domenica 27 luglio 2008

La Cultura è un valore "made in Italy"


Una seria politica culturale è quella che sa guardare, capire e riflettere oltre le ideologie di parte che non hanno più senso nel XXI secolo. Il nostro compito è custodire quanto ci è stato tramandato dal passato, lasciando al futuro i segni del nostro passaggio. Il nostro Paese così ricco di storia, di cultura e di arte non si può limitare a vivere basando tutto sugli antichi splendori, beandosi del proprio passato traendo solo, nell'immediato, un lucro economico perché finisce per tarpare le ali alle nuove creatività, immiserendo altresì il passato senza costruire il futuro.
La Cultura serve anche a difendere la nostra identità. In particolare oggi abbiamo di fronte una sfida più grande di sempre perché ci stiamo ponendo il problema di come dobbiamo definire una identità, una cittadinanza, nel secolo della globalizzazione dei diritti dell'economia e della comunicazione. In una società che diventa sempre più multietnica sarebbe un errore storico dimenticare, o peggio, ripudiare le nostre radici, come è altrettanto miope considerarci una fortezza inespugnabile e impenetrabile.
L'Italia può ancora giocare un ruolo importante in questa nuova Europa che stiamo creando a patto che sia disposta a scommettere sulla Cultura in tutti i suoi vari aspetti.
Occorre rivolgersi al nostro "particulare", a quel "quid" che ci differenzia da tutte le altre nazioni e ci pone in qualche modo ai vertici di una immaginaria classifica del patrimonio artistico. Dovremmo sentirci tutti orgogliosi di questo primato che vanta l'Italia, un Paese che per un paio di millenni è stato considerato la culla della civiltà. Dall'invenzione del diritto da parte dei romani, alla rinascita della civiltà moderna dopo il periodo barbarico, ad opera dei monaci, in primis i benedettini. Se esiste oggi un'idea di Europa dobbiamo in un certo senso ringraziare San Benedetto e la su Regola.
L'Umanesimo e il Rinascimento sono una questione soprattutto italiana che ha propagato i suoi effetti nel mondo per centinaia di anni. Abbiamo avuto i più grandi artisti, pittori, poeti, architetti, musicisti, miniatori e scultorii, senza dimenticare la cucina anch'essa riconosciuta nel mondo e fondamentale nel trasmettere Cultura, Tradizioni e Civiltà.
Anche se siamo stati percorsi dalla dominazione straniera, la nostra Cultura è stata vincente e la nostra lingua la più usata nelle arti e nei mestieri. Non dimentichiamo inoltre come in epoca comunale le nostre città hanno primeggiato nel mondo per bellezza e ricchezza, insegnando la scienza, l'economia e il commercio al mondo. Le nostre repubbliche marinare furono portatrici di benessere, nuovi prodotti, modelli di governo, commercio e difesa dei valori cristiani.
Dobbiamo ripartire sa qui. L'orgoglio del nostro passato, memoria delle nostre tradizioni, patriottismo e tanto sano ottimismo.
L'Italia non può competere nello scenario globale con Cina e India, come fanno ad esempio gli Stati Uniti e la Germania, noi non abbiamo le stesse opportunità. Occorre convincerci che per rilanciare il Paese occorre garantire la conservazione del nostro paesaggio, del nostro territorio e quella supremazia di beni culturali che il mondo ci riconosce. E' necessario fare sistema sui territori in modo da coinvolgere tutta la filiera legata alla Cultura geo-gastronomica e del patrimonio dei nostri beni.
Creatività e bellezza sono parole che devono diventare il "sistema" di riferimento per fare, per agire, per dare nuovo impulso alla nostra economia. Abbiamo il dovere morale di conservare il nostro "genius loci", lo spirito della tradizione che si incarna nel nostro popolo, nel nostro Paese.
L'Italia può diventare un museo a cielo aperto, fruibile, curato, tutelato, difeso e visitabile dal maggior numero di persone possibili. Il turismo deve essere considerato un "asset" strategico e fondamentale per la nostra economia. Contemporaneamente bisogna lavorare per elevare anche la qualità stessa dell'offerta turistica, trasformandola e rivolgendosi ai target di clientela che cerca il bello ed è disposto a pagarlo. Il tradizionale secolare e tanto famoso "bien vivre" italiano dovrebbe diventare un "brand" nelle sue massime forme di espressione: l'enogastronomia, la cultura, l'arte e il territorio. Tutte cose in grado di generare emozioni intense e durature. Rivedere quindi l'offerta significa anche indirizzarla e orientarla all'unicità del luogo, del prodotto, dell'esperienza, insegnando contemporaneamente agli stranieri (ma non solo) ad assaporarlo lentamente, con consapevolezza. In antitesi assoluta alla tentazione del turismo "fast", straccione, fatto di persone che nulla lasciano alla nostra economia nei nostri territori.
La nostra offerta deve essere in grado di proporre non solo il luogo, ma anche il modo, la civiltà che lo ha costruito e che ce lo ha lasciato, il modello di vita da cui si è generato. C'è un mercato enorme là fuori: milioni di nuovi ricchi da educare al "vivere bene con il bello".

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