sabato 23 febbraio 2008

Io laico credente, e il Campidoglio

di FRANCESCO RUTELLI da La Repubblica di venerdì 22 febbraio 2008


CARO DIRETTORE, oltre millenovecentocinquanta anni fa, un pescatore palestinese e un ebreo della Cilicia si trovarono a Roma. Oggi, Pietro di Betsaida e Paolo di Tarso sono i Patroni di Roma. Allora, nel cominciare il cammino di quella che sarebbe divenuta la Chiesa, furono perseguitati, incarcerati ed uccisi nella nostra città. Se dimentichiamo tutta la forza e la complessità della storia di Roma, non andiamo lontano. E Roma è andata lontano, nella sua Storia, e viene conosciuta - e amata - nelle più lontane contrade per l'unicità e l'universalità della sua vicenda. Universale, è un aggettivo che nella storia di Roma si impone almeno tre volte. Universale fu la Roma dei Romani. Universale è il significato letterale della parola cattolico. Universale è il nome stesso di Roma, tra le pochissime città al mondo che è essa stessa un messaggio, portatrice di valori, esperienze e un patrimonio che non hanno bisogno di aggettivi né precisazioni. Quando lo storico Theodor Mommsen, preoccupato su ciò che sarebbe accaduto dopo il 1870, disse la celebre frase "a Roma non si può stare senza propositi cosmopoliti", gli rispose Quintino Sella con una altrettanto celebre polemica sul primato della scienza. Tutto il cammino di Roma è stato incessantemente accompagnato dal dualismo fra la vicenda cristiana e l'affermazione dell'autonomia del potere civile. L'unica lettura inadatta di questi cammini, nell'anno 2008, sarebbe di non saperne leggere l'intreccio. Il mio ufficio di Ministro della Cultura è stato, per venti mesi, dentro il Collegio Romano; non solo seminario dei Gesuiti e sede della loro azione potente nell'età della Controriforma: anche luogo fisico dove Galileo Galilei fu dapprima esaltato come eminente scienziato e poi interrogato e avversato. La stanza del Sindaco di Roma che affaccia sul Foro, contraltare civile dal massimo valore simbolico, si trova all'interno della torre costruita da Papa Nicolò V in occasione del Giubileo del 1450.
Il primo Museo pubblico del mondo, i Musei Capitolini, nasce come lascito alla città - Lupa capitolina inclusa - di Papa Sisto IV. All'ingresso del Palazzo Senatorio in Campidoglio, i visitatori sono accolti dalla "Sala del Carroccio": essa riflette la sbalorditiva vicenda di Federico II, imperatore orgogliosamente laico che tentò di ingraziarsi - e ammonire - i romani portando in dono i resti del Carroccio dei Comuni lombardi (si, proprio quello delle attuali rivendicazioni di Bossi) sconfitti nella battaglia di Cortenuova; ma per tutta risposta le fazioni lo distrussero. Ancora: la stanzetta del Transito di Caterina da Siena, (dietro il Pantheon), donna che fustigò potenti ed ecclesiastici del tempo con lettere tra le più alte a difesa della politica come servizio anziché dominio. O la scena di Jacopa dè Settesoli che porta a San Francesco morente alla Porziuncola, come estremo segno di allegria romanesca, i suoi dolcini adorati: i mostaccioli. Nel Rinascimento, come si può dimenticare l'umiliazione inflitta a Michelangelo, autore nella Cappella Sistina del ciclo pittorico forse più potente del mondo, su cui Daniele da Volterra (da allora e per sempre "il Braghettone") fu chiamato a dipingere il nascondimento dei genitali in primo piano. Ma si può non ricordare agli appassionati di musica che affollano l'Auditorium che la più importante istituzione musicale romana - e tra le più prestigiose a livello internazionale - prende il nome da Santa Cecilia, martire romana del II Secolo? E, se è oggetto di secolari discussioni il perché Cecilia sia la Patrona della musica, non si può discutere che la Basilica in Trastevere a lei dedicata sia uno dei luoghi più affascinanti (anche se meno conosciuti) della città. Rettore di Santa Cecilia è oggi un monsignore mite e tenace: Guerino di Tora, il direttore della Caritas di Roma. Ecco: la vicenda cristiana di Roma non è fatta solo dei discorsi del Papa dalla finestra di San Pietro (una delle pochissime situazioni in cui il mondo ascolta la lingua italiana; oltre che nella pronuncia storpiata delle parole prestigiose del made in Italy, e nel risuonare del Bel Canto, della lirica, dal Giappone agli Stati Uniti). E' fatta di esperienze e testimonianze di servizio silenzioso. In certe piccole stanzucce sulla via Casilina è venuta