sabato 9 febbraio 2008

Fermarsi a riflettere

Ci sono momenti, situazioni, che mi portano a riflettere sulla mia vita. Per un attimo mi fermo e mi volto a guardare ciò che è stato.
Solitamente mi capita in momenti di grande felicità o soddisfazione per qualcosa che si è realizzato oppure, come in questo caso, quando vivo una delusione, anche di lieve entità forse, ma per me importante.
Arrotolo il nastro della mia memoria e rivedo il mio passato: da dove vengo, cosa ho fatto, dove sono diretto…
Ripenso alle mie esperienze e frequentazioni negli anni, da ragazzo, nello sport, nel lavoro, nelle associazioni e club frequentati e cerco di fare un bilancio di ciò che sono ora. Se sono qualcosa.

Provengo da genitori che, figli loro stessi di lavoratori della terra sotto padrone, non avevano nulla e quasi nulla mi hanno lasciato. Mio padre dipendente comunale, mia madre smise praticamente l’attività di parrucchiera alla mia nascita, moltissimi sacrifici per comprarsi una casa e garantire a me e mio fratello una più che onorevole vita fino all’età di lavoro. E penso che tutto ciò che ho ottenuto finora non me lo ha regalato nessuno, solo la mia volontà, la mia caparbietà per riuscire nella vita a fare qualcosa di più. Non ho avuto lasciti né facilitazioni di carriera.
Tutto conquistato in quella grande battaglia che è la vita.
E ho anche pagato e in parte sto ancora pagando, per errori e a volte per troppa fiducia, ma come dice l’antico detto “le ferite forgiano la forma”.
C’è stato un momento, alcuni anni fa, che il dolore interiore per ciò che stavo provando era così forte che ho pensato che non valesse poi così tanto vivere. Quando vieni tradito nella fiducia che hai riposto in qualcuno, quando cercano di toglierti la dignità, diventi vulnerabile, tutto ti sembra assurdo e pensi che non ne verrai fuori e ad un certo punto comincia a nascere in te il desiderio di mollare. Fuggire il prima possibile e lasciare che gli altri facciano rovine di ciò che hai rappresentato, oppure scomparire, semplicemente andartene senza spiegazioni, non costituire più un problema per nessuno. Chiudere il libro della tua vita. Per sempre.

Poi, per fortuna, lavorando sulla mia anima, sulla mia interiorità, è venuto fuori il mio carattere, l’abitudine a non mollare, mai, rimanere sul posto a resistere, contro tutto e tutti. Aspettando che il tempo e le situazioni mutassero. Come poi è stato. E’ servito penso oggi, perché mi sono “corazzato” maggiormente e vivo le situazioni diversamente. Ho capito che la felicità è un atteggiamento soprattutto mentale e fatta mia una considerazione che pare ovvia, ma ritengo che non lo sia per la maggior parte delle persone che hanno una cultura “occidentale”: il dolore è un fatto intrinseco della vita. Bisogna accettarlo come si accetta la felicità. Il dolore ci tempra e ci rafforza, rendendo più profonda la nostra esperienza di vita.
E ho rafforzato in me alcuni atteggiamenti che già stavo coltivando: la pazienza e la tolleranza. Questi sono per me segni di forza, una forza che proviene dalla saldezza interiore frutto di una mente forte e autodisciplinata. A queste ho aggiunto la riflessione. In certi momenti, come dicevo poc’anzi è utile fermarsi un attimo e riflettere, ricordare a noi stessi il nostro scopo, il nostro obiettivo generale. La riflessione mi permette di reinquadrare la vita e i miei obiettivi, assumere nuove prospettive e capire quale direzione devo prendere.

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