giovedì 21 febbraio 2008

Emergenza rifiuti lo smaltimento inizia dal negozio

Trovo negli articoli del Prof. Giampaolo Fabris sempre spunti interessanti di riflessione. Pur non conoscendolo personalmente trovo che sia una persona molto attenta alle mutazioni e ai cambiamenti della società odierna, un uomo che vive nella realtà delle cose quotidiane.

DI GIANPAOLO FABRIS


La ricorrente immagine dei cumuli di immondizia in Campania non è soltanto una eloquente metafora della cattiva gestione, anche a livello locale, del nostro Paese. Dell’incapacità di risolvere problemi che ogni società civile dovrebbe affrontare e risolvere come normale amministrazione. Denuncia anche l’inquietante cono d’ombra, solitamente sottaciuto, che il mondo della produzione riflette anche ben al di là dei confini dei mercati. Il policromo e seduttivo appeal dei packaging che propiziano i nostri acquisti ha infatti un costo sociale che non può più essere ignorato. Circa quattro quinti dei rifiuti in realtà è da accreditarsi alle confezioni dei prodotti che consumiamo. Un dato davvero enorme. Uno scotto considerato a lungo, erroneamente, come una sorta di inevitabile conseguenza del nostro modo di vivere e di consumare. Su cui invece può/deve essere esercitato uno stretto controllo sino a ridurre la quantità degli imballaggi a livelli assolutamente fisiologici. Diminuendo così in maniera massiccia il problema dello smaltimento dei rifiuti e l’ipertrofia delle discariche.Una operazione drastica che non deve necessariamente svolgersi all’insegna di interventi estemporanei, e un tantino demagogici, come quelli di questi giorni contro le bottiglie di acqua minerale accusate di produrre, per ogni singolo contenitore, un centinaio di grammi di gas serra e di aumentare a dismisura il cumulo dei rifiuti. Optare per l’acqua di rubinetto, che le indagini di Altroconsumo hanno promosso sotto il profilo organolettico, praticamente in tutta Italia, può risultare semmai opportuno per sbarazzarci di un non invidiabile primato. Il record mondiale nei consumi di acqua minerale con il conseguente, in questo caso ricercato, balzello giornaliero sul budget delle famiglie. Assai meno convincente come intervento isolato all’insegna dell’ecocompatibilità.Il problema del cumulo di immondizie, generato in larga misura dalle confezioni dei prodotti che ogni giorno acquistiamo, deve essere affrontato in modo radicale e sistemico. Un obiettivo da perseguire anzitutto riducendo la quantità dei materiali usati nei processi di confezionamento. Perché i packaging hanno perso da tempo la loro funzione ontologica di conservazione/trasporto dei prodotti per assolverne soprattutto altre: legate alla comunicazione e all’ incantamento del consumatore. Nel linguaggio del marketing, ad esempio, la cosiddetta "size impression" ( in pratica una sorta di truffa perpetrata ai danni di chi acquista enfatizzando surrettiziamente la reale capienza dell’imballo) è stata a lungo teorizzata inducendo a confezioni inutilmente over size. Una sorta di matrioska, o di effetto cipolla generato avvolgendo il contenuto con una molteplicità di materiali del tutto inutili. Che se rappresentano un vantaggio per le industrie del settore e i produttori di imballaggi costituiscono un costo reale per il consumatore e per la collettività. L’impiego di materiali riciclabili, tali da consentirne il riuso, dovrebbe affiancarsi come modalità da perseguire, al contenimento dei packaging. Un orientamento che può essere sviluppato soltanto se supportato da un efficiente servizio di raccolta differenziata: il che implica infrastrutture adesso carenti che la consentano e una parallela educazione del cittadino. Spesso, come testimoniano le ricerche, disincentivato da una pratica che costa fatica ma a cui, comunque, si sottometterebbe di buon grado, dalla non infrequente constatazione di un'unica convergenza dei contenuti di cassonetti che dovrebbero avere destinazioni completamente diverse. Interventi per la verità – quelli di una sensibilità all’impiego di materiali riciclabili – che l’industria nelle sue espressioni più evolute ha adottato da qualche tempo ma che costituiscono più un’opzione volontaristica che un vincolo effettivo. Un problema quello dei rifiuti che, anche prescindendo dalla tragica emergenza napoletana, rappresenta una esplicita denuncia nei confronti di un certo modo di produrre e di vendere. Un atto d’accusa che, nel nuovo clima di sensibilità nei confronti delle responsabilità sociali da parte delle imprese, non può più essere eluso.

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