per anni occupandosi dei più disgraziati della città Agnes Gonxha Bojaxhiu, ovvero Madre Teresa di Calcutta. E da piccole stanze di Trastevere ha preso le mosse, sotto le insegne di un piccolo e quasi sconosciuto Santo - Egidio - una Comunità che oggi opera, è rispettata ed accolta in ogni parte del mondo. E solo l'azione che essa svolge in Africa per combattere l'Aids merita il plauso generale. Voglio forse dire con questo che la vicenda bimillenaria della Chiesa di Roma è un susseguirsi di tolleranza, bontà e illustrazioni della fede in Cristo? Non dimentico, per restare entro le mura di Roma, la chiusura degli ebrei nel Ghetto; né le prove di indubbia storica intolleranza che hanno provocato sofferenze e dolore. Valgono le parole che Paolo VI pronunciò nel corso della visita al Campidoglio del 1966: "conserviamo [della sovranità temporale] il ricordo storico; ma oggi non abbiamo per essa nessun rimpianto, né alcuna nostalgia." E quelle di Giovanni Paolo II, che parlando nell'Aula di Giulio Cesare nel 1998 disse "qui si ritrovano la Roma civile e la Roma cristiana, non contrapposte, non alternative, ma unite insieme, nel rispetto delle differenti competenze, della passione per questa città e del desiderio di renderne esemplare il volto per il mondo intero". Il più coraggioso riformatore tra i Sindaci di Roma del XX secolo è stato Ernesto Nathan, massone, ebreo, anticlericale: sono pronto a sostenere appassionatamente questa mia convinzione. Il che non vuol dire proporre i concetti, né le contrapposizioni dei blocchi di cent'anni fa. Non posso sottrarmi ora a considerazioni di tipo personale. Ci sono state polemiche pubbliche sulle mie convinzioni religiose. Seppure non ostentate, sono visibili, e certo non le nascondo. Dunque: ho avuto una forte formazione cristiana, anche grazie all'evidenza e sincerità della fede di mia madre Sandra, la cui lunga, dolente malattia e la cui morte hanno accelerato in me prima dei vent'anni un aspro distacco dalla religione. La militanza con i radicali è stata la sede per tradurre ed esplicitare l'asprezza di questo distacco. Ma, francamente, dubito si debba deprezzare quell'esperienza, tante lotte per i diritti umani, i diritti civili, contro la fame nel mondo. E una formazione per il servizio pubblico che porto con me. Anche se il Partito radicale in cui militavo è stato sciolto vent'anni fa, alcuni pensano che la militanza di allora debba costituire una sicura garanzia di ostracismo a vita verso la fede cristiana. O, piuttosto, che la scelta di battezzare i nostri figli (a partire dal 1983) abbia anticipato, e poi il mio silenzioso matrimonio cattolico (nel 1995) abbia significato una strumentale ricerca di benevolenza della Chiesa verso il mio impegno politico. Una cosa idiota. Intanto, solo dei gran superficiali possono immaginare la Chiesa come una caricatura alla maniera dei defilé cardinalizi dei film di Fellini: lì c'è invece una enorme complessità di posizioni, culture e relazioni col mondo pubblico. In realtà, la tesi polemica associata a questo modo di considerarmi è stata: Rutelli è nel centrosinistra, ma trama per costruire un centrismo con Tizio e Caio. Tesi smentita dalla costanza della mia posizione politica di centrosinistra, sino alla Margherita, che ho fondato, sino alla nascita del Partito Democratico. Le mie idee politiche non sono confessionali, ma laiche. Non sono eterodirette ma, spero, responsabili. Dunque, da candidato Sindaco di Roma, intendo riaffermare questi concetti. Roma è intreccio vitale della laicità dei credenti cristiani, degli ebrei e dei credenti in altre religioni, come dei non credenti. E' luogo, come polis, di dialogo, confronto e scontro anche delle posizioni di intolleranza anticattolica come di quelle di intransigenza clericale. Compito del Sindaco - che sia credente, come io sono, oppure non lo sia - e compito dell'amministrazione civica è di assicurare il laico, libero esercizio delle convinzioni di ciascuno, di promuovere la convivenza civile, di tutelare i valori storici dell'Urbe. Se sarò eletto, questo cercherò di fare, nel voler rappresentare tutti i miei concittadini, nel proseguire il cammino delle nostre amministrazioni (e specialmente di quella di Walter Veltroni), nel costruire una Roma moderna e umana, con una sua missione civile nel mondo del XXI secolo. (22 febbraio 2008)

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