domenica 19 gennaio 2014

In Israele la Silicon Valley del futuro

In Israele un polo hi-tech a 15 minuti da Tel Aviv è la capitale delle start-up.
Qui giovani imprenditori e creativi  attirano investimenti da Apple, 
Facebook e Google. “La Storia ci fa mettere in discussione e le incertezze 
del Medio Oriente ci obbligano a moltiplicare  le invenzioni di successo”

Gli interni affollati del Social Lab di Tel Aviv, incubatore delle start up


Chi vuole affacciarsi sulla Silicon Valley d’Israele può farlo dal numero 1 della Hasharon Street. Siamo a 15 minuti di auto da Tel Aviv, meno di un’ora da Gerusalemme o Haifa, praticamente nel centro delle tre maggiori regioni economico-industriali di Israele. 

 

È qui che sorge Air Port City, il «business park» vetrina dell’Information Technology che ha trasformato lo Stato ebraico nella nazione delle start-up attirando negli ultimi due anni almeno 14 miliardi di investimenti da parte dei giganti dell’economia digitale. È un complesso di edifici e padiglioni dove gli eventi si succedono a ritmi serrati, punto d’incontro fra innovatori e investitori. Il prossimo sarà a metà febbraio. CleanTech è l’unica fiera internazionale della tecnologia ecocompatibile e quest’anno vedrà oltre 600 aziende israeliane presentare i loro gioielli. Cartelli pubblicitari in loco e inserzioni online illustrano l’evento in giapponese, cinese, coreano e inglese preannunciando da dove è attesa la maggioranza degli imprenditori stranieri.  

 

Ad accompagnarci fra i padiglioni con l’allestimento quasi terminato è Denes Ban, ceo di OurCrowd Venture ovvero il talent scout delle start-up. Quest’anno Ban ha raccolto 31 milioni di dollari per offrire a 30 giovani imprenditori hi-tech la possibilità di affacciarsi sul mercato globale staccando assegni da 1 milione di dollari. OurCrowd è il fondo di investimento più attivo del Paese ed è anch’esso una star-up perché somma crowdfunding e venture capital. «Esaminiamo ogni start-up, su quello che ci convince investiamo con il crowdfunding offrendo ad ogni persona di partecipare - spiega Ban - e poi raccogliamo venture capital come gli altri fondi». 

 

In questa maniera miliardari e singoli cittadini, israeliani o non, possono diventare inconsapevolmente soci di una stessa azienda. È una dinamica che spiega il proliferare di giovani aziende ad alto tasso tecnologico nei settori più diversi, in un mercato nazionale che continua a espandersi a ritmi da capogiro. Moment.me, creata da Ronny Ekayam e Eilon Tirosh, misura in tempo reale sul web la popolarità di un evento di interesse: che si tratti del giuramento di Barack Obama, di una partita del Real Madrid o del proprio matrimonio, consente di sapere in quanti sulla Rete hanno seguito - o stanno seguendo - un evento, di persona o attraverso conversazioni sui social network. 

 

Lia Kislev è la creatrice di WiShi - «Wear it, Share it» - un hub digitale che tiene aggiornati su cosa c’è nell’armadio delle amiche o degli amici - per poter condividere i capi di abbigliamento, moltiplicando le possibilità di vestirsi e trasformando gli abiti in un collage di amicizie. Con Wix, Vered Avrahami offre la possibilità di creare un’azienda online e al momento la piattaforma conta 42 milioni di utenti registrati in tutto il mondo, gestiti con sedi a Tel Aviv, San Francisco, New York, Dnepropetrovsk e Vilnius.  

