venerdì 11 luglio 2008

La battaglia del tedesco negli asili di Bolzano

Querelle sulle materne "non italiane", per le quali la Svp chiede il test d'ammissione"E' l'unico luogo dove possiamo salvaguardare uno dei pilastri della nostra identità"
Si potrebbe mettere un cartello. "Per ottenere il posto è richiesta la conoscenza della lingua tedesca". Poche domande e non certo difficili. "Come ti chiami? Dove abiti? Ti piace il gelato?". Il candidato deve rispondere nella lingua di Goethe, altrimenti non supera l'esame di ammissione: non per entrare in una facoltà universitaria a numero chiuso, ma per avere un posto in classe e un lettino per il sonnellino del dopo pranzo alla scuola materna. Succede in Alto Adige e l'"esame di ammissione" per il piccolo italiano che vuole frequentare l'asilo tedesco sta spaccando Bolzano e dintorni. Da una parte la Sudtiroler Volkspartei che vuole "garantire la sopravvivenza culturale ed etnica della minoranza tedesca" e chiede (assieme ad Alleanza nazionale) gli elenchi dei bambini iscritti per capire quanti siano gli "italiani". Dall'altra il Pd ed i Verdi che per questo esame di lingue e per il rifiuto di aprire "scuole miste" minacciano di rompere giunte e alleanze. "Non accettiamo - dice Christian Tommasini, segretario del partito democratico - i diktat dell'Svp. Noi vogliamo sezioni con una maestra italiana e una tedesca, altrimenti salterà l'accordo di coalizione per le prossime elezioni d'autunno". Il verde Riccardo Dello Sbarba, presidente del potente Consiglio provinciale, dice che i test linguistici sono illegali. "Si vogliono schedare i bambini per costruire un catasto etnico già alla scuola materna". Si chiama Oswald Ellecosta, capogruppo dell'Svp in Consiglio comunale, l'uomo che vuol fare l'esame di ammissione all'asilo. Mette subito le mani avanti. "Guardi, si tratta di un esamino. "Come stai? Ti piace giocare con la palla?" Tutto qui. Il problema è serio. La scuola, per noi che nel 1919 e nel 1946 siamo stati strappati all'Austria, è l'unico luogo in cui possiamo salvaguardare uno dei pilastri della nostra etnia: la lingua. E questa si impara all'asilo infantile, non nella casa di riposo. Se a scuola arrivano bambini che non sanno una parola di tedesco, cosa succede? Il bambino italiano si isola, la maestra deve seguirlo più degli altri e non riesce a seguire bene i bambini tedeschi che sono nella loro scuola e hanno il diritto di imparare bene la lingua che già parlano nella loro famiglia. Da tre o quattro anni le richieste di genitori italiani per le nostre scuole sono aumentate e allora è nato un problema: per la prima volta i tedeschi non hanno trovato posto nelle loro scuole. C'è stata tanta polemica perché abbiamo chiesto gli elenchi dei cognomi. Lo sappiamo bene anche noi che i signori Rossi o Hollzmann possono essere italiani o tedeschi e che dai cognomi non si capisce molto. Ma noi tedeschi ci conosciamo bene, le nostre famiglie sono qui da secoli. E parlando fra noi, senza dovere leggere gli elenchi ufficiali, abbiamo capito che in tante sezioni tedesche i nostri bambini sono appena la metà degli iscritti. Nessun problema per i bambini di famiglia mista che parlano le due lingue. Ma non si può iscrivere alla scuola tedesca un bimbo che non sa una parola di tedesco: danneggia se stesso e gli altri". Da qui l'idea dell'"esamino". "Guardi, è previsto dal Dpr 301 del 1988 in attuazione dello statuto dell'autonomia. Si dice che se il bambino, dopo 20 giorni di scuola, non è in grado di capire e di farsi capire, deve tornare alla scuola della propria etnia. Contro la decisione della scuola si può ricorrere al Tar. Io sarei per cambiare la norma. Non si può allontanare il bambino dopo 20 giorni, quando magari si è fatto qualche amico, sarebbe crudele. Si faccia l'esame subito e si parli con i genitori. Si dica: guardi che questa non è la scuola adatta per il vostro bambino. Se capiscono, bene. Se non capiscono, facciano pure ricorso al Tar. Così non si può andare avanti. Nella scuola ci sono le radici della nostra identità e della nostra cultura". Il verde Riccardo Dello Sbarba è furioso. "Il decreto del 1988 dice che solo la maestra può proporre ai genitori il ritiro del figlio e questi possono accettare o no. Non si parla certo di test linguistici obbligatori per tutti e tanto meno di schedature etniche. Gli italiani e anche i tedeschi iscrivono i bambini nelle scuole non di madrelingua soprattutto perché possano socializzare, trovare nuovi amici e imparare a non dividere il mondo fra italiani e tedeschi. Contro la richiesta degli elenchi dei nomi ho fatto ricorso al garante della protezione dei dati personali. Come si può imporre l'"appartenenza" già all'asilo? Il censimento etnico si fa a 18 anni, non prima. E' allora che scegli di essere italiano, tedesco o ladino e questo fa parte del gran gioco che serve a dividere le risorse fra i diversi gruppi etnici. Se cominci a fare censimenti già alla scuola materna, compi un'azione illegale e anche immorale: i bambini si sentono in un asilo "straniero", si sentono osservati speciali". Le scuole tedesche fino a tre o quattro anni fa erano praticamente chiuse per i figli degli immigrati extracomunitari. "Poi il presidente della Provincia Luis Durnwalder - ricorda Dello Sbarba - ha cominciato ad aprire le porte perché ha capito che il cinese o il peruviano, a 18 anni, dovranno scegliere l'appartenenza e se esclusi dalla scuola tedesca si dichiareranno italiano o ladino, alzando le quote di questi gruppi". Le quote sono importanti, a Bolzano, soprattutto nell'assegnazioni dei posti di lavoro pubblici, che qui sono ricercatissimi. Un laureato appena assunto in Provincia guadagna 2200 euro, a fine carriera può arrivare a 5000 o 6000. Un insegnante guadagna il doppio di un altro collega italiano. Sono diverse, la scuola primaria italiana e quella tedesca. Nella prima ci sono 6 ore di lezione di tedesco alla settimana, in quella tedesca solo dal 2003 si fa un'ora di italiano. "Eva Klotz, dell'Union fur Sudtirol - dice Luisa Gnecchi, assessore Pd in Provincia - ha presentato ricorso anche contro questa ora solitaria ma la Corte costituzionale le ha dato torto. Il Comune dice che ci sono pochi posti per i bambini tedeschi? Costruisca altre scuole, i mezzi non mancano. Noi, come Provincia, siamo per una forte presenza di insegnanti tedeschi anche nella scuola italiana. Ma ci sono parole proibite come scuola bilingue, sezioni miste, mescolanza.... Si fanno ma non bisogna dirlo. Il presidente Durnwalder ogni giorno annuncia la sua ferma opposizione. Il motivo? Quando ci sono le elezioni in vista, la Svp da una parte e An dall'altra chiamano a raccolta il loro elettorato. Radici etniche e lingua sono i temi caldi in grado di richiamare i voti alla casa madre". Anche chiedendo "Wie heisst du? (come ti chiami?)" a un candidato alla scuola materna...
di JENNER MERLETTI pubblicato su Repubblica
il 3 giugno 2008

Nessun commento: