consapevolezza della realtà e del futuro. Le racconto un episodio. Ogni due mesi facciamo un’assemblea con i dipendenti, analizziamo la situazione, discutiamo di strategie. Nell’ultima, ho detto ai ragazzi: mi raccomando, cerchiamo di essere molto speciali, di risparmiare qualcosa per un amico che ha perso il lavoro, ma continuiamo a credere che possiamo vivere un anno speciale. E ho visto molti con gli occhi lucidi, convinti che siamo ancora una nazione seria, con uomini seri, che non dobbiamo avere paura. Ho visto prima mio nonno, poi mio padre, soffrire la fame, patire la guerra e la dittatura. Come facciamo noi ad avere paura? Oggi vediamo il mondo cambiare, aprirsi, dobbiamo tornare a credere nei grandi ideali».

Artigiani
«Fino a un paio di anni fa una giovane si vergognava di ammettere che faceva la sarta. Oggi non è più così. Sta cambiando la percezione. Io credo fermamente nella grandissima artigianalità italiana, nel valore di produrre tutto qui con artigiani che siano contemporanei, creativi, innovativi. C’è poi il discorso economico. Sapere di cominciare un lavoro per circa 1000 euro al mese, con la prospettiva di arrivare a 1250 dopo otto anni, ecco..., dobbiamo cambiare qualcosa. Un prodotto che esce da noi a 350 euro e arriva in negozio a 1000, ha diciamo 70 euro di manualità vera. Se noi ne diamo 90, non pregiudica nulla dell’attività, ma abbiamo trovato il modo di riconoscere qualcosa di più a persone che sono la nostra fonte di vita e la nostra cultura. Così nasce la decisione di retribuire i dipendenti con il 20% in più rispetto al contratto».

Umanesimo
«No, non credo ci sia contraddizione tra parlare di morale ed etica nel lavoro e prodotti venduti a 1000 euro. Vorrei che mi dicessero che i nostri prodotti sono costosi, sì, ma non cari. Se sono costosi, si riconosce l’opera di chi li ha lavorati, se sono cari allora qualcuno ne ha approfittato. Vorrei che chi compra i nostri articoli sapesse che cerchiamo di fare un profitto sano, garbato, senza cercare di recar danni a nessuno. Sono convinto che stia nascendo una forma di capitalismo contemporaneo, che io chiamo umanistico, in cui le persone che lavorano con me sanno tutto di me, sanno come la penso e dove vado in vacanza, perché l’unico modo per essere credibili, oggi, è essere veri. Ripeto spesso che mi sento custode della mia azienda, con l’impegno di farla crescere e donarla a chi verrà dopo. È un principio che ho imparato da Marco Aurelio, “vivi come fosse l’ultimo giorno, progetta come se avessi davanti l’eternità”».

Politica
«Sono affascinato dalla politica, la rispetto, discuto, parlo di politica anche con i miei dipendenti, ma no, non mi candido a nulla. Ricorda Socrate? C’era un poeta capace, che voleva fare il politico e alla fine non riuscì a far bene il politico e neppure più il poeta... Ecco, io faccio solo l’industriale artigiano. Sono di formazione socialista, forse più correttamente direi socialdemocratica. Di recente ho visto una bella politica con l’esperienza delle primarie del Pd. Renzi? Ha restituito alla politica sogno e garbo, tranne che per quella espressione, “rottamare”, sarebbe servito un termine meno duro. Le dico però che avrei votato anche alle primarie del Pdl, se le avessero fatte».

Luca Ubaldeschi - La Stampa

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