giovedì 8 aprile 2010

Vecchio bar addio

di Stefano Bonilli  - Papero Giallo

Voglio parlare ancora della colazione del mattino perché secondo me sul tema ci sono grandi equivoci.
Sono appena rientrato da New York e praticamente mi sono curato poco dei ristoranti e invece molto della colazione del mattino perché per me è il più importante momento della giornata.
Là dove Broadway sbocca in Columbus Circle ho fatto colazione all' AQ Kafé, il nuovo locale aperto dagli svedesi di Aquavit.
All'ingresso c'è la panetteria e poi una grande sala di colore chiaro, diciamo è Svezia + Ikea, dove si mangia ai tavolini e a due grandi tavoli comuni.
C'è il Wi-Fi, sono gentili, la colazione è buona e i prezzi sono tranquilli vista la zona centralissima nella quale è l'AQ Kafé.
Ci andrei se il locale fosse a Roma?
Di corsa perché ho voglia di pulizia, cortesia, materie prime di qualità e magari un bel Wi-Fi che non mi sembra un bisogno così singolare nel 2010.
Questo porta a parlare delle mie colazioni al bar di Barnes & Noble gestito da Starbucks e al bar di Border's gestito da Dean & De Luca al primo piano del Time Warner di Columbus Circle.
Ogni mattina la mia sosta di un'oretta in questi bar newyorkesi dentro le enormi librerie mi rimandava col pensiero al bar della Feltrinelli di piazza Argentina a Roma o a quello della Feltrinelli di piazza Colonna: mediocri cornetti, cappuccino medio, panini tristi, pochi tavoli, Wi-Fi a pagamento.
Mi rimandava più in generale ai bar italiani delle grandi città sempre più mordi e fuggi, consumazioni in due o tre minuti, mentre io concepisco il bar come un luogo dove ci si può anche fermare per consumare, leggere e scrivere e avere il Wi-Fi.
E mentre nel resto del mondo gli altri si ristrutturano per creare bar accoglienti, con divani, musica e Wi-Fi, noi stiamo trasformando i bar in luoghi rumorosi dove si mangia di tutto a tutte le ore ma in piedi.
Chi si siede ai tavoli delle città d'arte, infatti, è certamente un turista e va spennato, così in Piazza Navona, così a Firenze e così a Venezia.
La cultura del bar sta sparendo proprio a casa nostra che questa cultura l'abbiamo inventata e il paradosso Starbucks - il modello della catena americana è frutto di uno studio del bar-tipo italiano - è un esempio della nostra capacità di sprecare le tradizioni.
E mentre McDonald's e Starbucks e altre catene cercano di creare un format sempre più accogliente, noi trasformiamo i bar del centro delle città in luoghi sempre meno accoglienti, che negano un bicchiere d'acqua al turista e negano il bagno se non si ordina qualcosa al banco.

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