venerdì 20 marzo 2009

Dall’America di Madoff all’Italia dei furti autorizzati

DI ALBERTO STATERA
Quando giovedì scorso l'avvocato Ira Sorkin ha chiesto alla Corte distrettuale di Manhattan di confermare a Bernard Madoff, il finanziere che col sistema Ponzi ha frodato 50 miliardi di dollari, gli arresti domiciliari nel suo attico da 7 milioni di dollari, nell'aula si sono levate sonore risate dal pubblico dei risparmiatori truffati. Seguite da scroscianti applausi quando il giudice Denny Chin ha annunciato la decisione di spedirlo in cella nel Metropolitan Correctional Center.A una scena del genere state certi che in Italia non assisteremo mai, come ben sanno, ad esempio, i sottoscrittori dei bond Parmalat. Il loro Bernard, che si chiama Callisto Tanzi, dopo due mesi di carcerazione preventiva, risiede tranquillamente in villa e, dati i tempi della giustizia italiana, ha ottime probabilità, anche a causa dell'età che non è valsa per Madoff, di cavarsela così, definitivamente, in un processo che non arriverà mai a sentenza, visto che la legge Cirielli ha fissato in sette anni e mezzo i termini della prescrizione. Da noi, del resto, uno come Madoff non avrebbe potuto neanche essere arrestato perché la pena massima per appropriazione indebita e truffa è di tre anni ed è una pena che non prevede l'arresto.Per i delinquenti dal colletto bianco l'Italia è così diventata un paradiso in terra, perché il rischio di finire anche per poco tempo in una cella di cinque metri per cinque con assassini e stupratori, come è capitato a Madoff che ci resterà a lungo, è praticamente inesistente. Effetti di un sistema giudiziario che è una via di mezzo tra una comica finale e un incubo, come ha scritto la scorsa settimana l'"Economist" in un articolo intitolato: "Silvio, the actress and the law"."Intrusivo ma lento, costoso e imprevedibile", il funzionamento della giustizia è una delle ragioni per cui l'Italia attira una quota di investimenti così bassa dall'estero, secondo l'"Economist". Gli investitori sono protetti meno da noi che in Mozambico e il rispetto dei contratti è meno garantito che in Colombia, come rivela una classifica stilata dalla Banca Mondiale.Dalla finanza agli appalti in ogni settore, tutte le scorrerie valgono insomma da noi la candela rispetto al rischio di finire in galera. Lo ha scolpito inconsapevolmente ma magistralmente Roberto Petrassi, un imprenditore di appalti pubblici di costruzione coinvolto in varie inchieste, che in una telefonata intercettata dalla procura di Potenza enuncia l'epitaffio della giustizia italiana: "O ti chiami ladro o ti chiami poveraccio, sono due le cose. Noi abbiamo una forma di rubare che è autorizzata sotto certi casi e quegli altri invece sono ladri perché rubano le mele al mercato e vanno in galera".Qualcuno dica all'"Economist" e alla Banca Mondiale che da noi vige il "furto autorizzato", non previsto dai codici in Mozambico e in Colombia.

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