martedì 15 giugno 2010

Economisti egoisti

Riprendo questo interessante articolo di Luigi Zingales sull'Etica, aggiungendo che le considerazioni esposte sarebbero da applicare a tutte le professioni e alle nuove generazioni, se speriamo in un Paese migliore in futuro. 

Ad Harvard esistono corsi di etica. Ma è necessario che sia un bene condiviso da tutti.

Molte scienze sociali nacquero separandosi dall'etica. La scienza politica fu creata da Machiavelli che distinse l'analisi politica da quella morale. Allo stesso modo Adam Smith, filosofo morale, fondò la scienza economia. Ma se l'analisi economica, come analisi del comportamento degli agenti economici, deve essere amorale (ovvero non influenzata da considerazioni morali), la pratica e l'insegnamento dell'economia non debbono esserlo, come non lo debbono essere la pratica e l'insegnamento di qualsiasi altra scienza. L'analisi di come funziona una cellula umana e di come possa essere modificata non deve essere influenzata da considerazioni morali, ma la decisione se modificare tale cellula non può non essere influenzata da considerazioni morali.

Purtroppo noi economisti siamo i primi responsabili di questa confusione tra aspetto positivo della scienza (lo studio di come si comportano gli agenti economici) e l'analisi normativa (su come dovrebbero comportarsi). Ci difendiamo dietro il pretesto che la nostra è solo un'analisi positiva, dimenticandoci (o fingendo di dimenticarci) che il modo in cui presentiamo questa analisi trasmette in maniera sottile dei giudizi di valore e quindi si trasforma spesso in analisi normativa. La scienza economica, per esempio, assume che gli individui massimizzino la propria utilità individuale. Da un punto di vista metodologico questa ipotesi si è dimostrata utile per produrre modelli che hanno validità predittiva. Ma in nessun modo questa ipotesi deve essere considerata una norma di comportamento da seguire. Non a caso quando una persona massimizza solo la propria utilità personale viene considerata egoista e subisce la condanna morale di colleghi ed amici. Non è quindi un comportamento che vogliamo insegnare ai nostri figli ed allievi. Ciononostante degli studi sperimentali fatti all'Università di Cornell dimostrano che non solo gli economisti tendono ad essere egoisti, ma diventano maggiormente egoisti dopo aver seguito i corsi di economia. Forse anche per questo motivo l'idea che l'etica debba essere parte dell'insegnamento nelle business school sta sempre più prendendo piede. Alla Harvard Business School non solo esistono dei corsi di etica, ma gli studenti sono anche invitati a prestare un giuramento, che vorrebbe essere quello che il giuramento di Ippocrate è per i medici. Il testo del giuramento del buon manager, però, afferma tutti valori assoluti, non riconoscendo gli inevitabili trade-off presenti nelle decisioni. I neo manager promettono di salvaguardare l'interesse degli "azionisti, lavoratori, clienti, e la comunità in cui lavorano". Significa forse che i neo manager si impegnano a non aumentare mai i prezzi dei propri prodotti e non licenziare mai dei dipendenti?

Invece che dei corsi dedicati all'etica sarebbe necessario introdurre delle norme etiche nei normali corsi di business. Innanzitutto agli studenti dovrebbe essere insegnata quella che molto pomposamente si chiama "business ethic", ma che altro non è che una visione di lungo periodo. Come il pescatore sa che non può prosperare a lungo vendendo pesce avariato, così tutti gli operatori di mercato intelligenti sanno che nulla vale di più della propria reputazione. Comportamenti opportunistici possono produrre profitti di breve periodo, ma non pagano nel lungo periodo. Si tratta di banalità, che però vengono spesso dimenticate anche dalle migliori aziende: basta leggere le e-mail di Fabrice Tourre, dipendente di Goldman Sachs, che si vantava con la fidanzata di vendere bidoni ai clienti.

La business ethic non basta. Bisogna insegnare agli studenti anche il senso civico. Precipitarsi all'uscita di un cinema in fiamme, scavalcando tutti, è una scelta "razionale" dal punto di vista individuale, ma dannosa dal punto di vista sociale: nella ressa meno persone riescono a salvarsi. La visione di lungo periodo qui non basta. Primo, se muoio il lungo periodo non esiste. Secondo, è un evento sufficientemente raro che la probabilità che mi ritrovi nella stessa situazione con le stesse persone è pressoché nulla. Per sostenere queste norme che migliorano il vivere civile è necessaria una sanzione sociale. L'esploratore Nobile che si salvò prima del suo equipaggio fu tormentato per tutta la vita dalla reputazione del codardo. Questa sanzione, però, esiste solo nella misura in cui questo valore è condiviso dalla maggioranza della popolazione. Di qui la necessità di farne un valore insegnato a scuola. Nella speranza che poi rimanga per il resto della vita.

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