 

Matan Peled, ex comandante di ricognitori della Marina militare, con Winward permette di monitorare ciò che avviene sulla superficie degli Oceani scoprendo «ogni tipo di anomalie» che possono celare naufragi, barche di terroristi o concorrenza sleale mentre con SimilarWeb Boaz Sasson e Natalie Halimi paragonano i siti sulla base degli accessi dal Desktop, tracciando delle classifiche di popolarità che riservano sorprese. A dimostrarlo è il fatto che, senza calcolare accessi da cellulari e iPad, proprio SimilarWeb ha svelato in agosto che Google ha nella sola America più contatti di singoli utenti che Yahoo nel mondo intero: 9,4 miliardi contro 2,4 miliardi. Nessuna sorpresa se i giganti dell’economia digitale gareggiano nello shopping israeliano.  

 

Negli ultimi due anni Google, Apple, Intel, Ibm e Cisco hanno fatto acquisizioni pubbliche per 4 miliardi di dollari ma Zack Weisfeld, top manager di Microsoft in Israele, ritiene che «calcolando gli accordi non annunciati si arriva a 14 miliardi di dollari di acquisizioni dal 2012». Con gli ultimi 18 mesi in crescita: Facebook ha acquistato Onavo per 200 milioni di dollari, Apple ha fatto lo stesso con PrimeSense versando 345 milioni di dollari e Google ha sborsato ben 1 miliardo di dollari per avere Waze, l’applicazione che informa sul traffico nelle strade basandosi sul dialogo interattivo fra gli automobilisti. Sono queste le ultime notizie che arrivano dalla «Start Up Nation» descritta nel libro di Dan Senor e Saul Singer nel 2009 quando Israele già vantava il maggior numero di aziende straniere quotate sul Nasdaq.  

 

Sulla genesi di questo fenomeno Asaf Peled, ceo del colosso dell’informazione digitale FTBpro, osserva: «Sono le incertezze del Medio Oriente ad aver determinato la moltiplicazione di invenzioni di successo». Denes Ban riassume tale originale dinamica in tre fattori convergenti. Primo: «Israele è di per sè una start-up perché è stato creato dal nulla grazie agli immigrati e si trova dall’inizio in una situazione unica, con un mercato interno assai ridotto e intorno nazioni nemiche, ostili, trovandosi obbligato a interagire su scala globale». Secondo: «La formazione culturale ebraica perché il Talmud, studiato negli ultimi 4000 anni, insegna a mettere sempre tutto in dubbio, contestando lo status quo, così come il principio del “Tikun Olam”, la riparazione del mondo, spinge costantemente a operare correzioni». Terzo: «Il servizio militare nazionale perché l’esercito israeliano porta ragazzi di 23-24 anni a conoscere la tecnologia più avanzata esistente così come ad assumersi responsabilità insolite in situazioni di alto rischio» oltre al fatto che «i nostri soldati sono noti per contestare i superiori quando ritengono sbagliati gli ordini e ciò contribuisce a svilupparne il carattere di leader». 

 

Proprio a quest’ultima caratteristica fa riferimento Tal Slobodkin, manager di Cisco System in Israele, spiegando che dal 1998 Cisco ha acquistato 11 start-up israeliane e ha investito in altre 22 «trattandosi di aziende rilevanti nei settori di networking, gestione dei Big Data, sicurezza e video» attingendo alle conoscenze di numerosi ex ufficiali. Nulla da sorprendersi se Guy Pross è fra gli imprenditori più ricercati in Sud Corea: la sua start-up North 31° - la collocazione geografica di Israele - promuove l’uso dell’Information Technology a favore delle infrastrutture. «Che si tratti di trasporti, energia o acqua è lo scambio di tecnologia la strada da seguire - dice Pross -consentire alle start-up di andare oltre le applicazioni e migliorare le infrastrutture». Il termine che Pross adopera per descrivere questa nuova frontiera è «innovazioni mid-tech». Un esempio viene da TaKaDu, che ha sviluppato il software capace di raccogliere Big Data sugli acquedotti - grazie ad un sofisticato sistema di sensori - per intervenire ed eliminare le perdite di acqua potabile che ammontano, ogni anno, al 25 per cento del totale


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