domenica 29 novembre 2009

Quei pensieri del mattino

Mantenere la calma in tutte le avversità della vita significa per me quanto immensi e numerosi siano i mali e le avversità che si incontrano nella propria vita.
Progetti e preoccupazioni per il futuro, a volte un pò di nostalgia per il passato, rischiano di tenermi occupato in modo talmente continuo che molte volte ho la percezione che il presente perda la sua importanza e venga trascurato. E dire che sono consapevole del suo valore, è la sola certezza che ho perchè il futuro e anche il passato sono sempre diversi da come li ho pensati. Il presente è l'unico scenario da cui trarre felicità. Ciò che è vero adesso, non è sempre vero che lo sia domani. In questi momenti la mia mente torna a mio Padre e alla sua vita: a 14 anni perse un braccio per un bombardamento, a 59 - l'anno della pensione - un tumore se lo portò via. Avrà vissuto il presente ? O tutti i sacrifici, i problemi, le difficoltà di quegli anni lo avranno fatto sperare in momenti di tranquillità e felicità futura mai giunti...

Cerco di utilizzare per ogni pensiero un "cassetto" e, quando ne apro uno, chiudo gli altri. In questo modo tento di evitare che una preoccupazione più o meno grave distrugga un piccolo piacere del presente , privandomi della tranquillità necessaria.
Allo stesso modo cerco che il mio "inguaribile" ottimismo nella vita e negli altri, non diventi il primo motivo di infelicità. Guardo, di conseguenza, ciò che possiedo con gli stessi occhi con cui guarderei se mi fosse sottratto. Seppur poco possiedo, questo atteggiamento aiuta a percepirne il valore: penso se dovessi perderlo. Appena attivo questo modo di pensare, immediatamente mi sento più felice e allo stesso tempo mi serve per attivarmi e organizzare la mia vita per prevenire in tutti i modi che ciò avvenga.  La chiave di volta è la domanda  che dovremmo sempre farci: " se perdessi tutto questo ?" e non " se questo fosse mio ?" aumentando il senso di privazione e attivando una domanda inutile al nostro spirito. Ripensando ancora a mio padre, ma anche mia madre che non ha avuto maggiore fortuna, tengo sempre presente che i nove decimi della felicità sono dovuti al nostro stato di salute. Da essa dipende in primis la serenità d'animo. Sembrano luoghi comuni, ma tali non sono. Viviamo le cose della vita in funzione del nostro stato di salute che ha il potere dei renderci felici o infelici, indipendentemente dal contesto esterno. La salute e la serenità che l'accompagna è in grado di sostituire ogni cosa, ma nulla può prendere il suo posto. Rifletteteci con attenzione.
La follia più grande non è quindi sacrificarla per qualsiasi altro motivo ? Mi chiedo molte volte quando sono impegnato nel mio lavoro, nelle molteplici attività, se ne vale la pena, se non sto esagerando. Mens sana in corpore sano dicevano gli antichi. Forse vale la pena mirare meno al possesso di beni esteriori e mantenere un temperamento sereno, felice e di buonsenso, che poi sono gli elementi che danno felicità.
Ancora una volta: l'unica mia certezza è il dubbio.

Sopportare e rinunciare. Porsi delle mete, ma essere altresì consapevoli che non tutto è raggiungibile nella nostra vita, di ciò che desideriamo. Sforzarsi e lottare contro gli ostacoli - che siano materiali o spirituali - per raggiungere gli obiettivi prefissati, è il bisogno essenziale della natura umana, penso che sia il vero piacere, il più completo e che costituisca il pieno godimento dell'esistenza umana.

E' importante ciò che si è e non ciò che si rappresenta. Posso essere un manager, un imprenditore, un operaio, qualsiasi cosa, ma se sono un arido, una persona che sacrifica tutto di fronte al proprio tornaconto, alla fine vengo sempre rinviato a me stesso, a chi sono realmente. Non penso che queste persone siano felici, per me sono eternamente insoddisfatte, alla continua ricerca di un qualcosa che mai troveranno e sempre critiche su tutto. La personalità, quella interiore, vera, è la felicità più alta che si possa raggiungere. Aristotele ha detto: " La natura è solida non le ricchezze".

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